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Scuola, ripartiamo pensando a Maria Montessori

Tra infinite polemiche e mille difficoltà, tra desiderio di normalità e incertezze sanitarie ed economiche per la ripresa, studenti in aula a settembre.

È il grande rientro, nella minaccia persistente del Covid che fa ancora paura.

Mesi di vertici tra ministri, forze politiche, sindacati. Orientamenti diversi nella comunità scolastica e scientifica.

Per l’Organizzazione mondiale della sanità, la riapertura delle scuole è un banco di prova importante, come spiega il prof. Ranieri Guerra, membro anche del Comitato tecnico scientifico. Rispetto ad un’ipotesi ottimistica di “aumento molto lento e costante dei casi, non necessariamente collegato a un aumento dei malati”, una sorta di “corto circuito fra scuole e famiglie” potrebbe portare a “un aumento ulteriore dei casi speriamo contenibile”, sostiene l’esperto, mentre aggiunge che gli istituti “devono riaprire perché i danni su una generazione privata dell’educazione potrebbero essere incolmabili”.

Identificati gli eventuali focolai, sarà essenziale tracciare, immediatamente, i contatti e proteggersi adottando misure diversificate a seconda del grado delle scuole perché “il rischio per bambini delle primarie sembrerebbe inferiore rispetto a quello dei ragazzi delle medie inferiori e superiori, assimilabili agli adulti”. Nell’ipotesi peggiore, per l’Oms, potrebbe registrarsi “un aumento dei casi tale che sul territorio non si riuscirebbe più a fare diagnosi e tracciamento adeguati”.

Presidi e insegnanti da mesi impegnati in una corsa contro il tempo, ora confidano negli scenari migliori. Difficoltà logistiche per strutture spesso carenti di spazio, banchi e mascherine, misurazione della temperatura, disinfettanti per le mani, test e tamponi, mezzi di trasporto protagonisti del lungo dibattito estivo. La funzionalità dell’insegnamento, in ogni caso, è rimessa all’autonomia scolastica per la suddivisione delle classi, frequenza a turni differenziati, alternanza di didattica ‘in presenza’ e ‘a distanza’, aggregazione di discipline e altro.

Sullo sfondo, l’imprevedibilità del contagio e la necessità di adottare, all’occorrenza, le misure di contenimento prescritte.

Come sarà la scuola dell’anno 2020/2021? Tutto è da verificare ‘sul campo’.

Regole nuove ‘in sicurezza’. Ma anche comportamenti da immaginare, sensazioni e modalità da ritrovare per gli studenti, dopo l’interruzione delle lezioni ‘in presenza’ e l’isolamento dai compagni di classe. Per colmare quel metro di distanza fisica che significa responsabilità ma che impedisce abbracci, complicità, vicinanza. Una ricerca di umanità più profonda, forse, da sostituire ad una socialità, talvolta, un po’ superficiale.

È, inoltre, necessario per gli studenti un periodo di adeguamento per riallacciare il passato al presente, per elaborare le paure e le incertezze dell’isolamento forzato, dicono gli psicologi. Ognuno attraverso la propria storia. L’apprendimento frontale e la presenza in classe significano recuperare le abitudini interrotte, improvvisamente, dal virus. Con una modalità del tutto nuova.

La didattica a distanza, durante il lockdown, ha richiesto risposte immediate per garantire le esigenze formative. Nella difficile situazione, gli insegnanti hanno avuto cura dei propri studenti, da remoto. Educatori attenti, ovunque, a non allentare l’interesse e a mantenere la fiducia delle classi. Senza lasciare indietro nessuno. Impegnati a trasmettere, oltre che conoscenze, il senso di una preziosa vicinanza per ridurre, soprattutto, l’impatto negativo del distanziamento, il disagio e il disorientamento.

Gli studenti, anche più piccoli, hanno manifestato senso di responsabilità, resilienza e capacità di adattamento. Potenzialità che non vanno dimenticate.

Nella riconquistata dimensione di apparente normalità è, dunque, tempo di ripartire insieme, docenti e studenti, famiglie e Istituzioni, con ottimismo.

