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Non solo 5G. La Cina mira all’Africa, con l’aiuto di Macron. Parla Kiesewetter (Cdu)

Berlino germania

Berlino non è Parigi, Angela Merkel non è Emmanuel Macron. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha concluso il suo tour europeo nella capitale tedesca senza ricevimenti imperiali. Segno che il Paese, oggi vero nocchiero della politica estera Ue, non ha intenzione di stendere tappeti a Xi Jinping. Rimangono però tante contraddizioni. Su tutte, ammette in questa intervista il deputato tedesco Roderich Kiesewetter, responsabile degli Esteri della Cdu, la rete 5G tedesca, dove la cinese Huawei ha già messo un piede. Ma ci sono altri fronti. In Africa, dice a Formiche.net, l’Ue si sta facendo soffiare il continente dalla Cina. Con la complicità dei francesi.

Che bilancio fa della visita di Wang?

Una tappa fondamentale, per la Cina soprattutto. La Germania è un tassello chiave per la strategia cinese in Europa, che consiste nel dividere i Paesi Ue uno ad uno, impedendo una posizione comune. I casi del Pireo in Grecia e dei porti italiani come Genova sono esemplari. Peraltro il summit fra capi di governo con le controparti cinesi di metà settembre è stato posticipato al prossimo anno.

In Germania cosa pensano delle sirene cinesi?

In Parlamento e all’interno della stessa coalizione molti non condividono la linea del governo. O meglio chiedono, me compreso, una più strenua difesa dello Stato di diritto e una decisa condanna delle violazioni dei diritti umani a Hong Kong e in Xinjiang, delle prepotenze a Taiwan e nel Mar cinese meridionale. Se non lo facciamo noi europei perdiamo ogni credibilità.

Maas è stato abbastanza risoluto?

Credo di sì. Sia Maas che i socialdemocratici sono sempre più critici della soppressione di uiguri e democratici a Hong Kong, così come del 5G a Huawei. Il ministro è uno strenuo avvocato dei diritti umani e ha ben chiara la distinzione fra rivale sistemico e competitore commerciale.

Cosa ne sarà del 5G tedesco?

Su questo fronte abbiamo davvero fatto pochi passi. La Germania ha una posizione troppo morbida. Sono state modificate alcune leggi sulla sicurezza degli equipaggiamenti It, ma non hanno passato il vaglio del Parlamento. Nel frattempo il nostro primo operatore nazionale, Telekom, ha già incluso i dispositivi Huawei nella sua rete.

Si fa un gran parlare di una soluzione europea.

Sono scettico. L’Europa finora non ha dato risposte, neanche l’ombra di una strategia. Non sarà la Germania a rompere gli indugi, purtroppo. Qui il ministero dell’Interno segue la linea ufficiale, le Commissioni Affari Esteri e Affari economici del Bundestag sono molto più restie. In linea di massima siamo tutti d’accordo sulla necessità di una stretta normativa. Ma inutile illudersi: ci vorrà troppo tempo, ed entreranno in vigore quando la tecnologia Huawei sarà già stata installata.

Ancora sulla Cina: un documento della Commissione Ue invita a ridurre la dipendenza dalle catene di fornitura cinesi. Terre rare, medicinali, tecnologia. Si può fare?

Si deve fare. Abbiamo bisogno di un piano d’azione per aumentare la resilienza dell’Ue in aree selezionate, come le telecomunicazioni, la produzione di materiali medicali e sanitari, terre rare, e in generale le catene di fornitura di settori strategici, penso all’automotive. La pandemia ha lanciato un campanello d’allarme che non possiamo ignorare: in troppi di questi settori l’Ue dipende dalla Cina.

Tanti di questi materiali sono prodotti in Africa centro-orientale. Lì è Pechino a dare le carte, non Bruxelles.

Questo è un serio problema. Un bene che l’Ue inizi a pensarci, anche se sull’Africa scontiamo un grave ritardo. Sia l’Europa che la Cina vantano una presenza consolidata in termini di investimenti infrastrutturali. C’è una differenza però. L’Ue come pre-condizioni chiede una buona governance, un sistema fiscale efficiente e la lotta al crimine e alla corruzione. I cinesi no. Per questo i governi locali scelgono loro: costa molto di meno.

Ricevendo Wang all’Eliseo, il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato un’intesa fra Cina e Francia per cooperare in Africa. Sembra incompatibile con il piano Ue di cui lei parla.

Un grave errore. Macron lo commette perché sta cercando l’occasione giusta per diventare il leader Ue superando la Merkel. Per farlo, continua a bypassare Italia, Spagna, Polonia. L’intesa per cooperare con la Cina in Africa manca di lungimiranza. Di chi si fideranno ora i Paesi che si sentono abusati dal governo cinese come Ghandia, Ghana, Tanzania? Della Russia?



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