A volte ritornano. Beppe Grillo reindossa il vestito cinese e sul suo blog pubblica un’invettiva antiamericana intitolata così: “Cina-Ue-Italia: contenere l’irresponsabilità statunitense”.
La firma una vecchia conoscenza del blog: il prof. Fabio Massimo Parenti, dell’Istituto internazionale Lorenzo De’ Medici a Firenze. Un titolare assoluto quando bisogna sparare a salve contro Washington DC.
Il canovaccio è tale e quale quello presentato dalla stampa del Partito comunista cinese per commentare l’incontro a Roma fra i ministri degli Esteri Luigi Di Maio e Wang Yi: Cina, Italia e Ue devono rafforzare il “multilateralismo” contro l’”unilateralismo” di Donald Trump. Non è un caso: Parenti è una firma assidua non solo del blog di Grillo, ma anche del Global Times, agguerrito megafono anglofono del Pcc. L’intervento italiano rispetta e rispecchia dunque una linea ben precisa.
“Dall’Italia alla Germania, l’obiettivo di questi incontri è rafforzare i meccanismi di cooperazione tra i due spazi chiave del continente eurasiatico e promuovere il multilateralismo, messo sotto stress dalle azioni irresponsabili dell’amministrazione statunitense”, dice il professore.
L’analisi prosegue con una lunga, interminabile apologia della Città Proibita e una altrettanto lunga giaculatoria contro il protezionismo made in Usa da cui l’Italia dovrebbe prendere le distanze, a partire proprio dal vertice Di Maio-Wang a Villa Madama.
Il governo italiano, dice il tandem Parenti-Grillo, non può bandire Huawei e le altre aziende cinesi dalla rete 5G. Punto. Gli viene sì riconosciuto “il diritto di monitorare le attività strategiche”, non quello di tenere fuori dalla rete le compagnie cinesi vicine al governo “se non vuole restare indietro”. Anche perché, “per quanto ne sappiamo, le tecnologie cinesi potrebbero essere più sicure di quelle esistenti”.
Non solo i cinesi devono restare dentro, prosegue la linea Grillo, ma gli americani devono starne alla larga. “Le reti statunitensi e le società statunitensi hanno spiato costantemente il mondo intero – scrive Parenti – gli operatori, le app, i cloud e le reti controllate da società degli Stati Uniti non sono sicure, sono vulnerabili e sono politicamente collegate al governo degli Stati Uniti ed ai suoi interessi particolari”.
Insomma, Usa stay away, tuona Grillo dal suo blog. Con un post (ripubblicato sulla sua pagina Facebook) che non suona proprio come un assist a Di Maio. Anzi, semmai fa da controcanto al modo in cui ha gestito la visita.
Il ministro ha incassato applausi trasversali (opposizioni incluse) per aver battuto un colpo su Hong Kong e 5G. E ha ribadito la differenza fra alleati (Usa) e partner commerciali (Cina), spiegando a Wang che “la collocazione internazionale dell’Italia è ben chiara a tutti”. Il tempismo dell’affondo del blog grillino, a soli due giorni dal vis a vis, non sembra casuale.
Il ministro cinese, tra l’altro, è ora in pieno tour europeo fra Olanda, Norvegia, Francia e Germania, nella speranza di strappare una photo-opportunity più serena di quella a Villa Madama. Per sua fortuna ci ha pensato Grillo a pareggiare i conti in casa.
Certo l’episodio non passerà inosservato all’estero, ancora una volta. Come sulla partita della rete unica, anche qui la domanda che si pongono le cancellerie occidentali è: la linea Grillo coincide o no con la linea Conte? Non è un mistero che il guru dei Cinque Stelle sia il più strenuo avvocato e sponsor del presidente.
Il Pd, da parte sua, ha messo in chiaro le cose. Non più solo con il lavoro di ricamo dei ministri Lorenzo Guerini e Vincenzo Amendola. Anche l’intervento di Roberto Gualtieri a favore del fondo americano Kkr così come il pressing di esponenti dem come Enrico Borghi e Alberto Pagani segnalano una presa di posizione netta. È la stessa di Palazzo Chigi?