Forcing diplomatico statunitense sulle tensioni nel Mediterraneo orientale. A conferma di quanto Washington abbia deciso di giocare un ruolo centrale nel dossier, nella serata di ieri il presidente Donald Trump ha avuto una conversazione al telefono col francese Emmanuel Macron, mentre a Vienna il segretario di Stato, Mike Pompeo, incontrava l’omologo greco, Nikos Dendias. Un doppio sforzo diplomatico finalizzato a evitare qualsiasi genere di escalation tra Grecia e Turchia, partner statunitensi e soprattutto membri Nato entrati su una pericolosa rotta di collisione.
Secondo le informazioni diffuse, nel dialogo presidenziale si sarebbe parlato anche di Libano e Libia, conferma in questo caso di come nella strategia allargata americana i tre dossier siano collegabili, con rischi sovrapponibili e attenzione complessiva. Quadro che anche a Roma viene percepito come univocamente: tasselli di uno stesso mosaico. Macron ieri avrebbe parlato al telefono anche col premier israeliano, Benjamin Netanyahu, e con l’erede al trono emiratino, Mohammed bin Zayed — circostanza particolare riguardo a quest’ultimo: Macron aveva annunciato il colloquio nello stesso tweet in cui parlava della telefonata con Trump, ma il messaggio è stato rapidamente cancellato e sostituito da un altro senza riferimenti all’emiratino.
Israele ed Emirati hanno recentemente raggiunto, grazie alla mediazione Usa, un accordo per la normalizzazione dei rapporti che, come faceva notare su queste colonne Giuseppe Dentice dell’Ispi, è un successo per la grand strategy statunitense. Passaggio “storico” che dimostra come gli Stati Uniti restino l’unica potenza in grado di catalizzare certe alchimie politico-diplomatiche dal valore geopolitico. Contemporaneamente simbolo di insuccesso per le potenze concorrenti, come Russia e Cina che sono presenti nel Medio Oriente con l’intento strategico e tattico di sostituirsi agli Usa. Dinamiche simili nel Mediterraneo, dove Pechino e Mosca potrebbe cercare di sfruttare le tensioni come debolezza per rafforzare le proprie penetrazioni.
A questo si lega la forte volontà di stabilizzazione espressa da Washington, su cui Roma è allineata nello sforzo e Parigi e Ankara dovranno allinearsi congelando le reciproche antipatie e ambizioni unilaterali. D’altronde è questo l’impegno statunitense nell’attuale fase storico politica, come ha dimostrato lo stesso Pompeo nella visita che in questi giorni lo vede in tour per l’Europa centrale.