Con una certezza. Il nuovo inizio lascia alle spalle la difficile esperienza vissuta con la chiusura delle scuole, nella consapevolezza che l’apprendimento si coltiva, soprattutto, nelle relazioni umane. E la ripresa deve rappresentare un’opportunità per riflettere e guardare al futuro dell’istruzione, in Italia, con uno sguardo più lungimirante.

È un settore, quello scolastico, che coinvolge 8 milioni di studenti e un milione e 250.000 lavoratori.

La Relazione della Commissione Europea per il 2018, nell’evidenziare come gli investimenti nell’istruzione siano, nel nostro Paese, nettamente inferiori alla media Ue (in particolare per l’istruzione superiore), ha sottolineato che ‘l’educazione civica e alla cittadinanza è, per legge, un obiettivo chiave dell’istruzione, ma non esiste un approccio sistematico per la sua attuazione, che avviene a livello di singola scuola’.

In Italia, poi, persiste la ferita della dispersione scolastica. Secondo i dati Miur 2019 relativi alla scuola secondaria di primo e secondo grado, gli abbandoni sono rispettivamente dell’1.17% e del 3.82 % degli alunni, con percentuale più elevata nelle aree più disagiate del Paese.

Inoltre, rispetto agli obiettivi fissati dalla Commissione europea per la promozione dell’istruzione per il 2020 (tasso di abbandono inferiore al 10% tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni e almeno il 40% di laureati dei cittadini tra i 30 e i 34), l’Italia ha registrato, nel 2018, il 14.5% di abbandoni, nella fascia 18-24 anni.

Quest’anno, tra vecchie e nuove incognite, presumibilmente si rafforzerà l’indecisione dei giovani, divisi nella scelta tra studio e lavoro. In una situazione nazionale che, secondo i dati Eurostat, vede una percentuale del numero di laureati, tra i 30-34 anni, del 27.6%, contro una media europea del 40.3%. Il Ministero dell’Università e della Ricerca, per favorire le iscrizioni, ha previsto borse di studio, esonero parziale o totale delle tasse universitarie, come annunciato dal Ministro Gaetano Manfredi.

In questo difficile scenario, si pensa, quindi, all’opportunità di migliorare le dinamiche della conoscenza. Con strumenti e modalità educative che possano cogliere e valorizzare sensibilità e intelligenze.

Per una scuola ‘aperta’, qualificata e mirata ad un’efficace formazione della persona. ‘Incubatrice di vocazioni’ – come la definiva il costituzionalista Piero Calamandrei – che protegge e cura per andare oltre le fragilità della vita.

Una speranza e una visione del domani che si nutrono di amore. Sin dall’infanzia, importante periodo di apprendimento ma anche di privazione, secondo la neuroscienza. È il messaggio, attuale oggi più che mai, di Maria Montessori, a 150 anni dall’anniversario della sua nascita.

‘Se v’è per l’umanità una speranza di salvezza e di aiuto, questo aiuto non potrà venire che dal bambino, perché in lui si costruisce l’uomo’. Così Maria Tecla Artemisia Montessori, nata a Chiaravalle (An) il 31 agosto 1870.

Biografie, convegni, film, iniziative ricordano la grande pedagogista, filosofa, medico, scienziata, neuropsichiatra, antropologa e, soprattutto, educatrice. Candidata al premio Nobel per la pace, prima donna nella storia della Repubblica ad avere la propria effige stampata su moneta o raffigurata su francobolli.

Esempio di una rivoluzione ‘al femminile’, la Montessori è stata protagonista coraggiosa e determinata di battaglie per la difesa dei diritti dei bambini e delle donne, in un periodo cruciale per l’emancipazione femminile. Con garbo ma con passione e lucidità. “Un trionfo della grazia femminile italiana”, scriverà il Corriere della Sera all’indomani del suo intervento al “Congresso Internazionale delle Donne” a Berlino, nel 1896.

È la “rivoluzionaria” del sistema educativo infantile.

