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I soldati di Alessandro Magno e la paura del Covid. Il commento di Celotto

Si racconta che quando l’esercito di Alessandro Magno giunse nella valle del Gange, dopo oltre 10 anni di campagne militari, le truppe del grande condottiero deposero le armi e non vollero più proseguire. Non erano solo stanchi, ma soprattutto erano spaventati dall’ignoto. Gli elefanti, i coccodrilli, le piogge monsoniche, strane popolazioni di ittiofagi (che si nutrivano solo di pesci) erano cose che non avevano mai visto prima. Ed erano davvero troppo da affrontare.

Il seguito del grande condottiero cercò di rassicurarli con il più antico degli stratagemmi. Interpretare l’ignoto con categorie note. E infatti in quelle lontane valli dell’India si individuarono le rocce a cui era stato incatenato Prometeo e i giardini di Dioniso. Ma non servì a nulla. E Alessandro dovette iniziare il ritorno a casa, imbattuto nelle guerre, ma sconfitto dalle paure del suo stesso glorioso esercito.

Quella stessa paura dell’ignoto accompagna da sempre le nostre vite e, puntualmente, emerge nella lotta al Covid. Un virus ignoto e come tale molto più preoccupante. Vaghi i sintomi, ignote le cure. E così viviamo di una grande preoccupazione, che si riflette anche nelle oscillanti decisioni dei nostri governanti. Dopo un mesetto di tregua, è ripreso il profluvio di ordinanze e dpcm, che spesso aumentano le nostre incertezze e la confusione.

Come l’ordinanza del 17 agosto sulla chiusura delle discoteche e dei luoghi della movida, con un nuovo “tipo” di obbligo di mascherina. Non più relativo ai tipi di luoghi in cui ci si trova, ma a tempo. Perché soltanto dalle 18.00 alle 6.00 “è fatto obbligo di usare protezioni delle vie respiratorie anche all’aperto, negli spazi di pertinenza dei luoghi e locali aperti al pubblico nonché negli spazi pubblici (piazze, slarghi, vie, lungomari) ove per le caratteristiche fisiche sia più agevole il formarsi di assembramenti anche di natura spontanea e/o occasionale”. Come se il virus dormisse di giorno e attaccasse la notte…

Ovviamente tutto questo non fa che accentuare quella che Keats chiamava la capacità negativa, cioè quella tipica (in)capacità dell’animo umano di rimanere sospesi tra incertezze e dubbi. E quindi di aver ancora più paura dell’ignoto Covid.


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