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Basi segrete e armi misteriose. Tutti i miti sugli Usa secondo il gen. Arpino

Il sistema d’arma “incredibile” di Donald Trump, quello che “nessuno ha avuto prima o può immaginare”, a giudicare dalla data delle interviste rilasciate a Bob Woodward, è abbastanza datato. Questo spiega un’altra cosa “incredibile”, ovvero il rilascio di queste informazioni, sia pure criptate: allora Trump era un neofita, alle prime esperienze come comandante in capo, smanioso di essere riconosciuto dal mondo intero come tale. In parte c’è riuscito, al prezzo della prima di una lunga serie di arrabbiature dei suoi generali e di una rincorsa da parte di russi e cinesi. Nel merito del “sistema”, allo stato attuale c’è ben poco da aggiungere alle analisi puntuali proposta già nei giorni scorsi, su queste pagine (qui e qui).

È assai probabile che si tratti di una combinazione della nuova testata “pulita”, la cui disponibilità era già stata resa nota, associata a un vettore orbitante a rientro ipersonico manovrante, magari reso automatico da uno dei più recenti algoritmi per l’intelligenza artificiale. Più sicuro o più pericoloso dei vecchi sistemi “classici”? Difficile dirlo. Più sicuro per la precisione e la carica ridotta, definibile come “pulita”. Più pericoloso, perché queste caratteristiche potrebbero indurre a un’utilizzazione reale (automatica o comandata), che superi il concetto di deterrenza. Non è escluso che sia stata proprio la maturazione del sistema e la sua disponibilità nella panoplia degli armamenti a far sì che Trump disponesse l’accelerazione della costituzione del Comando Spaziale.

Se vogliamo spendere due parole sulla dottrina, appare da tempo evidente come negli Usa lo Spazio militare – il nuovo concetto di “MilSpace” – abbia determinato la revisione del vecchio concetto di “Air Power”, tanto da trasformarlo in quello assai più ampio di “Space Control”. Con buona pace del vecchio trattato sull’uso militare dello Spazio, oggi nessuno più si scandalizza quando si parla di capacità routinaria di distruggere costellazioni di satelliti altrui (l’atomica pulita a bassa potenza potrebbe servire anche a questo), per cui sono previsti “live fire tests in Space”. Non tutti sanno, ad esempio, che sono già da tempo in fase di operatività due gruppi, gestiti ancora dall’Usaf, dedicati allo Space Control. È anche possibile dare qualche dettaglio. A Shriever AFB, Colorado, ha sede il 527° Space Aggressor Squadron, con la missione di studiare, riprodurre e sperimentare operativamente i mezzi di contrasto spaziali dei potenziali avversari. Sulla stessa base, il 76° Space Control Squadron ha invece il compito di sperimentare modelli e prototipi per la guerra nello Spazio. Quindi, guerra nello Spazio e dallo Spazio per abilitare le operazioni di superficie. Il mantra è: “Conseguire il dominio militare dello Spazio per impedirne l’utilizzazione ai possibili avversari”.

La pubblicità data in questi giorni alle dichiarazioni di Trump riportate nel nuovo libro di Woodward (Rage, rabbia) potrebbero anche ridestare (accade periodicamente) l’interesse pubblico sulle due tanto discusse e “congetturate” aree sperimentali che gli Usa avevano istituito e più volte ristrutturato nel deserto del Nevada e dell’Utah oltre settanta anni or sono. Si tratta delle famosissime (per segretezza) Area 51 (Nevada Test Site) ed Area 52 (Tonopah Test Range and Training). Esistenza di entrambe mai ammessa dal governo, fino a quando nel 2003 George W. Bush ne fece un veloce accenno. Anni dopo Barack Obama e, successivamente, Hillary Clinton affermarono in campagna elettorale che avrebbero svelato il segreto, ma nessuno dei due mantenne la promessa. Quanto ci vorrà perché, nell’immaginazione popolare, oltre a dishi volanti ed extra-terresti, le due aree ospitino anche l’arma “incredibile” di Donald Trump?

A proposito di armi segrete, non avendo altre notizie certe da condividere, penso possano essere di interesse un paio ricordi personali. Nell’ottobre 1944 ero un ragazzino che frequentava la seconda elementare, in un paesino sul confine nord-orientale. Lassù la guerra non era ancora finita, eravamo nel territorio della Repubblica sociale italiana (Rsi) e la sera tutta la famiglia ascoltava le novità al giornale radio. Ricordo ancora che una sera, dopo le notizie, ascoltammo un discorso sulle “nuove armi” che avrebbero portato i tedeschi alla riscossa, con inevitabile vittoria finale.

Parlava un certo Padre Eusebio, capo capellano militare delle forze di Salò, descrivendo razzi stratosferici transoceanici, in grado di colpire New York, altri razzi in grado di colpire Londra, aeroplani da caccia velocissimi in grado di abbattere intere formazioni di fortezze volanti e, dulcis in fundo, una bomba potentissima, che nessuno ancora possedeva, in grado di distruggere ogni cosa disgregando la materia… Ricordo bene quel discorso perché a casa se ne era parlato molto, ed anche a scuola. Eravamo un po’ scettici, ma alcune di queste armi c’erano davvero. Sessant’anni dopo questi ricordi mi sono stati utilissimi, quando lo scrittore e giornalista già corrispondente di guerra Luigi Romersa mi chiese di stendere una prefazione per il suo ultimo libro, intitolato “Le armi segrete di Hitler”. Era il 2005. La scrissi con piacere ma con tanta emozione, vista l’autorevolezza del personaggio. Oggi, quindici anni dopo, continuiamo a parlare di armi segrete. Nulla di nuovo sotto il sole.


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