Altro che Belt and Road. In Italia, al massimo, i cinesi costruiscono la “garlic road”. Parola di Alberto Forchielli, economista e fondatore di Mandarin Capital Partners, che raggiunto da Formiche.net invita a non dar troppo peso alla visita a Roma questo martedì del ministro degli Esteri cinese Yi Wang. Perché? Perché “sul piano diplomatico, in Italia, la Cina non ha fatto alcun progresso”. E quindi, prosegue, con il ministro Luigi Di Maio alla Farnesina l’alta feluca cinese “avrà poco di che discutere”.
“Parliamoci chiaro. Dal 5G alla Via della Seta, non c’è un solo piano dei cinesi che sia andato in porto in Italia”, dice Forchielli. Sulla partita per la rete di quinta generazione il bilancio dell’economista emiliano è nettissimo. “L’Italia non prenderà il 5G di Huawei. Tim ha già rifiutato, il Copasir continua a chiedere di usare il golden power. All’estero, in Cina, il nostro Paese viene collocato all’interno di quelli dove la partita per il 5G cinese è già persa. Come l’Inghilterra, l’Australia, il Giappone. E non era scontato che finisse così”.
Complice il “perimetro cyber” messo in piedi dal governo che, irrobustito un dpcm alla volta, ha preso le forme di un “cappio” per i fornitori cinesi. Nessuna esclusione formale, ma, come svelato su Formiche.net, un progressivo irrigidimento delle prescrizioni per gli operatori in Italia che rende poco conveniente lavorare con le aziende del Dragone.
“È in Germania, non qui, che si giocherà il tutto per tutto per la rete cinese. È Berlino, non Roma, il bastione che deve crollare”, dice allora Forchielli. Angela Merkel, unica nocchiera della politica estera europea, darà il benservito alle aziende cinesi? “No – sentenzia – non lo farà. La Germania è troppo investita in Cina per rinnegare Huawei. E i cinesi hanno una leva fondamentale, l’automotive, Volksvagen lì è il primo produttore”.
Non è dunque alla Farnesina che si deciderà il risultato finale della partita con gli Stati Uniti. “Come è percepita l’Italia in Cina? Come un Paese di imbecilli – dice Forchielli – un Paese che si compra con poco, inaffidabile, che non mantiene le promesse. Non è strategico come si possa pensare. E poi i cinesi sono convinti che, all’occasione, hanno i Cinque Stelle in tasca”.
Altrove si tireranno le fila. “In Europa la battaglia per il 5G è ancora in bilico. Gli americani sembravano sconfitti in partenza, non è andata così. Huawei è presente a macchia di leopardo. Ma le sanzioni del Dipartimento del Commercio americano hanno reso i suoi prodotti poco affidabili, e più contendibile il mercato europeo, perché l’azienda non riesce più a rispettare le consegne, né può usare equipaggiamento con chip americani. Diverso è il caso dell’Asia, dell’Africa, dell’America Latina e dei Paesi in via di sviluppo, che hanno già fatto la loro scelta, abbracciando la tecnologia cinese”.
Quanto alla nuova “Via della Seta”, un anno fa celebrata a Roma con grandi fanfare durante la visita di Xi Jinping, c’è poco di che preoccuparsi, chiude Forchielli. Perché se è vero che la diplomazia americana ha acceso un faro sugli investimenti nei porti (e il Copasir, per ultimo, sul porto di Taranto), è anche vero che, per il momento, nulla si muove. “È tutto fermo. A Trieste, perfino a Genova gli investimenti non sono arrivati. E in Italia come altrove la Via della Seta non è pervenuta”.