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Il bivio di Conte, tra consenso e collegialità. L’analisi di Mayer

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte sa di trovarsi ad un bivio. A) Capitalizzare il vasto consenso  accentuando il suo profilo da “primo ministro” che decide in solitudine atti di alta amministrazione e nomine in aree rilevanti e sensibili e B) ripristinare un minimo di collegialità coinvolgendo i ministri del suo governo e negoziando sul serio con i partiti della coalizione.

Per l’avvocato Conte la prima scelta è certamente vantaggiosa nel breve periodo. Nelle ultime settimane  lo spazio politico per potenziare la sua immagine si e’ ulteriormente ampliato. I 5 Stelle si sono rintanati nell’ordinaria amministrazione sempre più prigionieri di personaggi improbabili in stile “navigator”.  Peraltro  la reggenza di Crimi non è in grado di diradare la coltre di diffidenza internazionale che dalla sua nascita circonda Beppe Grillo e il suo movimento. La Cina guarda con sospetto le “intempestive” conversioni di Luigi Di Maio, mentre Palazzo Chigi –  almeno sino alle elezioni americane di novembre-  non sembra interferire sulla penetrazione delle imprese cinesi nei porti italiani, nelle reti digitali e di telecomunicazione e forse in altre aziende strategiche, oltre a quelle energetiche.

Mentre la Turchia con il supporto di Trump accresce la sua influenza in Libia, nella sponda Sud del Mediterraneo e in Africa l’Italia viene di fatto declassata nello sharing informativo quasi come se avesse “un piede nella Nato e uno fuori”. Nel Movimento 5 Stelle Alessandro Di Battista  gode di una notevole popolarità per la sua viscerale avversione agli Stati Uniti e più in generale ai valori della liberal-democrazia e può anche contare sul prezioso aiuto di alcuni parlamentari amici.

In questo particolare contesto Giuseppe Conte interpreta contemporaneamente due ruoli: presidente “superpartes” della maggioranza  e al tempo stesso  figura più autorevole (e più spendibile) dei 5 Stelle a cui neppure Grillo si può opporre. Ma è difficile restare a lungo in una posizione così particolare. Il Pd vuole vuole subito un grosso investimento sul Sistema Sanitario Nazionale e di conseguenza non tollera che  Conte  aspetti le elezioni regionali prima di pronunciarsi sul Mes. Il Pd di Gualtieri,  Guerini, Gentiloni, Bonaccini, Gori,  Sassoli soffre  per i rinvii,  le indecisioni e per una apparente  sudditanza di Zingaretti al Presidente del Consiglio e l’instabilità politica quotidiana  che ne deriva.

Tornando al bivio da cui siamo partiti la verità è che nonostante i vantaggi immediati un percorso solitario  per il presidente Conte si presenta troppo rischioso.

Con buona pace di Rocco Casalino  (e del cerchio magico di amministrativisti che lo circondano) Conte in agosto dovrebbe  mettere in secondo piano  la popolarità e le nomine decise in solitario. Non è davvero il momento di privilegiare il “partito di Conte”. Agosto e’ da sempre  il mese della resa dei conti e dunque il momento di far politica. Ci riuscirà?

Le prossime settimane saranno importanti per capire se Conte è o non e’ un vero leader  politico  capace di rifondare  una coalizione sulla base di scelte lungimiranti e coraggiose. Per ragioni di spazio indico una sola  priorità: come prevenire  la corruzione alla vigilia dei grandi investimenti europei e nazionali che caratterizzeranno il triennio 2021-23? L’ Italia quando c’è volontà politica può farcela.

Genova (il ponte di Renzo Piano) e Milano (Expo 2015) hanno dimostrato con i fatti che cantieri, lavoro  e trasparenza sono  compatibili. Giuseppe Conte ha la possibilità di utilizzare tutti gli strumenti (anche i più riservati) per cancellare le opacità e le aree grigie che possono nascondere collegamenti nazionali e internazionali tra appalti, gruppi di interesse politico-finanziario e criminalità organizzata. Se non ora quando?

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