La lunga estate caldissima del Movimento 5 Stelle. Però, il senso di festa che vola e che va, tanto caro a Max Pezzali, non sembra albergare tra i grillini. Anzi. Diciamo che il bandolo della matassa a Cinque Stelle è piuttosto intricato. Andiamo con ordine. Giovedì scorso, diversi deputati hanno raccolto una sessantina di firme con l’obiettivo di sfiduciare il direttivo. Si profila dunque una spaccatura fra gli esponenti “di palazzo” più vicini al premier Conte e fra la fazione più movimentista e ortodossa.
Non mancano gli attacchi al reggente Vito Crimi e, in mezzo alla bagarre, non ne esce senza ferite neanche Luigi Di Maio. Criticato a sua volta per aver abbandonato il suo ruolo da capo politico del Movimento. Editorialisti, commentatori di ogni risma e probabilmente molti parlamentari stessi hanno messo al centro del dibattito politico queste vicissitudini degli ultimi giorni, comprese le nomine alle commissioni parlamentari.
A ridimensionare drasticamente il quadro dell’analisi delle lotte intestine in seno al Movimento è il sociologo Domenico De Masi, professore emerito all’Università La Sapienza di Roma. “Sono le solite scaramucce che si ripetono da oltre un anno – sentenzia il sociologo – e credo che il Movimento in questo lasso di tempo si sia più che altro caratterizzato con queste piccole bagatelle. Roba da Azione Cattolica”.
Tant’è che “perfino Di Battista è in silenzio”. Più precisamente al bar a servire bibite e a dispensare pillole di saggezza”. Per arrivare a tirare le somme sulle sorti dei cinque stelle De Masi prospetta che «bisognerà aspettare almeno fino alla fine degli Stati Generali convocati ad ottobre”. Evento sul quale il sociologo ripone non poche aspettative. Già in una precedente intervista rilasciata su queste colonne, De Masi aveva parlato di “trasformazione del movimento verso una conformazione più prettamente partitica”. Ora, senza dubbio “il Movimento è oltre la metà del guado verso una connotazione a guisa di partito”. In più, in tema di alleanze “si prenderà atto che l’unica probabilità possibile è un governo assieme al Pd. È in qualche modo un matrimonio obbligato. Il quadro politico complessivo è piuttosto stabilizzato: da un lato una coalizione di centrodestra al 40% e una sinistra al 30%. Quindi , se i ‘dem’ vogliono governare, si devono alleare coi grillini. Un’ipotesi che non mi meraviglierebbe sarebbe un’ulteriore alleanza con Forza Italia. Certo, sarebbe un ‘papocchio’. Ma anche a destra è un papocchio”.
L’espressione vagamente maccheronica rende l’idea dello stato magmatico degli equilibri di Palazzo. E soprattutto del governo. A questo proposito, e a proposito di una figura chiave sia del governo che del Movimento – Gigi Di Maio – De Masi analizza che “lui è uomo di palazzo. Ha ricoperto incarichi molto importanti e in un certo senso rappresenta a pieno titolo la parte più ‘istituzionale’ del Movimento. Oltre ad aver contribuito in qualche modo a traghettalo verso la conformazione partitica”.
Quello che secondo De Masi comunque è certo è che “Pd e 5 Stelle in questo momento non possano fare a meno l’uno dell’altro. Al momento dell’alleanza governativa la dicotomia destra-sinistra interna ai grillini si è in qualche misura omogenizzata verso sinistra e la parte ‘destra’ è stata marginalizzata o ha confluito proprio nelle file della Lega, contribuendo al successo elettorale di Salvini. Però, l’anima più autentica del Movimento, probabilmente, è quella ‘sinistra’”. Anche perché, secondo il sociologo, “le uniche riforme con una chiara vocazione di sinistra le ha portate avanti il Movimento: il reddito di cittadinanza, il decreto dignità e il recupero della centralità dello Stato”.
Il tema più spinoso, comunque, rimane quello della leadership. Sul movimento si profila l’ipotesi di una guida tutta femminile con Paola Taverna e Chiara Appendino in pole position. Anche in questo caso, De Masi derubrica tutto a “piccolezze”. “Non conta se è maschio o femmina – chiude – al Movimento serve gente capace. Il resto sono chiacchiere“.
Dal buen retiro a Ravello in cui il professore si trova per scrivere un libro sullo smart working, è tutto.