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Il Recovery Fund, lo spazio fiscale e la politica di spesa. Scrive il prof. Scandizzo

UNO SPAZIO FISCALE EUROPEO

Il Recovery Fund (RF) è un passo di importanza fondamentale nella costruzione di una Europa federale perché rivendica e comincia a costruire in modo attivo uno spazio fiscale europeo. La capacità di promuovere politiche economiche espansive dell’Ue in principio è molto più ampia della somma delle capacità dei singoli paesi ed il RF è un segnale ai mercati che si riverbera in minori rischi sovrani, soprattutto per Paesi, come il nostro, con alto debito pubblico. Lo spazio fiscale stesso presenta due aspetti importanti: (1) la disponibilità a raccogliere fondi sui mercati finanziari a nome della unione e, (2) la volontà di utilizzare strumenti europei di prelievo fiscale. Entrambe queste misure rafforzano l’aspetto federale dell’Ue e propongono prospettive di sviluppo e di gestione delle politiche economiche di gran lunga più efficaci di quelle dei singoli stati membri.

L’espansione dello spazio fiscale non può essere ottenuta con le manovre monetarie, perché queste hanno un limite nel fatto che i tassi di interesse non possono ridursi fino a diventare negativi. Inoltre l’espansione monetaria crea potere di acquisto potenziale (“liquidità”) inutile se non viene utilizzata dagli agenti economici per espandere la spesa e , soprattutto per espandere la spesa produttiva. Passare dall’incremento di liquidità già ampiamente attuato dall’azione della Bce alla sua utilizzazione a scopi produttivi dipende dall’uso della leva fiscale, ossia della capacità del governo di usare direttamente il suo potere di spesa e di alimentare quello delle famiglie e delle imprese. Questo, peraltro è quello che il governo italiano tenta di fare con il c.d. decreto di Agosto, che però contiene, forse inevitabilmente, solo una serie di misure tampone costituite da un mix di ammortizzatori sociali e di bonus per stimolare la spesa delle famiglie e la ripresa dell’occupazione e della produzione. Questi interventi potranno avere anche effetti benefici, ma sono ben lontani dagli interventi di sistema necessari perché l’economia italiana riparta e torni finalmente a crescere.

ADDIZIONALITÀ E CONDIZIONALITÀ 

Perché l’economia riparta, saranno necessarie le risorse del RF insieme ai fondi strutturali europei e ad altre fonti, compreso il Mes, che diano la possibilità di compiere un aggiustamento strutturale di dimensioni sufficienti a superare la crisi attuale. Questi fondi avranno un certo grado di addizionalità, nel senso che consentiranno di finanziare progetti che altrimenti non lo sarebbero stati, ma anche un certo grado di fungibilità, perché consentiranno di finanziare programmi che in parte o in tutto comunque sarebbero stati realizzati. La capacità di spesa dell’Italia, soprattutto negli investimenti pubblici, è tuttavia limitata e una parte delle risorse dovrà necessariamente essere impiegata in programmi di largo respiro che includano riforme normative e istituzionali, possano assorbire la spesa addizionale senza ritardi e contribuiscano ad aumentare le capacità di sistema del Paese.

Ed è giusto quindi che due tipi di condizionalità, già ampiamente sperimentati dalle istituzioni finanziarie multilaterali, vengano utilizzate per selezionare e monitorare l’uso dei fondi europei. Il primo tipo di condizionalità dovrebbe riguardare le politiche economiche e in particolare le riforme più importanti, quali quelle della pubblica amministrazione, della scuola e della giustizia, che hanno esse stesse bisogno di risorse per essere attuate, attraverso programmi e progetti coordinati e integrati. Da questo punto di vista i finanziamenti devono essere destinati a programmi di largo respiro, che prevedano tappe concrete in termini di legislazione, normazione secondaria e investimenti in capabilities e capitale umano, accompagnati, a valle dei piani, da programmi e progetti di investimento in specifiche infrastrutture sociali. Il secondo tipo di condizionalità dovrebbe riguardare piani e progetti di investimento pubblico nelle grandi infrastrutture, specialmente nel Mezzogiorno. Queste condizionalità, che servirebbero a rassicurare i mercati, più che gli altri paesi europei, dovrebbero essere richiesti dal governo italiano in modo anche più rigoroso di quanto potrebbero chiederci i partner comunitari. Essi dovrebbero tradursi in obiettivi e strumenti del piano nazionale che viene richiesto ai paesi per accedere al RF. Sarebbe un errore considerare le riforme come obiettivi generali vaghi o una semplice lista di priorità, perché questo ci farebbe ricadere nella prassi di piani senza progetti e progetti senza piani.

INTERVENTI IN CONTO CAPITALE E INTERVENTI UNA TANTUM

Molti commentatori hanno richiamato l’attenzione sulla necessità di utilizzare le risorse rese disponibili per il RF per investimenti e di evitare di dirottarli su iniziative riducibili ad aumenti della spesa corrente. Per investimento in economia si intende l’impegno immediato di risorse in attesa ( e nella speranza) che questo impegno generi rendimenti nel futuro. Tuttavia, dal punto di vista del loro effetto sullo sviluppo economico, più che la loro destinazione e la speranza di ritorni finanziari, gli investimenti necessari per rilanciare l’economia italiana dopo l’eccezionale periodo di crisi originata dalla pandemia si distinguono dalla spesa corrente perché dovrebbero essere interventi produttivi sostenibili, ossia interventi di sistema che, generando effetti produttivi persistenti ed estesi, si autoalimentano.

Per questa ragione una serie di riforme importanti quali quelle riguardanti la scuola, la sanità, la giustizia civile e anche un piano di emergenza per la pubblica amministrazione, potrebbero essere giustamente finanziati dal recovery fund e anzi far parte della condizionalità estesa che dovremmo richiedere per l’uso di questi fondi. Una radicale semplificazione normativa e burocratica dovrebbe anche contribuire a creare nuove condizioni di efficienza e di favor per interventi di sistema. Ma che si intende con questo nome? Brevemente si tratta di insiemi integrati di interventi, con tre caratteristiche fondamentali:

(1) finalità comuni, come conseguenza anche di processi di coordinazione e di integrazione dinamici (2) complementarietà, come conseguenza anche di un certo grado di contiguità spaziale, (3) interdipendenza funzionale, risultante dalla specializzazione dei singoli interventi nel quadro di obiettivi comuni. La complementarietà, attraverso il rapporto sinergico tra i vari interventi, può essere il risultato della costruzione di un sistema a partire da realtà già esistenti, e dunque, per aggregazione, sfruttando, in particolare le economie di agglomerazione o altre economie di scala. La interdipendenza funzionale può essere invece, più generalmente, il risultato del disegno di un intervento complesso, che si articola in componenti funzionalmente specializzate.

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