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La rivoluzione green passa per l’idrogeno. Parola di Marco Alverà

Di Marco Alverà

Abbiamo provato a distillare, in dieci mosse ambiziose ma fattibili in poco tempo, un piano che non richieda farraginosi accordi globali, nuove tasse, scommesse su tecnologie immature o cambiamenti nelle abitudini di vita, puntando piuttosto su dei policy nudge – piccoli pungoli nei punti nevralgici per sfruttare il più possibile il potere del mercato.

PIÙ IDROGENO

Le azioni che proponiamo porterebbero a una capacità installata di generazione di idrogeno ben superiore a quanto necessario per farlo decollare. Sono quindi delle opzioni, parallele o alternative, tutte però rapidamente perseguibili. In questo piano, sfruttiamo una leva formidabile: quella di far crescere in modo graduale, con degli obiettivi precisi, l’idrogeno verde in diversi settori. Può far nascere intere filiere, senza particolari scossoni e senza costi iniziali significativi per il sistema.

IL PRIMO REQUISITO DI OGNI BUON PIANO È… AVERE UN PIANO!

Il nostro obiettivo è sfidante ma realizzabile: far scendere il costo dell’idrogeno verde fino a raggiungere la parità con i combustibili fossili in molte applicazioni in cinque anni. Questo vuol dire raggiungere un costo tra i 2-3 dollari al chilo. Da quel momento si apriranno mercati da svariate centinaia di miliardi di dollari all’anno, ampie praterie in cui l’idrogeno può correre con le sue gambe – senza tasse, sussidi o altri supporti – fino a raggiungere una quota di mercato intorno al 25% dei consumi energetici primari nel mondo.

UNA COALIZIONE DI VOLENTEROSI

Chi potrebbe realizzare le iniziative che servono per stimolare il mercato? In teoria, un accordo internazionale che fissi un prezzo globale della CO₂ a livelli sufficienti basterebbe a far crescere l’idrogeno, che è un’opzione di decarbonizzazione relativamente competitiva. Purtroppo si tratta di una soluzione troppo ambiziosa in una fase in cui è difficile trovare un consenso globale sui temi del climate change, anche in considerazione della riluttanza di molti paesi emergenti a stabilire impegni vincolanti sui costi dell’energia. Ma il fatto di non poter coinvolgere tutti non vuol dire che non si possa coinvolgere qualcuno. E sull’idrogeno, i Paesi più avanzati nel settore potrebbero formare una “coalizione dei volenterosi”. Potrebbero farne parte i Paesi europei, l’Australia, la Cina, il Giappone, la Corea del Sud e stati americani come la California e New York, tanto per iniziare. Oltre ai governi, è importante includere agenzie e istituzioni con potere reale nei confronti di alcune filiere a livello globale.

IDROGENO E METANO INSIEME

Miscelare l’idrogeno con il gas naturale nelle reti di trasmissione esistenti, e fornire una percentuale di idrogeno agli attuali consumatori di gas naturale, è un modo per farne crescere la produzione senza bisogno di aspettare che si sviluppino i consumi specifici. Sono in corso in tutto il mondo studi ed esperimenti per determinare quanto idrogeno possa essere miscelato nelle reti del gas, oltre che per verificare se il blending possa essere applicabile anche agli stoccaggi sotterranei. Ci sono buoni motivi per ritenere che una gran parte della rete possa veicolare una percentuale compresa tra il 5% e il 10% di idrogeno. In linea teorica sarebbe quindi possibile creare una domanda significativa di idrogeno verde praticamente da un giorno all’altro. Per esempio, se l’Europa e il Giappone decidessero entrambe di miscelare il 5% di idrogeno nelle proprie reti del gas naturale, si potrebbe raggiungere una capacità installata di oltre 45 gigawatt. Ed è una svolta che potrebbe verificarsi con costi modesti. Immaginando di avviare questa miscelazione su larga scala nel 2020 e di arrivare al 5% nel 2030, i costi per il sistema sarebbero meno di 20 euro a persona in 10 anni, o lo 0,01% del Pil combinato, un livello significativamente inferiore a quello degli attuali incentivi europei per le energie rinnovabili.

SCEGLIERE BENE I CAVALLI SUI QUALI PUNTARE

Una strada, complementare o alternativa a quella della miscelazione, è di imporre quote di penetrazione dell’idrogeno verde in alcuni mercati, ad esempio quello del trasporto pesante. Ma bisogna scegliere quelli giusti, in base alla rapidità con la quale possono adottare l’idrogeno, all’extra costo che l’idrogeno comporterebbe, nei primi tempi, rispetto alla situazione attuale, e ai cicli di investimento delle diverse industrie.

IL GRANDE GIGANTE GREEN

Le più grandi aziende del mondo hanno ambizioni verdi sulle quali far leva per sviluppare l’idrogeno. Per queste aziende, le enormi spese energetiche (data center e trasporto) rappresentano una piccolissima parte del prezzo che il consumatore paga per i loro servizi o prodotti ad alto valore aggiunto. Spesso una soluzione tutta elettrica non esiste, o ha costi proibitivi. L’idrogeno può già oggi competere per data center completamente verdi, camion a impatto zero e altre applicazioni.

