Italia zona rossa? Il Comitato tecnico scientifico di Palazzo Chigi non l’ha mai consigliata. È quanto emerge dalla lettura dei verbali del Cts resi pubblici sul sito della Fondazione Einaudi, dopo che nella serata di mercoledì, al termine di una lunga battaglia legale della Fondazione passata dal Tar e dal Consiglio di Stato, la presidenza del Consiglio ha consegnato i file finora rimasti segreti.
La decisione di fare dell’intero Paese una grande zona rossa è stata presa dal premier con il Dpcm del 9 marzo, che ha esteso (art. 1) le misure per il Nord Italia del Dpcm dell’8 marzo “all’intero territorio nazionale”. Il Dpcm in questione, ribattezzato dal premier “Io resto a casa”, prevedeva per tutte le regioni, nessuna esclusa, il divieto “di ogni forma di assembramento in luoghi pubblici o aperti al pubblico” e limitava drasticamente gli spostamenti fra le regioni stesse.
Una decisione condivisa in sede politica anche da parte delle opposizioni (Lega in testa) ma, a quanto pare, non ritenuta necessaria dai tecnici del comitato scientifico. Nel verbale della riunione del 7 marzo presso la sede della Protezione civile alla presenza di Angelo Borrelli, la squadra di epidemiologi e scienziati suggerisce infatti di “definire due livelli di misure di contenimento da applicarsi a) l’uno nei territori in cui si è osservata ad oggi maggiore diffusione del virus b) l’altro, sull’intero nazionale”.
Insomma, il comitato chiedeva di istituire una “zona rossa” con “misure di contenimento della diffusione del virus più rigorose rispetto a quelle da applicarsi nell’intero territorio nazionale” solo nelle regioni più colpite, cioè “Regione Lombardia e Province di Parma, Piacenza, Rimini, Reggio Emilia e Modena; Pesaro Urbino; Venezia; Padova e Treviso; Alessandria e Asti”.
Dopo aver elencato le misure di rafforzamento per il resto del territorio nazionale, il comitato chiede “che tutte le misure sopra indicate siano efficaci sino al 3 aprile 2020”. Ovvero propone di mantenere due diversi regimi di contenimento del virus fra Nord e Sud Italia per il mese a venire. Il verbale del Cts del 7 marzo è l’unico documento cui può far riferimento il Dpcm del 9 marzo 2020. Il successivo verbale risale infatti alla riunione del Cts del 30 marzo.
I documenti resi pubblici dalla Fondazione Einaudi aprono un piccolo spiraglio sulle concitate e drammatiche ore della gestione della pandemia ai primi di marzo. La decisione di istituire un’unica Zona rossa-Italia è stata presa dalla politica, ma non suggerita da quel team di tecnici che tante volte è stato chiamato in causa come ragione alla radice di tante decisioni di Palazzo Chigi.