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Sulla Puglia M5S ha sbagliato, invece Di Maio… La versione di Lattanzio (ex M5S)

Paolo Lattanzio è a tutti gli effetti un ex parlamentare del Movimento 5 Stelle, l’ultimo ad aver abbandonato il gruppo alla Camera per passare al Misto, in attesa di una diversa collocazione. La ragione della rottura? Sono tante, ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso sono state le elezioni regionali in Puglia in cui Pd e M5S non sono riusciti a trovare un accordo e su cui ancora in questi giorni sembra giocarsi una partita non solo regionale, ma anche nazionale. “Quella che sta giocando il Movimento 5 Stelle è una partita di trasformismo politico”, sostiene Lattanzio in una conversazione con Formiche.net, in cui vengono abbandonati dei dogmi (vincolo dei due mandati e alleanze con i partiti tradizionali), ma non si sa bene dove si voglia andare.

Onorevole, si è pentito di aver abbandonato il gruppo del Movimento ora che è stata sdoganata l’alleanza con i partiti tradizionali?

Assolutamente no, anzi questo mi dà la possibilità di dire quello che penso da tanto tempo, cioè che avevo ragione (ride, ndr).

In che senso?

Ma perché è ed era inevitabile che si andasse in quella direzione, anche se non si capisce se già dalle regionali oppure dalle amministrative come verosimilmente sarà.

Parliamo un po’ della Puglia: lei ha lavorato tanto per costruire un’alleanza tra Pd e 5 Stelle anche nella sua regione ancora incerto. Quali sono state le difficoltà?

Le difficoltà che ho dovuto affrontare, prima ancora del voto sulla piattaforma Rousseau, sono state tantissime, innanzitutto una mancanza di dialogo preventivo. Cioè, non ci si è mai seduti a discutere di temi e di visione della regione prima che il Pd facesse le primarie, e quello è stato un primo errore.

Il secondo?

Un secondo errore è stata la mancanza di realismo e di coraggio. Di realismo perché si è pensato: meglio una sconfitta da duri e puri che un successo da compromesso. Cosa che in politica non ha nessun senso, perché ti condanni – come sarà – ad altri 5 anni all’irrilevanza politica con il paradosso che invece a livello nazionale si va invece in una direzione diversa.

E di coraggio…

Alcune realtà come la Puglia, con una votazione già fatta, rimangono come gli ultimi giapponesi che continuano a combattere quando la guerra è finita.

Luigi Di Maio con una nota si è affiancato a Conte nel dire che bisogna ascoltare i territori e lavorare per trovare degli accordi laddove sia possibile. Che partita gioca, Di Maio?

Non so rispondere, ma certo è stato uno dei promotori di questa accelerazione spendendosi anche in prima persona e pubblicamente per una variante di sistema anche con i partiti tradizionali e mi aspetto che spinga molto anche per Puglia e Marche. Capisco che i territori debbono avere l’ultima parola, ma non quando vanno contro un muro e in antitesi con le scelte più ampie che sono state prese. Ci vorrebbe un punto di incontro, una mediazione politica che non mi sembra, almeno a livello pugliese, che vogliano percorrere. Ma vorrei aggiungere una cosa.

Conte e Di Maio dalla stessa parte, pare…

Vedere una sinergia così stretta tra Di Maio, che è un gigante nei 5 Stelle come ho sempre detto, e il presidente Conte è una cosa che incoraggia e fa ben sperare per il futuro. Il punto è verificare e provare a fare in modo che i territori seguano queste indicazioni, e quindi che le truppe seguano i generali. È qui la vera sfida.

Perché si è scelto di aspettare il passo avanti di Raggi su Roma per arrivare a un voto sul doppio mandato?

Non saprei, perché quando si muove Rousseau è sempre una scelta che arriva da Milano quindi non sono certo che i tempi che aveva immaginato la parte politica, non la parte commerciale del Movimento 5 Stelle, fossero esattamente questi. Di certo alcune uscite di Beppe Grillo hanno accelerato il processo. Credo, però, che in fondo, ci sia resi conto che per sopravvivere politicamente una serie di questioni dovevano essere messe in discussione. Tutta una serie di dogmi del passato sono completamente senza senso.

Che sia una fase di mutamento del Movimento è evidente, c’è chi parla di evoluzione (positiva) e chi invece di snaturamento (negativo). Quale delle due è vera?

Dipende da come si cambia, da come si costruisce questo cambiamento. Parlando del vincolo dei due mandati, se avessi votato mi sarei schierato per la sua eliminazione, ad esempio. Però anche qui dipende da come la fai. Se la fai per salvare le individualità rimane poca roba, se invece lo fai per garantire una certa classe dirigente che in alcuni situazioni in parlamento e anche nelle amministrazioni locali il Movimento 5 Stelle ha tutto un altro peso. è lì che sarà la battaglia.

Cioè, non nasce come scelta di struttura ma come salvagente individuale?

La votazione sui due mandati nasce per salvare i parlamentari che vanno in scadenza oppure per provare ad essere una forza politica stabile? Dipende da come viene declinata questa decisione, è un momento di cambiamento che è banalmente inevitabile. Essersi opposti per così tanto tempo vuol dire solo arrivarci troppo tardi e lasciare in avanscoperta chi ha fatto una scelta diversa e adesso non ha, secondo me, nessuna copertura politica.

Lasciato il Movimento 5 Stelle (ribadendo però il sostegno a Conte), cosa c’è nel suo orizzonte politico?

Sicuramente l’impegno perché la Puglia non vada in mano a Raffaele Fitto, da una parte, e continuare a lavorare affinché la mia regione continui ad essere protagonista non soltanto nel sud ma nel Mediterraneo. Più a medio termine, invece, è chiaro che il passaggio nel Misto è provvisorio.

Da che parte politica guarda?

Non so cosa succederà con precisione, ma partirei da due esperienze che ho portato avanti in questi mesi. La prima è quella dal tavolo bambine e bambini che ha visto lavorare sempre insieme colleghe e colleghi di tutti i partiti in maniera trasversale e senza bandiere da 4 mesi portando ottimi risultati.

La seconda?

Abbiamo presentato una rete, nelle scorse settimane, che non ha ancora un nome ma che sicuramente cromaticamente è rossoverde nella quale confluiscono tante persone della società civile, tanti comitati e associazioni e anche parlamentari che si stanno esponendo e che hanno voglia di alzare l’asticella delle sfide del governo, perché si ragioni veramente sulla svolta green, si ragioni sull’inclusione, sulla lotta alle disuguaglianze e così via. Questa è la direzione in cui guardo.


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