DISTRETTI A IDROGENO

Lo sviluppo del mercato dell’idrogeno avrà bisogno di infrastrutture. Il modo più efficiente per svilupparle è aggregare questi consumi a livello geografico, in hydrogen valley. L’idea potrebbe essere di scegliere un grosso consumatore potenziale, come una raffineria o un impianto che produce fertilizzanti, e di localizzare nelle vicinanze il nostro distributore di idrogeno per autotrazione. Spesso i distretti industriali sono già vicini ai porti, e quindi nella stessa zona l’idrogeno potrebbe anche alimentare i consumi marittimi. Aggregando tutta la domanda potenziale nella stessa geografia, si può ottimizzare l’infrastruttura di trasporto, distribuzione e stoccaggio necessaria. I distretti possono essere industriali o urbani. Snam sta promuovendo la creazione di hydrogen valley nel Sud Italia. Anche Venezia potrebbe essere un’ottima candidata.

RICERCA E SVILUPPO

L’idrogeno ha bisogno della stessa spinta all’innovazione che ha garantito la rivoluzione dell’energia solare; il nostro piano non si basa su alcun aumento dell’efficienza degli elettrolizzatori e delle celle a combustibile, ma questo ridurrebbe ulteriormente i tempi e i costi per arrivare alla parità con i combustibili fossili. Altro tema di assoluto rilevo sono le membrane; “filtri” che consentono di separare le molecole di idrogeno da quelle del metano. Le potenzialità di queste ed altre innovazioni sono tutte da esplorare. Sarà importante stanziare fondi adeguati e coordinare gli investimenti in ricerca a livello europeo.

UN AIRBUS DELL’IDROGENO

Una domanda prevedibile e visibile poterà ad incrementare la scala delle fabbriche di elettrolizzatori. Ma possiamo lavorare anche direttamente sull’offerta, instaurando delle collaborazioni tra produttori. Si può imparare dall’esperienza di Airbus, nata quando i produttori di aeromobili inglesi, francesi e tedeschi decisero di mettere insieme progetti e risorse per contrastare i grandi produttori americani, Boeing, Lockheed Martin e McDonnel Douglas. La proposta che abbiamo lanciato sul Financial Times nel novembre del 2019 e riproposto al World Economic Forum di Davos è quella di costituire in Europa una mega-fabbrica di elettrolizzatori, che sia in un’unica location oppure modulare nel territorio, per scalarne la produzione e ridurre i costi creando nuovi posti di lavoro.

BLUE E VERDE: UNA SANA COMPETIZIONE

Il nostro idrogeno low-carbon sarà blu o verde? C’è una grande tentazione a scegliere a priori una strategia, ma la soluzione giusta è di lasciar competere entrambi i “colori”. I costi per realizzare le due alternative saranno diversi nelle diverse aree del mondo. Nelle regioni più ventose e assolate, l’idrogeno verde avrà un grande vantaggio, perché costerà poco e l’elettricità rinnovabile e gli elettrolizzatori marceranno a tutto spiano. Altre regioni, con un’ampia ed economica disponibilità di fonti fossili e spazio per catturare l’anidride carbonica, potrebbero invece optare per l’idrogeno blu. Un esempio è la Russia. L’idrogeno blu potrà fare da apripista, penetrando in molti mercati per poi essere sostituito da quello verde quando il costo degli elettrolizzatori si ridurrà.

OBIETTIVO COMUNE

Nel costruire il futuro dell’idrogeno, dobbiamo tenere in mente a ogni passo la destinazione che vogliamo raggiungere. Stiamo dando il via a un mercato che deve andare a braccetto con lo sviluppo dell’elettricità rinnovabile: in futuro, molecole ed elettroni devono essere visti come due modi complementari per trasportare, stoccare e rendere fruibile l’energia del sole e del vento. E stiamo dando il via a un mercato globale e liquido, perché una fetta importante dell’idrogeno che utilizzeremo verrà prodotto da maxi impianti posti nelle aree più soleggiate e ventose del mondo e portato ai centri di consumo via nave e via pipeline. Dovremo dotarci quindi di tutti gli strumenti per consentire all’idrogeno di giocare questi ruoli diversi. A livello nazionale serve un piano per l’idrogeno, che ne promuova lo sviluppo in sinergia con la rete elettrica. E a livello internazionale servono regole che facilitino lo scambio, garanzie d’origine e standard comuni.

UNA RIVOLUZIONE POSSIBILE

Ovviamente, la rivoluzione dell’idrogeno non richiederà solo una riduzione dei costi, ma anche un’attenta analisi di ogni elemento della catena del valore e dei parametri di sicurezza. Naturalmente, mentre l’idrogeno attraverserà nuovi mercati, incontreremo una nuova serie di inevitabili sfide operative da superare, come i vincoli sulle risorse idriche, sui materiali usati per gli elettrolizzatori e così via. Non sarà un compito facile. Ma non lo è neppure trasformare il sistema energetico per portare a zero le emissioni di ‎CO2. A differenza di molte narrative sui cambiamenti climatici, basate sulla paura, la rassegnazione, la necessità di cambiare stili di vita o di bloccare tutto, dimostriamo che l’idrogeno offre un percorso che concilia l’urgenza di ridurre le emissioni con la creazione di nuovi posti di lavoro. L’idrogeno ci offre una via per poter vivere un mondo più verde e più equo e più prospero. Per questo, vale la pena di svilupparlo. È il momento di investire per realizzare il futuro che il nostro pianeta si merita.

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