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Virus, scarafaggi e politicanti. La riflessione di D’Ambrosio

Il titolo originale è “The Cockroach” – “Lo scarafaggio” – ed è l’ultimo romanzo di Ian McEwan, in traduzione italiana da qualche settimana. Ironico e spassoso, quanto arguto e feroce, ci presenta una lettura della Brexit che ha da insegnare molto a chi è lontano da un Exit dalla Comunità Europea come a chi la accarezza tra sogno e realtà. Ma c’è più del solo problema della Brexit. Con un tocco di humour nero (solo nelle prime pagine) l’autore è capace di far sorridere e, al tempo stesso, pensare nel momento in cui “la disperazione incontra lo sberleffo”. La disperazione è quella dei cittadini che assistono all’irrazionalità che va al potere, a una serie di danni che questo provoca, a delle assurdità, che in alcuni casi perpetra. Lo sberleffo è il modus operandi dei politici.

La trovata assurda del romanzo si chiama “inversionismo”. Cosi astrusa che ci vuole un po’ di tempo per riuscire a capirla. In sintesi: una teoria economica per cui la gente paga per lavorare e quando fa shopping viene pagata: tutti devono lavorare per spendere soldi, tutti devono fare shopping per avere quelli necessari al lavoro. Cosi assurda, quanto stupida. Eppure fa proseliti. Ma non basta. Il guaio è che tutti, politici e cittadini, sono presi dalla “gioiosa sensazione che il mondo si andasse configurando in base ai loro sogni. Che la Storia fosse dalla loro parte”.

Non c’è bisogno di essere vissuti in Inghilterra ai tempi della Brexit (o dopo) per fare esperienza di politici che vivono fuori dal mondo e vendono frottole a destra e a manca. Non si chiamerà inversionismo, ma non sono da meno alcune forme di populismo (su migranti sempre nemici, cospiratori occulti in agguato, sistema democratico in pericolo ecc); per non parlare delle ultime forme di “negazionismo”. Da Berlino a Roma, da Milano a Washington, da Calcutta a San Paulo cresce il numero di coloro che affermano che il virus è un’invenzione e le misure sanitarie un’esagerazione e che dobbiamo tornare alla normalità quanto prima.

Con un po’ di onestà, anche cruda, bisognerebbe dire che stiamo parlando di “casi clinici” acclarati, non a caso Ian McEwan si ispira a “La Metamorfosi” di Kafka. Tuttavia se tutto fosse limitato ai confini di una clinica psichiatrica il danno sarebbe contenuto. Il problema, invece, è che alcune teorie e atteggiamenti si diffondono, anche grazie ai social, in larghi strati della popolazione. McEwan scrive che si tratta di “una polvere magica comune a tutti i movimenti populisti che attualmente attanagliano l’Europa, gli Stati Uniti, il Brasile, l’India e molte altre nazioni”. Mentre leggo il romanzo mi vengono in mente molti volti di politici che riempiono la scena nazionale e internazionale. Continuo a leggere: “La ricetta di questa polvere magica ci è ormai ben nota: sfrenata irrazionalità, ostilità verso lo straniero, rifiuto di un’analisi seria della realtà, diffidenza nei confronti degli esperti, ribalda parzialità in favore della propria nazione, appassionata fiducia nelle soluzioni facili…”. Uno dei meriti del romanzo è quello di aver “trascritto” in romanzo quanto la letteratura sul populismo insegna da anni (in primis il testo di Yves Mény e Yves Surel).

La domanda resta la stessa: come difenderci dalla polvere magica dei vari populisti? E soprattutto come aiutare amici e conoscenti a smascherarla? Sicuramente conosciamo diversi che, ai vari populisti, hanno offerto il loro consenso e impegno, spesso in maniera entusiasta. Confrontandomi con amici statunitensi, spesso, colgo in loro le stesse preoccupazioni che abbiamo noi. Come altri cittadini italiani nei confronti dei leader demagogici e populisti molti cittadini, di Paesi anche con caratteristiche diverse, mostrano quella che Fromm chiama “passione idolatra” (1990). Come chiamereste gli atteggiamenti di alcuni cittadini nei confronti dei vari Salvini, Trump, Erdogan se non una forma di idolatri? Perché è successo tutto ciò?

Sembrano emergere due cause principali: la carenza formativa e la ricerca di potere e privilegi economici derivanti dall’adesione idolatra a tali leader. Il deficit di formazione politica, cristiana o laica che sia, fa emergere il profondo bisogno di credere in un personaggio che si proponga come onnisciente, potente, capace di proteggere e di prendersi cura del singolo. Mancando oggi forma di discernimento si seguono uomini politici, aventi come comune denominatore l’atteggiamento combattivo, assertivo, narcisistico, rassicurante, decisionista e onnipotente, come se si trattasse di semidei. L’ignoranza sembra essere il terreno su cui cresce questa passione idolatra. Non a caso Milani scrisse sul muro di una sua aula: “L’operaio conosce 100 parole, il padrone 1000, per questo è lui il padrone”. È la conoscenza, prima di tutto, che ha reso qualcuno padrone e l’operaio spesso subisce proprio perché sa di meno.

Molti problemi si amplificano, anche patologicamente, perché, mancandoci gli strumenti per interpretare le prassi di potere, li consideriamo tabù, li viviamo come fonti di paure e squilibri, come veri e propri pericoli. E subire il potere, sotto tutti i punti di vista, è sempre motivo di danni al nostro equilibrio psico-fisico.

Il rapporto con i leader è un fenomeno complesso. Compiere un’attenta valutazione è un’opera impegnativa: essa si basa sulla fatica di studiare e di raccogliere quanto più elementi possibili sul leader e sul suo mondo. Non a tutti è dato di acquisire un sapere specialistico in materia, ma tutti dovrebbero, per il loro benessere e la loro salute, conoscere i processi istituzionali e di potere in maniera sufficiente e relativamente proporzionata al ruolo svolto. In particolare, è importante acquisire gli strumenti basilari provenienti da saperi quali l’antropologia, l’etica, la sociologia, la psicologia, la scienza politica, il diritto, l’economia. Attingendo ad essi possiamo dotarci di quelle nozioni sufficienti per compiere una corretta valutazione e, ove conveniente, tramutarla in rispetto e fiducia in chi detiene un potere. È l’ignoranza dei cittadini uno degli elementi che fortifica i nuovi leader demagogici. Pochi anni prima di don Milani, Bonhoeffer, a proposito, avrebbe detto che “la potenza dell’uno richiede la stupidità degli altri”.

(Foto: cover “Lo scarafaggio”, Ian McEwan, Einaudi)

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