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Referendum, una bugia e una tesi temeraria. La versione di Giacalone

Il merito è più interessante e decisivo della questione politicista. Analisti e commentatori si soffermano sulle divisioni che la campagna referendaria provoca sia a destra che a sinistra. Tema interessante, ma neanche troppo. La riforma costituzionale che taglia il numero dei parlamentari è stata approvata praticamente all’unanimità, ergo è di tutta evidenza che quanti che saranno i No referendari, o i soggetti politici che in tal senso si pronunceranno (sempre più numerosi), questo comporta divisioni in quella ipocrita unanimità. Da una parte e dall’altra.

Il merito è più intrigante. Cominciando da una bugia e una tesi temeraria. La bugia: in tantissimi ripetono che quel taglio è nei programmi e negli intenti dei partiti (che neanche esistono più) da decenni, il che è grossolanamente falso. Fin dalla commissione Bozzi (istituita nel 1983 e che chiuse i suoi lavori nel 1985), nessuno ha mai proposto un taglio del numero fine a sé stesso, ma sempre, sebbene con approcci e contenuti diversi, modifiche del sistema legislativo, in quello inserendo una diminuzione dei parlamentari. Non solo questo è evidente a chiunque sappia di che parla e abbia mai letto le relazioni finali, di maggioranza e delle minoranze, ma c’è di più: quei progetti di riforma andavano in direzione diametralmente opposta a quella oggi imboccata, giacché tutti provavano a inserire correttivi al bicameralismo paritario (posto che nella Costituzione del 1948 non lo era e che delle differenze sussistevano eccome), mentre ora si cede totalmente al bicameralismo identico, ovvero a un assurdo sconosciuto nel mondo.

Perché si mente in modo così spudorato, pur se molti dei mentitori hanno l’attenuante dell’ignoranza? Perché la riforma in sé non ha un senso compiuto, non sta in piedi, sicché si finge che la si volesse da anni. E questo porta alla tesi temeraria.

Dicono i 5S che si tratta solo di un primo passo, perché il processo riformatore non si ferma e, quindi, è ozioso soffermarsi sul fatto che non ha senso autonomo. Dicono quelli del Pd che si deve completare l’opera con una riforma del sistema elettorale, da farsi prima del referendum. Dicono gli altri: votate Sì per evitare che si sancisca l’ovvio e l’evidente: la riforma è una vittoria grillina, cui ci siamo accodati. Gli ultimi sono in piena sindrome di Stoccolma. I secondi sanno benissimo che entro fine settembre non ci sarà nessuna riforma del sistema elettorale, semmai, al più, un avvio, che non solo non significa nulla, ma testimonia il contrario di quel che credono: se una riforma con legge ordinaria è decisiva per l’equilibrio di una riforma costituzionale è solare che la riforma costituzionale è squilibrata e potenzialmente velenosa. I primi sono i più interessanti, perché anche i più capaci (non sono al sole, non sto delirando: i 5S sono divenuti i più capaci, perché gli altri sono annegati nell’ipocrisia e nella viltà), difatti hanno già fregato tutti con quella tesi. Ricordate la riforma che cancella la prescrizione? Dissero, in coro: è solo un primo passo riformatore, prima che entri in vigore sarà rivisto e sveltito tutto il sistema processuale. Balle, dicemmo. Ebbene: la riforma è in vigore, l’Italia è il solo Paese incivile in cui esiste il processo a vita, e il resto non s’è visto, non c’è e manco ci sarà. Schema perfetto con cui hanno intortato i presunti geni della tattica.

Il fatto che si possa replicare all’infinito segna la pochezza del mondo politico. Vedremo se gli italiani mostreranno di capire meglio e disapprovare con più efficacia.


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