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Sovranisti? Un flop. Il centrodestra si salva con l’Ue. Parla Perego (FI)

Chi ha detto che la coalizione Ursula porta il solo copyright di Giuseppe Conte e dei suoi alleati? E se quel patto anti-sovranista che un anno fa ha portato la numero due di Angela Merkel alla guida della Commissione Ue fosse l’unica via di uscita per un centrodestra in affanno, litigioso, diviso? Matteo Perego, parlamentare di Forza Italia, taglia corto. A Formiche.net confida che la coalizione all’opposizione, più che una coalizione, sembra “una grande federazione con dentro un po’ di tutto, sovranisti, nazionalisti, liberali”.  Ben vengano i distinguo, dice, ma manca l’unico amalgama che potrebbe darle slancio e candidarla ad essere realmente alternativa ai rossogialli: l’Europa.

“Io sono fermamente convinto che la proiezione internazionale del nostro Paese non possa prescindere da un rapporto franco, autorevole con le istituzioni europee. Il coronavirus ha messo a nudo la competizione geopolitica con potenze straniere come Cina, India, Russia, da soli, senza Ue, non ce la facciamo”. Una tirata d’orecchie va anche a Forza Italia, “dove qualcuno ancora si fa tentare da populismo e sovranismo, due categorie vuote, meri esercizi di propaganda”. Non al presidente Silvio Berlusconi, “che è da sempre attento a questi temi, ai rapporti con gli alleati internazionali, e ha dimostrato responsabilità politica durante la pandemia”.

Peccato che ormai Berlusconi non abbia le redini della coalizione da un pezzo, e non riesca a portare a più miti consigli i suoi due battaglieri compagni di viaggio, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Non c’è riuscito, ad esempio, quando ha provato a convincerli che l’unica via d’uscita dal governo Conte bis era un governissimo di unità nazionale, magari guidato da Mario Draghi o da altri nomi graditi al Colle.

“Io, ad esempio, sarei assolutamente a favore di un governo con un premier forte come Draghi per affrontare la tempesta d’autunno – dice Perego. “Ma, e qui Giorgetti ha ragione, in fondo il governissimo è saltato per colpa di questa maggioranza, che a forza di voti di fiducia sui provvedimenti ha vanificato qualsiasi forma di dialogo”. Insomma, dice, ora come ora “inutile parlare di larghe intese. Le istituzioni devono fare i loro compiti, l’opposizione il suo”.

Se il vestito Ursula non calza bene questo centrodestra a trazione leghista, è pur vero che negli ultimi tempi, tra Fratelli d’Italia e Lega, si fa strada l’idea di un’opposizione meno frontale, più dialogante, anche con l’Europa. C’è perfino chi oggi si spinge a definire la Meloni una “moderata”. “Moderatismo vuol dire tutto e niente – chiosa il deputato azzurro – semmai la Meloni prova a presentarsi come leader capace di dare risposte, e riconosce finalmente che per affrontare i problemi serve entrare nel merito. Purtroppo il suo partito è stato troppo spesso vittima di propaganda monotematica, specie sui migranti”.

E la Lega? Può Luca Zaia, il Doge di Venezia che qualcuno (più di qualcuno) vorrebbe alla guida di via Bellerio al posto del “Capitano”, diventare il volto di una nuova Lega, spogliarla del sovranismo che l’ha messa all’angolino in Europa? Può di certo, spiega Perego. “Che la leadership di Salvini possa essere messa in discussine a favore di un modello più liberale e progressista è fuor di dubbio. Un’altra Lega che non ceda alle sirene grilline può e deve esistere”.

A due passi dal centrodestra, a metà strada fra maggioranza e opposizione, c’è una piccola prateria centrista presidiata da due rivali un tempo compagni di viaggio: Matteo Renzi e Carlo Calenda. A dire il vero, spiega Perego, quella prateria non è affatto piccola come sembra. Ma fra Italia Viva e Azione c’è un oceano di mezzo. “Il fenomeno di Calenda è interessante, perché rappresenta un baricentro chiaro, un posizionamento politico coerente. Ha idee liberali come Forza Italia, e in teoria la sua iniziativa potrebbe concorrere ad allargare la prospettiva del centrodestra. Renzi paga il prezzo di una progressiva impopolarità. Col voto sull’autorizzazione a procedere a Salvini si è riposizionato nell’alveo del Pd. Il suo pressing per una riforma elettorale maggioritaria dà tutta l’impressione di un tentativo di ritorno a casa…”.

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