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Gli Emirati bombardarono l’accademia di Tripoli. La Bbc ha le prove

La Bbc ha scoperto nuove prove rilevanti sull’attacco aereo che uccise 26 cadetti inermi nel piazzale dell’accademia militare di Tripoli. Era il 24 gennaio, secondo il media inglese sarebbe stato un drone degli Emirati Arabi a colpire. Ai tempi del bombardamento sanguinario la capitale libica era tenuta ancora sotto assedio dalle forze ribelli guidate dal capo miliziano Khalifa Haftar.

Gli haftariani erano – e tutt’ora sono – sostenuti militarmente da Abu Dhabi. L’attacco aereo, come già evidenziato in passato, era stato condotto da un drone Wing Loog II attraverso un missile di precisione Arrow 7. Si tratta di armamenti cinesi che sul territorio libico sono operati solo dagli emiratini, e secondo le indagini di BBC Africa Eye e BBC Arabic Documentaries solo dalla base di al Khadim – cuore logistico dell’attività militare che gli Emirati Arabi hanno mosso a supporto dei ribelli che volevano (e vogliono) rovesciare il governo osnusiano Gna.

Uno dei cadetti sopravvissuti racconta alla BBC: eravamo nella piazza d’armi della caserma, marciavamo, tutti disarmati, quando a un certo punto un missile è piombato in mezzo a noi. Ci sono le immagini d’altronde, circolate fin da subito, a raccontare quello che successe. Un attacco spietato: di 50 persone presenti, tutte ferite, 26 sono morte. “Abbiamo assistito i nostri compagni nei loro ultimi respiri senza poter fare niente”, racconta il testimone.

[youtube]https://youtu.be/wWkgzhZuSmg[/youtube]

L’indagine della BBC si basa su elementi documentali: i frammenti trovati nel piazzale erano indiscutibilmente di un Arrow 7. Da lì la considerazione che il missile cinese era (ed è) operato soltanto dai Wing Loong e che quei droni erano (e sono) usati soltanto dagli Emirati dalla base di al Khadim, che si trova in Cirenaica, ossia nella fascia di Libia che vive sotto il controllo militarista dei ribelli haftariani. La base è per altro gestita dagli emiratini tramite accordi con l’Egitto: i droni vengono spostati dentro e fuori alla Libia e se non stazionano ad al Khadim si trovano a Siwa, appena oltre il confine egiziano.

È un accordo tra i due principali sostenitori dei ribelli libici. D’altronde, come ha già indicato un’investigazione Onu, furono dei Mirage 2000 camuffati nelle colorazioni a colpire un centro migranti a Tripoli nel 2019 uccidendo 53 persone nel sonno. Quegli aerei decollarono da Sidi Barrani, una base egiziana verso il confine con la Libia: con ogni probabilità sono emiratini anch’essi. Situata a meno di 80 chilometri dalla Cirenaica, la base fa da snodo logistico per molti dei trasferimenti di armamenti che Abu Dhabi manda in Libia.

Il trasporto conclusivo verso le forze haftariane avviene per via terrestre. Sono traffici noti, che non possono essere intercettati dalla missione navale europea “Irini”, e su cui l’Onu non ha mai mosso misure benché siano una violazione netta dell’embargo, e quelle armi vengano usate da chi vuole rovesciare il governo che le Nazioni Unite hanno creato. Queste attività sono state per lungo tempo oggetto delle denunce e delle critiche del Gna, che ha ricevuto comunque aiuti simili dalla Turchia. Sulla Libia, da molto tempo si parla della necessità di fermare l’assistenza militare fornita dall’esterno, perché viene considerata il motore della guerra.

Anche in questi giorni, in cui sembra essersi creato un presupposto per l’avvio di una nuova stagione di dialogo tra le due parti, si registra l’arrivo di rifornimenti militari sui due fronti libici. “La Comunità internazionale si trova davanti alla necessità di pronunciarsi davanti a quanto accaduto, anche perché altrimenti si dà l’impressione che a qualcuno sia tutto permesso”, commenta con Formiche.net Arturo Varvelli, direttore dell’ufficio di Roma dell’Ecfr e tra i principali esperti internazionali del conflitto libico.

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