Il 14 agosto del 2018, poche ore dopo la tragedia che ha spezzato la vita a 43 persone, nel primo incontro con la stampa, dopo aver organizzato i primi soccorsi, ho detto chiaro: “Genova non è una città in ginocchio”. In queste parole c’è l’essenza del lavoro fatto da quell’istante in poi. Quella sera, ad esempio, tutte le 600 famiglie sfollate per il crollo del Morandi avevano un posto dove dormire, in albergo. E dopo la prima settimana avevamo già consegnato le prime case. Dopo lo smarrimento patito per quanto accaduto in quei tragici istanti, abbiamo subito reagito, non lasciando mai spazio alla resa.
Siamo consapevoli, oggi, dopo quasi due anni di lavoro, che quel ponte – ispirato a un disegno che l’architetto Renzo Piano ha regalato alla città, proprio pochi giorni dopo il 14 di agosto – non è più solo un simbolo per Genova. Ma è diventato qualcosa di più grande. Grazie all’impegno costante dei tecnici e degli operai, è diventato il simbolo di un’Italia che resiste, che va avanti. La stessa Italia che non si è lasciata abbattere dalla pandemia, che tanto ha segnato le nostre vite.
Il modello Genova, di cui si è molto parlato negli ultimi mesi, è indubbiamente un modello per il nostro Paese che ci dice che le cose, applicando cervello, passione, tecniche e industria si possono fare e si possono fare bene. Può essere certamente un modello da seguire per la gestione delle opere pubbliche in Italia, modello nel quale la burocrazia è stata ridotta ai minimi termini, senza mai venire meno alle regole europee.
Le misure anti-Covid applicate al cantiere del nuovo Ponte di Genova sono diventate un sistema che il Rina, il maggior ente di certificazione italiano, ha attestato. Anche questo è diventato un modello. Si sono analizzate le diverse lavorazioni in essere nel cantiere e per ognuna si è stilato un elenco di procedure da mettere in atto perché gli operatori potessero procedere in assoluta sicurezza. Com’è noto, per il momento, abbiamo avuto un solo caso in cantiere, per fortuna non grave, che ha portato all’isolamento preventivo di una squadra di una ventina di persone. Sono tutti tornati a lavorare regolarmente dopo la quarantena.
Oggi, mentre in cantiere si continua a lavorare per concludere l’opera, la città guarda già avanti, al dopo-Ponte e al progetto per il parco, firmato dall’architetto Stefano Boeri, che sorgerà proprio sotto il viadotto Polcevera. Il parco rappresenterà un’occasione di recupero e di rilancio di un intero quartiere della nostra città. Ma sarà anche il punto del ricordo, con il memoriale dedicato alle 43 vittime di Ponte Morandi. Perché quello che è accaduto non debba più succedere. Mai più.