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Così abbiamo chiesto verità sul virus. Parla l’avv. Todero (Fondazione Einaudi)

Una battaglia durata mesi. Passata per il Tar, poi per il Consiglio di Stato. Infine, dopo un estenuante braccio di ferro, chiusa con un successo. Questo mercoledì la notizia, in tarda serata: il governo ha inviato alla Fondazione Einaudi via Pec i file con i verbali del Comitato tecnico scientifico (Cts) sulla pandemia del Coronavirus finora rimasti segreti.

Non sono tutti. Ne mancano altri, e non poco rilevanti, come quelli della mancata zona rossa a Nembro e Alzano nella Val Seriana. Ma è comunque un’operazione di trasparenza rilevante, e insolita, perché è stata una Onlus a muovere la richiesta di accesso pubblico agli atti.

Ad avere la meglio nel confronto con la presidenza del Consiglio, che, tramite l’Avvocatura di Stato, aveva sostenuto di fronte al Tar la sussistenza di motivi di “sicurezza” e “ordine pubblico” per non divulgare i verbali, un tridente di avvocati della fondazione, Rocco Todero, Andrea Pruiti ed Enzo Palumbo, insieme al presidente Giuseppe Benedetto. Dopo la benedizione del Tar, lo stop del Consiglio di Stato, con un decreto firmato da una recente conoscenza della politica italiana, Franco Frattini, che ha semplicemente scelto di prendere tempo, senza però dare torto alla richiesta degli avvocati.

“È stata una battaglia di trasparenza”, racconta Todero a Formiche.net con un guizzo d’orgoglio. “Ogni dpcm indicava nella premessa la presenza di questi verbali del Cts come presupposto, quasi come motivazione dell’azione di governo. Il ragionamento filava così: poiché il Cts ha indicato questo, il governo si muoverà di conseguenza. Noi, senza alcun pregiudizio politico né giuridico rispetto all’adozione dei dpcm, abbiamo ritenuto opportuno sapere se le misure adottate erano proporzionate o comunque coordinate con i consigli dei tecnici richiamati nei provvedimenti”.

Un chiarimento, rispetto al clamore e alla ressa politica degli ultimi giorni. Il governo “non ha mai messo il segreto di Stato su questi documenti”, spiega l’avvocato. Però nei fatti segreti sono rimasti, per cinque mesi. Ed era giusto e necessario, continua, capire se davvero “sussistessero ragioni di ordine pubblico o sicurezza per non pubblicarli, se la loro pubblicazione avrebbe davvero creato panico e preoccupazione”. Oggi che sono pubblici, il verdetto è immediato: “Io non ho riscontrato questi elementi”, dice l’avvocato.

In effetti, una prima lettura dei verbali a tutto fa pensare tranne che a un pericolo per l’ordine pubblico. Ci sono sì dei retroscena interessanti su quelle giornate di marzo da tachicardia, quando Palazzo Chigi ha deciso, con l’appoggio di una parte dell’opposizione, di mettere sotto lucchetto non il Nord, ma l’intero Paese.

Come svelato da Formiche.net, quella decisione non era in linea con quanto suggerito dai tecnici due giorni prima della grande zona rossa istituita il 9 marzo. Il 7 infatti il Cts proponeva di istituire due distinte zone, una rossa per il Nord con “misure più rigorose”, una gialla per il centro-Sud, e di mantenere quest’assetto fino al 3 aprile.

“Il governo aveva proposto a noi e al Tar di pubblicare i verbali al termine dello Stato d’emergenza”, spiega l’avvocato della fondazione. Poi un intoppo: quell’emergenza doveva finire ai primi di luglio, ma il premier l’ha prorogata fino a metà ottobre. Troppo tempo per attendere di leggere i documenti del Cts.

Dice Todero: “Non è un dettaglio capire se il lockdown sia stata una scelta politica o supportata quasi esclusivamente da considerazioni tecnico-scientifiche, ovvero se le decisioni del governo siano state proporzionali e proporzionate alle raccomandazioni del Cts o siano andate oltre”. “Parliamo della più grande e incisiva limitazione delle libertà personali, del diritto al lavoro, della manifestazione di libertà religiosa della storia repubblicana, una fase che ha toccato il cuore della forma dello Stato liberal democratico”, aggiunge.

In effetti, l’operazione della Fondazione Einaudi nella sua imparzialità ha permesso di rivelare qualcosa di più di semplici cavilli legali. L’imposizione della Zona rossa a tutto il territorio nazionale ha calato il sipario delle attività commerciali ed economiche di tutto il Sud, anche in regioni che, stando alle cifre della Protezione Civile, il 9 marzo facevano i conti con un impatto del virus non paragonabile al Nord (Basilicata 5 contagi, Molise 14, Calabria 11). Era davvero necessaria il 9 marzo? È una domanda che adesso entra di diritto nel dibattito pubblico.

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