Skip to main content

Così Trump può tornare in vetta. Parla Pellegrini-Bettoli

Raccontare l’America in Italia non è cosa semplice. Chi ha passato la vita a cavallo delle due sponde dell’Atlantico ha qualche carta in più. Come Gaja Pellegrini-Bettoli, giornalista e reporter di lungo corso, esperta di Usa e Medio Oriente, in libreria con “Shake-up America” (Castelvecchi), un agile compendio per capire le elezioni americane e la posta in gioco a due mesi dallo scontro Trump-Biden. Con una prefazione di Andrea Marinelli, il libro raccoglie interviste con editorialisti e firme di punta del giornalismo americano, ma anche prime linee dello staff di Barack Obama e del mondo repubblicano. A Formiche.net Bettoli racconta i retroscena dell’ultimo miglio verso la Casa Bianca. E spiega dove si giocherà il tutto per tutto.

Partiamo dal discorso di accettazione di Trump. Un lungo, accorato attacco a Biden.

Questa è il vero solco che separa il suo speech da quello di Melania. Trump ha dedicato venti minuti interi ad attaccare sul piano personale Biden e i suoi 47 anni da politico in carriera. Ma anche sui suoi rapporti con la Cina, un terreno scosceso per l’ex vice di Obama. Fin qui, business as usual. Sorprendono le omissioni.

Quali?

Ad esempio, non ha insistito sui dieci milioni di posti di lavoro che ha promesso per il prossimo mandato. Strano, perché l’economia è la sua più grande battaglia, ma anche la sfida maggiore. Non c’è mai stato un presidente che ha rivinto le elezioni in mezzo a una crisi economica.

Alla Casa Bianca un ritratto di famiglia.  Trump, Melania, e tutti i figli sul palco.

Nessuno escluso, anche chi di solito evita i riflettori. È molto anomalo. Lo è la location, il White House Lawn. Così come il discorso di Mike Pompeo, un segretario di Stato.

C’è chi parla di un’incoronazione di Ivanka.

Lei la cerca, su questo non c’è dubbio. Ha fatto un discorso di grande empatia, per tratteggiare Trump come un padre di famiglia che lotterà per i diritti di tutti. Ma parlava a un pubblico ben preciso, diverso da quello cui si è rivolta Melania, con cui, dicono, Ivanka ha pessimi rapporti. Melania parlava alle donne dei sobborghi, poco istruite. Ivanka alle donne bianche e istruite. Una missione studiata: nel 2016 Trump ha superato la Clinton nel voto femminile, ma in quattro anni ne ha perso una buona fetta. Deve recuperarla.

Nascerà una dinastia Trump sulla scia dei Bush?

Presto per dirlo. Come ho detto, Ivanka si è già candidata a questo ruolo. Oggi i repubblicani sono costretti a sostenere Trump, d’altronde è difficile remare contro un presidente in carica, darebbe un segnale di debolezza. Ci sono dissidenti autorevoli che non lo voteranno, come Colin Powell e George Bush, ma si tratta pur sempre di un’ala.

COVER-Shake-up-America

A due mesi dall’Election day, su cosa può inciampare il Tycoon?

Il Covid, va da sé. E a seguire i tumulti della comunità afroamericana. Che rimane la vera esclusa dal banchetto elettorale. Abbandonata nei fatti anche dai democratici, fa i lavori più umili, paga il prezzo più alto per la crisi economica.

A sentire Trump la crisi è già alle spalle.

Dipende cosa si intende per crisi e ripresa. Trump cita Wall Street in rialzo, il rating di Standard and Poors. Tutto vero. Ma l’economia reale si legge anche nella disoccupazione, che è ancora alta. Nell’ultimo mese, ci sono state un milione di richieste in più per i sussidi.

Nel suo libro, “Shake-up America” (Castelvecchi), racconta le elezioni americane, viste da un americano. Cioè?

Nel mio caso, americana a metà (ride, ndr). Si sente spesso dire che i corrispondenti non si muovono mai da New York e Washington. Un’accusa ingenerosa, che ha un fondo di verità. In America, il diavolo è nei dettagli. Oltre alle grandi metropoli, vanno comprese le comunità suburbane, i “Fly-over States”. Mai prendere uno Stato, una città come paradigma di questo Paese.

Un pronostico per chiudere. Quali Stati faranno da ago della bilancia?

Concordo con il Washington Post. Pennsylvania, Florida, dove risiede legalmente Trump, Wisconsin, Michigan. Perché hanno un alto numero di grandi elettori. Perché erano roccaforti democratiche, espugnate da Trump quattro anni fa, ma con uno scarto inferiore all’1%. Perché sono al centro dei tumulti della comunità afroamericana. Qui si giocherà il tutto per tutto.



×

Iscriviti alla newsletter