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L’intelligence non si riforma per decreto. Parla Dieni (Copasir)

La riforma dell’intelligence si fa in Parlamento, magari anche in raccordo con le opposizioni. Non con un articolo dentro un decreto. Questa volta l’alert a Giuseppe Conte arriva dal lato della maggioranza. Federica Dieni, deputata del Movimento Cinque Stelle, segretario e capogruppo del M5S nel Copasir, non usa giri di parole. “È un argomento delicato, non può essere inserito all’ultimo in un decreto che si occupa di altro”.

La possibilità di rinnovi plurimi (sempre entro il limite di quattro anni) dei vertici dell’intelligence da parte del premier inserita nel decreto legge del 30 luglio in deroga alla legge 124 del 2007 ha suonato un piccolo campanello d’allarme a Palazzo San Macuto. Il metodo è discutibile, spiega la Dieni a Formiche.net. “In Italia c’è la tradizione di inserire nelle maglie dei decreti norme che non c’entrano nulla. Sarebbe bene spezzarla, tanto più quando si tratta di argomenti che riguardano l’interesse nazionale. Se si vuole fare una riforma strutturale del comparto, si fa con il contributo di tutti, con un provvedimento ad hoc”.

Nel merito, la vicenda ha suscitato forse troppo clamore. Tant’è che l’esecutivo si è affrettato a smentire le voci di una proroga, specificando che si tratta di consentire che il rinnovo degli incarici dei vertici delle tre agenzie (Dis, Aisi, Aise) possa avvenire con più provvedimenti all’interno dello stesso arco temporale. In verità, hanno fatto notare gli addetti ai lavori, sullo sfondo della modifica, più che una riforma, c’è un provvedimento pensato per il prefetto Mario Parente, direttore dell’Aisi che, dopo due mandati biennali, ha ottenuto il rinnovo annuale con una proroga a giugno (tramite un Dpcm).

Per Dieni si tratta comunque di una modifica da rivedere in sede di conversione del decreto. “Così come concepite nella norma le proroghe plurime possono creare distorsioni. Forse si può revisionare, limitandone il numero”. Una soluzione alternativa c’è. “La cosa più giusta da fare è prevedere una durata dei vertici dell’intelligence uguale per tutti e non calibrata su specifiche esigenze di chi esercita la delega. Così come prevedere un numero massimo di proroghe nel tempo”.

Ma la questione di fondo è un’altra. Attiene al rapporto fra esecutivo e vertici dell’intelligence. Un rapporto che negli ultimi anni, e poi con i governi Conte, si è fatto particolarmente stretto. Il premier, come è noto, ha tenuto per sé la delega. È sua facoltà farlo, certo. Ma la crisi e i dossier di intelligence che si affastellano sul tavolo di Palazzo Chigi suggeriscono un ripensamento di questo schema, dice la deputata pentastellata.

“Siamo nel pieno dell’emergenza, il presidente e il governo hanno una grande mole di lavoro. Si potrebbe pensare una modifica della normativa in maniera più strutturale, prevedendo attribuzioni particolari per i vertici dell’intelligence in modo da seguire più da vicino le tante materie sensibili”.

Poi una specifica, netta. Se Conte si deciderà di dare la delega sui Servizi, quella delega dovrà essere assegnata al Movimento Cinque Stelle. “Su questo non ho dubbi. Siamo i partner di maggioranza del governo, lo dicono i numeri in Parlamento. I principali dossier di sicurezza, intelligence, difesa sono stati affidati a esponenti del Pd”.


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