Settembre, andiamo/è tempo di migrare scriveva Gabriele D’Annunzio alla fine dell’Ottocento. Negli anni Settanta del Novecento, New York veniva incantata da una commedia musicale di Tom Jones, The Fantaticks, che nata in un teatrino off-Broadway, girò per tutto il mondo e diventò anche un film di successo; la sua canzone principale era Try to remember the kind of September When grass was green and grain was yellow. Settembre evoca calma, pace, tranquillità, dolcezza.
Non così per il governo Conte che ha “rimandato a Settembre” tutti i problemi difficili, ed in quel mese si sarà in piena campagna elettorale. Con il rischio di ingorgo e, quindi, paralisi.
In settembre ci sono obblighi costituzionali pesanti. In primo luogo, il bilancio dello Stato, per il quale non è ancora iniziato il lavoro tecnico al ministero dell’Economia e delle Finanze, affogato, più che travolto, dalla preparazione dei vari decreti legge varati negli ultimi mesi, e di alcune centinaia di decreti attuativi necessari per dare loro corpo.
Occorre anche preparare il programma di riforme da presentare all’Unione europea (Ue) per avere accesso dal Recovery e Resilence fund del Next Generation Eu: solo alla vigilia delle vacanze i ministeri maggiormente interessati hanno organizzato gruppi di lavoro per predisporre schemi dei contributi settoriali. È stata rinviata a settembre la revisione dei decreti Sicurezza che, secondo gli accordi di governo, si sarebbe dovuta varare nell’ottobre 2019. Il problema non è solo tecnico me dipende dal fatto che una parte importante dell’elettorato del Movimento Cinque Stelle (M5S) la pensa in materia come Salvini: i numerosi sbarchi da barconi e barchini non agevolano certo una revisione in senso “buonista”. La intricata questione Alitalia è finita anche essa tra i temi da trattare a Settembre. E così pure quella degli impianti ex Ilva di Taranto. Ed Autostrade per l’Italia? Il protocollo che doveva essere firmato il 4 agosto, è ancora in alto mare: il comunicato dell’alba del 16 luglio, pare sia servito solo al M5S a brandire uno scalpo che in effetti non hanno.
Ce la farà il governo a fare fronte agli impegni settembrini? Un ingorgo simile ricorda quello dell’agosto-settembre 1992, quando il presidente del Consiglio era Giuliano Amato e agli impegni istituzionali si aggiunse un attacco della finanza internazionale alla lira (che venne costretta ad uscire dal sistema degli accordi europei dei cambi e, quindi, a svalutare). Allora, però, il Governo, pur se pentapartito, era molto coeso a ragione delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio ed anche dell’attacco alla lira. Ora sembra molto poco coeso sia tra le forze politiche che lo sorreggono sia all’interno di almeno due di dette forze politiche. E la campagna elettorale costringerà ad accentuare i punti di dissenso dato che rispecchiano.
Il sempre documentatissimo blog Le Stanze di Ercole mette giustamente in risalto che il governo punta tutto sulla illusoria e pericolosa luna di miele con l’Unione europea (Ue). In effetti, crede nella capacità di san Paolo Gentiloni di poter fare miracoli. In effetti, per quanto volenteroso, Gentiloni è unicamente uno dei componenti della Commissione europea e la partita è in gran misura in mano al Consiglio. Lo stesso Gentiloni ha ricordato che i fondi del Recovery e Resilence fund non saranno disponibili prima della seconda metà del 2021 ma che sin da ora l’Italia può utilizzare finanziamenti a titolo del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) come chiede il Pd ma a cui si oppone fermamente il M5S. Altro tema che in settembre potrà fare da detonatore se non di una crisi di governo almeno di forti tensioni.