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Ricercatori, militari o 007? Ecco come si allarga il caso delle spie cinesi negli Usa

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Houston, abbiamo più di un problema. Dopo la crisi diplomatica di fine luglio, sono emersi oggi nuovi indizi riguardo la controversia tra Pechino e Washington che ha portato alla chiusura del consolato cinese della città texana. Il Wall Street Journal riporta oggi in prima pagina il messaggio inedito inviato dall’assistant secretary of State David Stilwell alle autorità cinese. Oltre la chiusura della sede diplomatica, il funzionario americano ha intimato alle autorità cinesi di ritirare dal territorio nazionale tutti i ricercatori che abbiano avuto legami con le forze armate del Dragone. Le fonti restano ancora classificate e le attività investigative sono ancora nella fase iniziale, sottolinea il quotidiano americano, ma diversi membri dell’establishment statunitense hanno già affermato che lo spionaggio scientifico operato da questi ricercatori è al centro delle motivazioni per la ritorsione diplomatica a stelle e strisce.

IL CASO

Considerata come una delle vette del contrasto diplomatico sino-americano, la decisione statunitense di chiudere il consolato è arrivata lo scorso 22 luglio. È stata giustificata dall’amministrazione targata Donald Trump come un atto – riprendendo le parole della portavoce del dipartimento di Stato Morgan Ortagus – necessario “per proteggere la proprietà intellettuale americana e le informazioni private degli americani” rispetto a campagne di “spionaggio illegale di massa”. La reazione cinese non si è fatta attendere: dopo pochi giorni Pechino ha comunicato la chiusura del consolato presente nella città di Chengdu, capoluogo del Sichuan. L’allontanamento del personale diplomatico dalla città cinese,considerato dal ministro degli Esteri come “risposta legittima e necessaria all’atto ingiustificato degli Stati Uniti”, è stata trasmessa in streaming dalla televisione pubblica cinese CCTV e seguita dal tredici milioni di spettatori. La giornalista Katrina Yu ha sottolineato come la scelta cinese sia ricaduta su un consolato che era il punto di riferimento di alcune delle questioni più spinose del dibattito tra i due stati: i diritti umani in Tibet e in Xinjiang.

LE NOVITÀ

Ora arrivano i dettagli sulle accuse di spionaggio mosse dall’amministrazione Trump come ratio della chiusura della sede diplomatica. Sarebbero legate alla presenza di ricercatori militari cinesi nelle università americane. Secondo quando ricostruito dagli apparati di sicurezza statunitensi, infatti, sono diversi i ricercatori cinesi con un passato nelle Forze armate cinesi che operavano in diversi settori della ricerca tecnologica a stelle e strisce, dalla biomedicina allo sviluppo di programmi di intelligenza artificiale. Il reclutamento di ricercatori cinesi, secondo quanto sottolineato dal quotidiano americano, è funzionale ai progetti di spionaggio industriali e militare con cui Pechino si prefigge l’obiettivo di colmare il divario tecnologico con gli Stati Uniti. La Cina, infatti, non è nuova a questo tipo di attività: nel 2015, secondo quanto pubblicato dalla CNN, Ji Chaoqun (studente cinese presente a Chicago) aveva inviato una mail ad un ufficiale dell’intelligence di Pechino segnalando otto soggetti (tutti con origine taiwanese o cinese ma naturalizzati americani e attivi nel settore tecnologico) reclutabili per azioni di spionaggio industriale. Nel report annuale prodotto dal dipartimento della Difesa per il Congresso pubblicato nel 2019, il Pentagono ha sottolineato come i cittadini cinesi o i cittadini stranieri ma etnicamente cinesi rappresentino uno degli strumenti principali del soft power (oppure dello sharp power) utilizzato dal Partito comunista cinese per raggiungere i propri obiettivi.

LE ATTIVITÀ

Le indagine sono state avviate, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, dopo ripetuti contatti tra i ricercatori e il personale diplomatico cinese a seguito delle restrizioni imposte dall’amministrazione Trump all’ingresso di ricercatori cinesi nel Paese. Secondo quanto testimoniato, gli agenti di Pechino hanno avvicinato i ricercatori sia per metterli in guardia dai possibili controlli delle autorità americane sia per dare precise istruzioni su come eliminare da smartphone e Pc tutte le possibili prove. Prove che in alcuni casi, però, sono state ricostruite grazie alla testimonianze degli accusati: Wang Xin, visiting biomedical researcher presso l’Università della California e accusato di frode nei documenti di ingresso per non aver reso noto il fatto di aver ricoperto una carica compatibile con quella di maggiore nell’esercito popolare, ha ammesso di essere stato incaricato da un funzionario cinese di prendere nota dell’ambiente di lavoro per poi riprodurlo in Cina. Accusati insieme a Wang Xin, altri tre ricercatori cinesi: Song Chen, neurologa e ricercatrice presso la Stanford Universitìy; Zhao Kaikai, studente di intelligenza artificiale presso Indiana University; Tang Juan, ricercatrice in campo medico presso Uc Davis. Tutti e tre, come Xin, hanno ricoperto cariche nell’Esercito popolare cinese.

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