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Così Raggi ha fatto scacco al Pd. Ma dopo le regionali… Analisi di Picardi

La conferma in Campidoglio si preannuncia tutt’altro che scontata, ma intanto Virginia Raggi riesce a mettere in cascina un primo utile punticino nella corsa verso le elezioni capitoline del 2021. La sindaca grillina ha giocato d’anticipo e colto di sorpresa gli avversari, soprattutto quelli che avrebbero puntato a un’alleanza da siglare in suo danno. D’altronde pochi giorni fa il vicepresidente della Regione Lazio, Daniele Leodori, era stato perentorio. “Sì all’accordo con i cinquestelle ma solo senza l’attuale primo cittadino”, aveva dichiarato a Formiche.net. il braccio destro di Nicola Zingaretti.

Tempo pochi giorni ed ecco la risposta ancor più chiara arrivata dal mondo pentastellato: Raggi si ripresenterà agli elettori romani, addio a qualsiasi ipotesi di intesa, salvo che il Pd non decida alla fine di sostenerla. Scenario difficilissimo da immaginare visto il tono delle ultime dichiarazioni e il livello di scontro che ha caratterizzato gli anni della sindaca in Campidoglio. Certo, come ha insegnato l’estate dell’anno scorso, in politica mai dire mai, ma stavolta è davvero complicato credere che il Pd possa cambiare improvvisamente una posizione radicata negli anni e ribadita a ogni occasione utile.

Di possibili alleanze a Roma l’impressione è che se ne riparlerà eventualmente al ballottaggio dove con ogni probabilità il candidato del centrodestra, al momento ancora lontano dall’essere individuato, se la vedrà con quello del centrosinistra oppure con Raggi. Che intanto ha alzato la posta con la decisione di rimettersi al centro del villaggio: lei è in campo, chiunque voglia correre per Roma dovrà vedersela con la sua ricandidatura. La corsa per il secondo mandato non è ancora scritta nella pietra – ci dovrà essere un voto su Rousseau – ma a questo punto può essere sicuramente considerata l’opzione più credibile, a meno di colpi di scena verso fine anno quando il gioco inizierà a farsi duro.

A quel punto non si può neppure escludere che Raggi possa rimettere in discussione tutto, ma certo forte di un potere negoziale nel frattempo sensibilmente accresciuto sia dentro il Movimento che nei confronti del Pd. Tradotto: se ragioni di convivenza a livello nazionale imporranno la ricerca di un nome condiviso – Roma è pur sempre Roma e le comunali del 2021 arriveranno dopo il voto del prossimo 20 settembre in cui Pd e M5S si presenteranno quasi sempre separati – la sindaca si sarà messa nelle condizioni di poter mollare solo a fronte di una proposta indecente. Altrimenti, ed è l’ipotesi dicevamo più probabile, si sottoporrà di nuovo al voto dei romani mentre il Pd e il centrosinistra dovranno cimentarsi con la sfida di trovare un candidato capace di piacere agli elettori M5S sia al primo turno che, eventualmente, al secondo.

Una missione resa difficile soprattutto dalla corsa a sfilarsi da parte di molti dei big che di volta in volta sono stati tirati in ballo in queste settimane. Ma c’è ancora un po’ di tempo: non è detto che il nome giusto non arrivi nei prossimi mesi.

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