Il metodo Montessori – attualmente seguito da circa 60.000 scuole in 145 Paesi del mondo (soprattutto Stati Uniti e Germania), dalla nascita fino a diciotto anni – continua a destare grande interesse. In Italia sono attualmente circa 140 i centri, statali e parificati, secondo i dati dell’Opera nazionale Montessori.

Un metodo rigoroso che non nasce, tuttavia, dalla donna di scienza per sperimentare teorie ma dal medico per curare i pazienti e promuovere la salute ed il benessere della persona.

Hanno in comune la formazione montessoriana i fondatori di Google, Larry Page e Sergei Brin, l’ideatore di Amazon Jeff Bezos, il fondatore di Wikipedia Jimmy Wales, il pioniere dei videogiochi Will Wright e lo scrittore Gabriel Garcia Marquez, per citare qualche nome noto.

Inaugurata, nel 1907, la prima Casa dei Bambini nel quartiere San Lorenzo a Roma.

Nel 1909 viene pubblicato il testo su “Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini”.

Dall’ambiente scolastico ai materiali, la proposta pedagogica persegue in modo stimolante il naturale sviluppo fisico, psicologico e sociale del bambino. La libera scelta e l’autodeterminazione, l’autonomia e l’autostima sono il fondamento della formazione montessoriana.

“Aiutami a fare da solo!”, è l’imperativo di Maria Montessori.

Nel libro Il segreto dell’infanzia la pedagogista illustra la necessità di custodire, rispettare e proteggere, quindi, una creatura che possiede il potenziale per autoeducarsi in un ambiente accogliente e stimolante, sin dalla fase neonatale.

Uno sviluppo autonomo, attraverso l’azione e l’esplorazione, accompagnato da un educatore discreto, attento e delicato, umile e paziente che guarda alla complessità e unicità dell’individuo e la rispetta, senza soffocarla. Centrale il ruolo dell’insegnante, che osserva il singolo bambino per comprenderne bisogni e interessi e offrirgli i ‘materiali di sviluppo’ più adeguati.

L’orizzonte è quello di consentire ad ogni bambino di “diventare se stesso”, rispettandone la natura.

Mediante l’uso delle mani il piccolo crea la ‘sua’ intelligenza. Come scrive la Montessori, nella Psicogeometria, nel 1934, ‘la mano tocca l’evidenza e la mente scopre il segreto’. Intuizione confermata dai più recenti studi, spiega Leonardo Fogassi, neuroscienziato del team che ha teorizzato i ‘neuroni specchio’: ‘Il sistema motorio viene ancora prima di quello sensoriale nella conoscenza del mondo’.

L’educazione è concepita, dal ‘Metodo’, non solo come trasmissione di cultura ma come supporto ad e-ducare (portare fuori) il potenziale di cui ciascun individuo dispone, aiutandolo ad esprimersi al meglio lungo tutto il percorso della vita, afferma il figlio della pedagogista, Mario M. Montessori.

Un processo di crescita significativo che mira a ‘formare l’uomo’ nell’infanzia e a ‘sviluppare l’uomo’ nell’adolescenza, esaltandone l’irripetibile individualità.

‘Date il mondo ai bambini’, ha detto Maria Montessori. È più che mai dirompente il messaggio di attualità, in un difficile periodo che chiede di guardare al mondo con uno sguardo diverso.

È un pensiero di pace e di uguaglianza tra gli uomini e di rispetto del Pianeta. Universale, non competitivo e aperto al dialogo.

È il messaggio per un’educazione che, favorendo le naturali predisposizioni sin dall’infanzia, riduca le discriminazioni e le disparità di genere.

È un auspicio di speranza, nella ripresa del nuovo anno scolastico pieno di incertezze, rivolto ad un mondo che deve poter recuperare rinnovata energia in un impegno globale. Con una ‘tecnica’ sempre efficace che è il messaggio costante di amore per gli adulti di domani. Un bisogno che non cambia con il passare dei tempi. Per una società migliore.

 

 

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