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Tim e Kkr, chissà perché il capo del M5S dice no agli Usa (e inneggia alla Cina)

Sovranista sì, ma a targhe alterne. Se le aziende cinesi entrano nella rete, nessun problema. Se lo fa un’azienda americana, apriti cielo. Beppe Grillo torna all’attacco sulla partita della rete unica.

Dopo il “Daje” per consacrare la ricandidatura di Virginia Raggi, ecco, sul suo blog, il nuovo post sulla rete unica fra Tim e Open Fiber. Un vero pallino fisso del guru a Cinque Stelle, che negli ultimi mesi è intervenuto a più riprese a favore di una sola società delle tlc.

Il canovaccio ormai è noto, e trova orecchie attente ai piani alti del governo Conte bis. Dividere in due Tim, con una società concentrata “sulle attività tecnologiche” separata “dal resto del perimetro aziendale”. Rete unica con Open Fiber, in cui sia azionista Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), sotto “la guida e l’indirizzo di istituzioni pubbliche”.

Grillo detta istruzioni all’ad di Tim Luigi Gubitosi e spiega per filo e per segno come dovrebbe essere l’organizzazione. Di un’azienda. Privata. “Bisogna pensare di separare in due la società, mantenendo inalterato l’attuale organico. Bisogna dividere i servizi dalle infrastrutture creando finalmente due società separate”. Da una parte i servizi, dall’altra le infrastrutture.

Poi torna sulla vicenda Tim-Kkr, ovvero l’operazione di vendita al fondo americano di una parte della rete secondaria che il governo, con una procedura alquanto anomala, ha invitato a sospendere con una lettera al cda dell’azienda.

“L’operazione di vendita di un pezzo della rete secondaria al fondo americano Kkr, in logica puramente finanziaria e non industriale, complica soltanto il progetto di possibile creazione di una società unica delle reti e delle tecnologie”.

Grillo è sicuro: l’operazione di mercato va fermata al più presto. Perché? Perché la rete deve essere sovrana e sovranista. E l’affare Tim-Kkr produce “uno spezzatino delle infrastrutture di Tim e l’ingresso di un ulteriore investitore (nonché interlocutore) estero in asset strategici per il Paese con il solo obiettivo di conseguire benefici finanziari di breve periodo”.

Fa un certo effetto sentir parlare del rischio di investitori esteri nella rete italiana da Grillo in persona. I più smemorati potrebbero chiedersi se è lo stesso Beppe Grillo che da un anno ospita, sul medesimo blog, dozzine di analisi che spiegano perché i timori per la sicurezza della partecipazione di aziende filogovernative cinesi come Huawei e Zte alla rete 5G italiana siano malriposti. Di più: malintenzionati.

Era o non era il blog di Grillo quello dove, un anno fa, il prof. Fabio Massimo Parenti derideva “le pressioni di ogni genere contro il 5G cinese” degli americani? O dove, ancora, si parlava di “necessaria demolizione dell’approccio protezionistico italiano”? Quell’approccio, si apprende oggi, è perfetto se nel mirino finisce un’operazione di mercato con una società americana. Un caso? Forse. O forse no.

Va da sé che le opinioni di Grillo e del Movimento sono legittime e rispettabili in quanto tali. Sollevano però un dubbio di natura squisitamente politica. Lo stop del governo all’offerta di Kkr a Tim deriva dalla volontà di trovare una più ampia intesa sulla rete unica, o da un veto di Grillo e dei Cinque Stelle? E il Pd cosa ne pensa? Dalle colonne di Formiche.net, più di una voce ha espresso perplessità sull’intervento del governo nei confronti del fondo americano, e sulla possibilità che abbia alle spalle una ratio geopolitica, oltre che commerciale. È un punto su cui varrebbe la pena fare chiarezza.


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