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Così si batte il 5G cinese (sul mercato). La ricetta di Watts (Atlantic Council)

Se non puoi cambiare i giocatori, cambia le regole del gioco. C’è una soluzione al braccio di ferro geopolitico sul 5G fra Cina e Stati Uniti che non passa per l’esclusione diretta di operatori cinesi accusati di spionaggio come Huawei o Zte. Si chiama O-Ran (Open-Radio Access Network) ed è un piano d’azione per rivoluzionare il mercato della banda ultralarga e renderlo sempre meno dipendente da Pechino.

“Un approccio aperto, resiliente, agile e innovativo per l’era digitale”. Così l’ha definito John T. Watts, senior fellow dell’Atlantic Council di Washington DC, esperto di telecomunicazioni con un passato al Pentagono e al ministero della Difesa australiano. Ospite del Centro Studi Americani per il convegno “Open 5G – L’alternativa americana al 5G” insieme all’ex direttrice Carlotta Ventura, al vicepresidente di Tim Alessandro Picardi, il vicepresidente del Copasi Adolfo Urso, il presidente di Hpe Stefano Venturi e Andrea Morbelli, partner di Open Gate Italia, l’esperto americano ha spiegato perché, con una rivoluzione copernicana del mercato del 5G, si può risolvere alla radice il problema della dipendenza cinese.

Un tema particolarmente caldo, mentre Roma si prepara ad accogliere il segretario di Stato americano Mike Pompeo, pronto a incontrare questo mercoledì i vertici del governo italiano con un’agenda che vede proprio la sicurezza del 5G in cima.

Nata sulla scia del dibattito americano per la sicurezza del 5G, la O-Ran Coalition è una coalizione industriale che comprende decine fra i massimi operatori mondiali delle telecomunicazioni, compresi i campioni del 5G europeo, la finlandese Nokia e la svedese Ericsson.

La filosofia di fondo è semplice: sviluppare apparecchiature Ran aperte, e incoraggiare la nascita di società hardware che costruiscono reti radio mobili sulla base di prodotti open-source e modulari. Come ha spiegato in una recente intervista a Formiche.net l’ex numero uno della Fcc (Federal communication commission) Tom Wheeler, tra i massimi avvocati dell’O-Ran,  si tratta di “un sistema in cui i protocolli e le interfacce nella Ran sono aperti, ovvero un mercato in cui le reti sono costruite con un approccio modulare e viene ridotta la dipendenza da un singolo fornitore”.

La soluzione al duello Cina-Usa sul 5G, ha spiegato Watts al Csa, è di mercato. “L’alternativa non è una soluzione americana. La maggior parte della tecnologia, e certamente gran parte delle aziende chiave che producono queste reti, sono scandinave, coreane, giapponesi”.

La chiave di volta è allora “un nuovo modello industriale”. Con il modello O-Ran, l’Italia, l’Ue non dovrebbero più preoccuparsi della posizione predominante di mercato di Huawei o altre aziende legate a Pechino. “L’hardware viene ridotto in componenti, e designato con un ampio e concordato set di standard, può essere usato in maniera interscambiabile. Questo vuol dire che un’azienda giapponese può fornire le antenne, che a loro volta lavorano con una Ran sud-coreana che utilizza chip americani sulla base di un software prodotto… altrove”.

Passare da un mercato verticalizzato a un mercato modulare, costruito sull’apertura di protocolli e interfacce fra i sottocomponenti (antenne radio, hardware, software), non solo può potenzialmente abbattere i costi ma, avvisa l’esperto dell’Atlantic Council, ha enormi implicazioni sul fronte della sicurezza, perché riduce la dipendenza da un singolo fornitore, che è il vero cruccio statunitense nei confronti del predominio di mercato del 5G cinese.

In fondo, è la stessa intuizione che ha portato questo martedì la Commissione Ue a lanciare “un’alleanza per le materie prime”, preceduto da un Libro bianco sulle Terre rare e la necessità di ridurre la dipendenza delle catene di forniture europee.

Oggi il mercato del 5G, ha detto Watts al Csa, favorisce “una manifattura centralizzata di componenti verticalmente integrate come parte di soluzioni end-to-end. Esattamente il modello di business che il governo cinese ha perfezionato per anni”.

Sfidare le aziende cinesi sul piano industriale è l’unico modo per fermare la loro avanzata nell’implementazione delle reti 5G europee e non solo, spiega Watts. Una vera e propria cavalcata: “Un think tank cinese sostiene che entro il 2025 il governo cinese avrà investito nel 5G una cifra fra i 134 e i 223 miliardi di dollari”.

Il monito dell’esperto americano resta netto: con il modello O-Ran o con un bando delle aziende sospette di spionaggio, il 5G cinese rimane una minaccia alla sicurezza dei dati.

“Per lo Stato cinese, il 5G è molto più di un obiettivo economico. È un elemento integrale della Belt and Road initiative (Bri)”. Il modus operandi cinese è ormai consolidato. “Il governo cinese usa aiuti esteri e prestiti a tassi agevolati per lo sviluppo della tecnologia 5G e dei servizi con uno sconto di circa il 25%. Dal momento che i network end-to-end possono costare tra i 10 e i 100 miliardi di dollari, se non di più, uno sconto del genere ha un enorme impatto”. Dopo due o tre anni iniziali, spiega Watts, i costi per gli operatori “possono levitare. La Cina insiste ad impiegare un esercito di suoi lavoratori nell’industria tech per gestire la rete, limita la manodopera e i benefici economici della nazione ospitante”.

Di più, aggiunge l’esperto: “Crea vulnerabilità allo spionaggio cinese – non solo derivanti dalla mancanza di sicurezza dei dati nella rete, ma da una rete di fornitori di servizi che crea a sua volta una rete Humint (Human intelligence, ndr)”. Il risultato è il controllo “del sistema nervoso dell’economia ospitante”, con conseguenze politiche imprevedibili. “Ti lamenti della persecuzione degli uiguri, o dell’invasione di Taiwan? Vi spegniamo internet e l’economia online”.

Una lezione che l’Italia e i Paesi europei ancora in bilico non dovrebbero scordare. “La tecnologia – dice lo studioso dell’Atlantic Council – è inerentemente una manifestazione dei valori di chi la disegna”. “Perché l’Alfa Romeo è così semplice da guidare? Perché i suoi designers danno valore all’ergonomia”. Lo stesso vale per Huawei e gli altri fornitori cinesi: “I loro network saranno inerentemente soggetti alla legge cinese che chiederà di aderire ai principi di lotta al libero mercato e alle opinioni liberali”.



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