Tutti, genitori e nonni, e politici di ogni schieramento, vogliono far tornare i lori figli “a tutti i costi” a scuola, il 14 settembre. E, per di più, pare, a orario intero. Che ci scampi Zeus, a noi presidi, dal danno erariale!
Se sono d’accordo che il rientro a scuola è “un dovere morale e civile” (Giuseppe Ippolito, direttore Istituto Lazzaro Spallanzani, Corriere della Sera, 9 agosto 2020); se è innegabile che i genitori debbono tornare al lavoro altrimenti il Pil smagrisce ancor di più; se è vero che potremmo, figli e genitori, rischiare la depressione del lockdown, vi sono, d’altro canto, altre “causali” (direbbe il commissario Ingravallo di C. E. Gadda) che assurgono ad altrettante verità (aggiungerebbe l’Akira Kurosawa di Rashomon) che si oppongono al primo gruppo di verità. Insomma, un duello di alcune verità contro altre verità. A quali verità dare la precedenza assoluta?
Primo scenario (inteso come scenografia e come sceneggiatura). Tutti a scuola il 14 settembre. I banchi non arrivano in tempo. E non per colpa del governo. Perché oggettivamente la filiera, articolata, non consente di farli arrivare tutti in tutta Italia, in 30 giorni, festivi compresi. Ma ammesso che arrivino, il 20% dei ragazzi rimarrà fuori dalla classe nella quale si dovranno rispettare, come sappiamo, le distanze dalle rime buccali di 1 metro. Ecco che, se non abbiamo locali agibili e in prossimità della scuola, bisognerà proporre turnazioni. Un giorno a casa a settimana, per esempio, a rotazione per una classe su cinque (per il A, corso B, ecc.). Il restare a casa per gli alunni delle superiori (14-19 anni) non sarebbe un problema.
Invece notevole sarebbe il problema per la scuola primaria e secondaria di I grado. Gli alunni, son troppo piccoli, non possono rimanere a casa da soli (è reato lasciare un minore sotto i 14 anni solo in casa: art 591 C.p.p.). Bisogna trovare altri luoghi, urgentemente, per la didattica. Amministratori e presidi si stanno muovendo alla ricerca asmatica di: locali, biblioteche, gallerie d’arte, caserme, uffici, ecc. Tutti da adattare e certificare per quel tipo di lavoro e utenza. Ripeto: entro il 14 settembre.
Secondo scenario. Posticipare la ripresa delle lezioni in presenza per le 3 classi terminali della secondaria superiore (17-19 anni) a metà ottobre o, addirittura, fine ottobre. Coprire tale periodo con la Dad. Si liberano molte aule che possono essere occupate, a scalare, dagli alunni della Secondaria di I grado. Ancora a scalare, ecco che i bambini della primaria possono esser divisi, qualora vi siano classi troppo affollate, e occupare le classi lasciate momentaneamente libere dai ragazzi della Media. Un adeguamento del comparto docenti e personale ATA nella primaria e nella secondaria di I grado pare possa esser garantito. Avremmo aule e personale per garantire la didattica per i più piccoli. Dal 14 settembre.
Vantaggio? Si garantisce un rientro a tutti quei minori sotto i 14 anni. I genitori possono recarsi serenamente al lavoro. Questo tempo, 4-8 settimane, consentirebbe un lavoro di adeguamento delle strutture con i giusti tempi tecnici. Ossia: a) Abbattere tramezzi, installare tendostrutture nei cortili o giardini, perfezionare servizi igienici delle strutture esistenti. b) Individuare, con calma, locali alternativi, non lontani dalle sedi istituzionali, adeguarli e metterli a norma. Se non è l’uovo di Colombo è sicuramente un uovo di colomba. Nel senso, di pace, in un momento di toni alti.
Infine: affidare, per decreto, più autonomia agli organi collegiali e alle RSU in tale situazione di emergenza, anche sull’orario settimanale, per poter intervenire nei singoli vari contesti urbani e sociali. Il problema delle aule e dei mezzi di trasporto, ricordiamolo, è diversificato, da città a città, da paese a paese, da periferia a periferia.
Congedo. Ora, siamo tutti convinti che le mascherine saranno indossate sempre dai ragazzi? Badate: mascherine indossate da 25, oppure 27, oppure 31 ragazzi, in una aula dai 42mq ai 49mq. Come resistere in aule, senza condizionatori, con 25-28 gradi a settembre-primi di ottobre (si pensi al Centro-Sud)? L’adolescente sopporterà per 5 o 6 ore la sigillatura delle rime buccali? Non sarebbe meglio sposare il secondo scenario e dividere i 26 ragazzi in due gruppi da 13, ben distanziati? Sempre con le mascherine, naturalmente. E magari ridurre, nella parte iniziale dell’anno scolastico, l’orario vista la “sofferenza” della mascherina? Questi aspetti fisici e psicologici sono stati valutati?
Per esperienza, chiunque confermerebbe che si gestisce meglio un piccolo gruppo. E i ragazzi capirebbero l’eventuale gravità della situazione. Alla domanda, “Quando torniamo tutti e 24 insieme, prof?” La risposta potrebbe essere: “Se ci tenete a stare di nuovo tutti insieme, prima imparate a rispettare le norme dell’igiene e della sicurezza nel vostro gruppo. Poi, aspettiamo che il virus passi. Dipende anche da voi”.
Vi rimando al bel pezzo di Antonio Polito sul Corriere della Sera del 9 agosto 2020. “Nella mente di un adolescente c’è solo il presente. Mettere in prospettiva il tempo, vedere adesso le conseguenze che può avere domani un gesto fatto qui e ora, è molto difficile, perché è la grande conquista della maturità”.
Molti scriventi si occupano di scuola ma non la vivono sul campo. Acquisiscono informazioni e “racconti” da diverse fonti: dalla stampa, dai figli, dal cognato, dalla cugina prof, dalla prof amica di famiglia. Notizie adagiate sul lontano sostrato personale di ricordi mitizzati, di studenti di decenni fa. Un autentico gulasch.
Evito di parlare di un film che mi hanno raccontato. Fosse anche tramite la miglior recensione (alla Paolo Mereghetti, per intenderci). Posso argomentare solo su un film che ho visto. E, magari, di cui abbia capito la/e verità che presenta. Come, mi auguro, nel caso di Rashomon. Grazie Akira.