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La strana coppia Scalfari e Sallusti all’unisono su Conte (e Draghi)

Agosto, in Italia, si è ormai guadagnato la nomea del mese delle grandi fibrillazioni in politica. Ma anche delle grandi convergenze, e il mondo del giornalismo non fa eccezione. Un anno fa fu il turno di Carlo De Benedetti, allora patron di Repubblica, che ospite da Lilli Gruber a Otto e Mezzo invocava a gran voce il ritorno alle urne, proprio come Matteo Salvini. Quest’anno a ritrovarsi in una strana intesa a distanza ci sono Alessandro Sallusti ed Eugenio Scalfari.

Tutto vero. Il verdetto del direttore del Giornale e del padre nobile di Rep sul premier Giuseppe Conte è quasi speculare. “Conte agli sgoccioli”, titola Sallusti. “Il premier solo in cerca di un finale”, gli fa eco Scalfari.

Il canovaccio recita più o meno così: Conte, il presidente-avvocato degli italiani che svetta nei sondaggi d’opinione e fa incetta di applausi sui social network, deve guardarsi le spalle da chi gli sta più vicino. A cominciare da quel Nicola Zingaretti che solo pochi mesi fa lo ha incoronato fra lo stupore generale “riferimento dei progressisti” e ora, dice Sallusti, vorrebbe liberarsene, magari per fare spazio a Mario Draghi.

È un affondo frontale quello del Giornale, e non è il primo in questi giorni di maretta del governo, fra i verbali del Comitato tecnico scientifico (Cts) su Alzano e Nembro che addensano su Palazzo Chigi le nubi di una nuova inchiesta giudiziaria e il decreto agosto già finito nel mirino delle categorie produttive.  Verrebbe da pensare che, in casa Berlusconi, la linea dialogante e paciera stia cedendo il passo a una più barricadiera con il governo. Giallorossi avvisati.

Non che Scalfari la tocchi piano. “Giuseppe Conte è politicamente solo”, sentenzia la storica firma, che nei mesi scorsi non è certo stato parco di elogi verso il premier, con una sfilza di riferimenti storici di rango di volta in volta tirati in ballo, da Napoleone Bonaparte a Camillo Benso di Cavour. Niente di simile a questo giro.

Il fondatore di Rep prende in prestito una metafora calcistica: Conte è “una mezz’ala”. Non fa tanti gol, “ma di quando in quando il gol si verifica ed è uno dei pochi che la squadra realizza nel suo complesso”. E se un tempo per Scalfari il presidente era insostituibile, adesso la musica è cambiata. “Non si vedono altri sostituti – scrive – salvo Draghi che prima o poi affronterà la storia d’Italia che a suo tempo e per numerosi anni ha già ampiamente affrontato nelle sue connessioni con quella dell’Europa”.

Eccolo, il candidato presidente delle “larghe intese” che può prendere le redini del governo “salvo intese”. Ancora una volta spunta Draghi, tirato per la giacchetta, in contemporanea, dai due grandi rivali del giornalismo italiano. Un anno fa i propositi di De Benedetti (e di Salvini) non si realizzarono, per la fortuna di Conte. Al premier non resta che toccare ferro e sperare che il generale agosto spazzi via queste strane, inedite convergenze…

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