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Vaccino russo? Occhio, non è completo. Mentre in Italia… Parla Fabrizio Landi

Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato la registrazione del vaccino anti-Covid. Secondo lui ha superato tutti i test necessari, è pronto e anche molto sicuro, tanto che è stato somministrato persino a sua figlia nella fase di sperimentazione. Tuttavia, in questa corsa all’antidoto che sembrerebbe vinta da Mosca gli esperti sollevano alcuni dubbi.

In una conversazione con Formiche.net, Fabrizio Landi, presidente della Fondazione Toscana Life Sciences, ha spiegato i pro e i contro del vaccino russo sviluppato dal Gamaleya Research Institute di Mosca: “Questo centro di ricerca ha una certa reputazione anche in Occidente, ha anche lavorato sui vaccini di ebola. In questa corsa per chi arrivava prima, questo vaccino presenta una caratteristica che non sarebbe possibile nella ricerca occidentale: l’agenzia del farmaco russo ha autorizzato l’emissione in commercio in Russia non avendo completato le fasi di studi clinici”.

Qualsiasi farmaco o vaccino, infatti, ha bisogno di studi clinici che si dividono in quattro fasi: fase 1, fase 2, fase 3 e fase 4. Landi spiega che ognuna di queste fasi ha uno scopo particolare. Ma in generale, nella fase 1 e fase 2 si verifica principalmente che il farmaco o vaccino non faccia male e si ipotizza la dose giusta. Nella fase 3 e nella fase 4 si procede alla vera sperimentazione, per provare se pazienti sani esposti al virus restano immuni.

“Loro hanno completato in questi giorni la fase 1 e la fase 2 – sottolinea l’esperto -. Devono ancora iniziare la fase 3 e la fase 4. Questo non permetterebbe l’approvazione in Occidente”. Statisticamente le fasi cliniche del vaccino russo sono state eseguite su 2000 pazienti russi e 2000 pazienti in Medio Oriente, che è un numero abbastanza efficace. Il fatto particolare, che non nascondono, è che l’autorità russa abbia approvato il farmaco senza le due fasi cliniche”. Così in Europa, Stati Uniti, ma anche Giappone e Cina, tutti sono in attesa di vedere i risultati delle fasi 3 e 4, che stanno iniziando a fare.

In termini tecnologici “il vaccino russo è sullo stesso filone di quello su cui ha scommesso il governo italiano, della ricerca dell’Università di Oxford che coinvolge l’azienda AstraZeneca e l’Irbm di Pomezia”.

La caratteristica di questo vaccino è che è somministrato in due dosi: la prima ha un certo componente, e dopo 21 giorni si inietta un altro componente, un po’ diverso. Secondo Landi, questo vaccino “ha una certa validità teorica, ma non sappiamo niente sui risultati. Il vaccino russo è uno dei tanti che sono in sviluppo e usa una tecnologia, complessa, che però lascia meno dubbi sulla capacità produttiva”.

Nondimeno, l’esperto sottolinea che resta la perplessità che sia messo in commercio solamente dopo le prime due fasi di studi clinici, cosa che sarebbe impossibile in Europa e negli Stati Uniti: “Qui ovviamente c’entrata la geopolitica, il fatto di dire: siamo i primi […] e la Russia sta cercano partner in altri Paesi per la produzione” (qui l’articolo di Formiche.net sulla geopolitica del vaccino di Putin in America latina).

Una gara che agli Stati Uniti non interessa vincere velocemente, ma bene. Come ha dichiarato il segretario alla Salute americano, Alex Azar: “Il punto non è essere i primi. Ma è avere un vaccino che sia sicuro ed efficace. Questo è quello che sta chiedendo il presidente Trump”. Il rappresentante della Casa Bianca ha comunque assicurato che entro la fine di dicembre ci sarà un antidoto statunitensi.

Per Landi questo è molto probabile, poiché negli Usa ci sono almeno una quindicina di progetti in sviluppo: “La ricerca del vaccino è il più grande progetto della storia dell’umanità nel campo farmacologico. Molti gruppi stanno facendo la stessa cosa nello stesso tempo, con tantissimi investimenti. Nell’ultimo conto che abbiamo fatto ci sono almeno 120 gruppi”.

L’esperto sostiene che ci sono tantissimi progetti in Europa e in Italia, non solo quello  dell’Università di Oxford- AstraZeneca che coinvolge Pomezia: “Il governo italiano, insieme a quello tedesco, francese e spagnolo, hanno pre-acquistato 400 milioni di dosi quando il vaccino – ora in fase di sperimentazione – sarà pronto. E questo garantirà il vaccino per tutti gli italiani”.

C’è anche il vaccino che questi giorni comincia la fase sperimentale all’Istituto Spallazani, sviluppato dalla ReiThera di Castello romano, un gruppo di ricerca molto interessante, che hanno inventato uno dei vaccini contro ebola. “Questi gruppi stanno usando delle tecniche dello sviluppo dei vaccini molto veloci – spiega Landi -, che però potrebbero presentare problemi nella capacità produttive. In Italia c’è molto sui vaccini e sulle cure, come anche in Inghilterra e in Germania”.

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