Skip to main content

Il fuoco è cessato, ma sotto la cenere… Libia fra proteste interne e manovre esterne

Cosa succede in Libia? La notizia del cessate il fuoco sembrava aver determinato uno scenario di pace pur tenendo conto della esclusione del generale Haftar. Sul piano internazionale la situazione appare in effetti molto rasserenata e si registra una larga convergenza fra i grandi attori in campo, Stati Uniti, Russia, Paesi del Golfo, Turchia ed Europa. Sul terreno, nella vita quotidiana, la realtà appare diversa ed ancora assai complicata. Povertà, diffusione del Covid e corruzione sono i fenomeni che stanno piegando il paese nord africano. È così che la piazza Tripoli registra scontri, non più fra milizie contrapposte bensì con la stessa popolazione, o almeno una parte, che ha scelto di scendere in piazza per esprimere il proprio disagio.

Spari in aria e colpi di artiglieria sono stati esplosi da militari libici per disperdere le proteste delle scorse ore a Tripoli, la capitale della Libia, contro il Governo di accordo nazionale (Gna) del premier Fayez al Sarraj. Il bilancio non sarebbe troppo cruento. Al momento, anche secondo la ricostruzione dell’agenzia stampa Nova, una persona sarebbe rimasta ferita in modo lieve. Più in generale, sono state registrate diverse manifestazioni contro la mancanza di servizi, la corruzione e il ritardo nel pagamento degli stipendi si sono svolte in diverse zone sotto il controllo del Gna. La capitale Tripoli, la “città-Stato” di Misurata e le località costiere di Zawiya e Sabratha sono tutte state teatro di dimostrazioni per denunciare frequenti blackout elettrici, disservizi nella fornitura di acqua corrente, il mancato pagamento degli stipendi arretrati e la presunta corruzione all’interno dell’organo esecutivo libico riconosciuto dalle Nazioni Unite. I residenti in diverse regioni della Libia occidentale soffrono anche di carenza di carburante e crisi di liquidità in contanti.

I dimostranti hanno condannato anche l’annuncio sul cessate il fuoco proclamato dal capo del Consiglio presidenziali venerdì scorso, 21 agosto, parlando di tradimento. Nella città di Misurata, i manifestanti hanno mostrato striscioni con la scritta “Febbraio (il mese della rivoluzione anti-Gheddafi) non rimarrà in silenzio, ladri” e “Niente acqua”, chiedendo giustizia contro “i corrotti nel governo Sarraj”. La città di Al Zawiya è, racconta ancora l’agenzia Nova, testimone di proteste da tre giorni a causa del deterioramento delle condizioni di vita. Qui i manifestanti hanno scandito anche contro il ministro dell’Interno, Fathi Bashagha. Le proteste si sono estese per gli stessi motivi alla vicina città di Sabratha, dove gruppi di manifestanti sono scesi in piazza per mostrare solidarietà ai giovani di Zawiya, denunciando essere stati colpiti da colpi d’arma da fuoco sparati dalle milizie.

Intanto, a conferma del cambio di rotta francese, il ministro degli Esteri di Macron, Jean-Yves Le Drian, fa sapere di avere discusso con il ministro degli Esteri dell’Egitto, Sameh Shoukry della soluzione politica in Libia a seguito degli annunci sul cessate il fuoco da parte del capo del Consiglio presidenziale di Tripoli, Fayez al Sarraj, e del presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aguila Saleh. Secondo una dichiarazione del dicastero degli Affari esteri egiziano, i due ministri hanno parlato di diversi dossier regionali, in particolare della Libia, accogliendo con favore le dichiarazioni in favore di un cessate il fuoco e dell’arresto delle operazioni militari in tutti i territori libici. Le Drian e Shoukry hanno definito tale iniziativa come “un passo importante sulla strada per raggiungere una soluzione politica, soddisfare le aspirazioni del popolo libico di stabilità e sicurezza, preservare le ricchezze libiche, contribuendo allo stesso tempo al confronto risoluto dei gruppi terroristici e agli interventi stranieri che cercano per far precipitare la situazione”. Provando a leggere fra le righe si capisce che il generale Haftar da sempre sostenuto proprio da Egitto e Francia avrebbe perso il loro sostegno. Sembrerebbe invece contare ancora sul supporto, economico e militare, di un altro attore proxy molto rilevante nello scacchiere, gli Emirati Arabi Uniti. La rivalità strategica con la Turchia (schierata apertamente il regime di Serraj, peraltro riconosciuto dall’Onu) pesa molto, su numerosi dossier. Compreso quello libico. Le turbolenze, insomma, proseguono.

×

Iscriviti alla newsletter