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Ipersoniche e spaziali, le armi incredibili degli Stati Uniti spiegate da Spagnulo

Sei marzo 2018. A Washington nella grande Ballroom dello SphinxClub si tenne un evento di gala sponsorizzato dalle principali industrie aerospaziali statunitensi, e il clou della serata fu lo speech del dottor Michael Griffin, appena nominato sottosegretario per Ricerca e sviluppo del Pentagono.

Griffin era – ed è tuttora – un personaggio di spicco del mondo aerospaziale Usa: cinque lauree e un PhD in ingegneria aerospaziale, fu nominato dal presidente Ronald Reagan chief technology officer della Strategic Defence Initiative (Sdi), poi diresse un incubatore tecnologico finanziato dalla Cia, nel 2005 era a capo dello Space Department presso la Johns Hopkins University nel Maryland quando il presidente Bush lo nominò amministratore della Nasa, che guidò per quattro anni, infine assunse incarichi dirigenziali presso varie aziende aerospaziali. Ovvio che le sue parole fossero attese con impazienza dal selezionato pubblico di amministratori delegati e alti funzionari civili e militari, anche perché il suo ufficio al Pentagono gestiva un budget annuale di oltre 17 miliardi di dollari.  

Griffin era noto per la sua costante ricerca della cosiddetta “Disruptive Innovation” e nel passato si era spesso lamentato della burocrazia del Pentagono, la più importante agenzia governativa militare del mondo. Ma, in quel momento, ne era uno dei funzionari di punta. Tutti i suoi predecessori avevano dato la priorità a un’ampia ricerca su argomenti come l’interazione Man-Machine, le radiocomunicazioni spaziali o la guerra sottomarina. Eppure, quella sera Griffin volle segnalare un cambiamento importante con significative conseguenze per tutte le aziende presenti: “…mi dispiace per tutti quelli che sostengono le loro priorità tecniche, non è che non sia d’accordo ma ci deve essere una priorità primaria, e la mia è l’ipersonico…”, affermò subito, “…questo è un Paese che ha prodotto una bomba atomica sotto lo stress della guerra in tre anni dal giorno in cui abbiamo deciso di farlo, quindi questo è un Paese che può fare tutto ciò di cui abbiamo bisogno e che la fisica consente. Dobbiamo solo andare avanti…”.

Quella sera Griffin fece esplicito riferimento a un nuovo tipo di arma rivoluzionaria capace di volare manovrando a più di 15 volte la velocità del suono e in grado di colpire quasi tutti i bersagli al mondo in pochi minuti. I missili ipersonici appunto, che piombano sugli obiettivi in un lampo accecante e distruttivo prima di qualsiasi boom sonico e sono troppo veloci per le contromisure radar. Nel 2018, il Congresso approvò una legge che richiedeva la disponibilità di un’arma ipersonica operativa dal 2022 e, infatti, l’anno seguente il budget per la Difesa proposto dall’amministrazione Trump comprendeva 2,6 miliardi di dollari il primo anno per questi sistemi d’arma e 5 miliardi per il seguente.

Gli appalti industriali furono subito assegnati e la parte del leone la fece la Lockheed Martin che si aggiudicò oltre 1,4 miliardi di dollari per realizzare entro un biennio dei prototipi di missili ipersonici da lanciarsi dagli F-15 o dai B-52 dell’Air Force. Un compito non facile: nei fatti gli sviluppi tecnologici statunitensi duravano da molti anni e non erano stati esenti da fallimenti. Nel 2012 andarono persi due prototipi e un terzo fu deliberatamente distrutto due anni durante un test di volo per problemi con le ceramiche che dovevano proteggere l’elettronica di bordo dall’intenso riscaldamento dei materiali. Ma, sin dal suo insediamento, l’obiettivo dell’amministrazione Trump è stato quello di “industrializzare” la produzione del missile ipersonico e per questo fine Griffin costituì anche una nuova Space Development Agency, così da sviluppare una rete di satelliti in orbita terrestre per il tracciamento dei missili ipersonici, sia quelli in arrivo dagli avversari che quelli lanciati dagli Usa.

Tuttavia a proposito dei nuovi sistemi spaziali Griffin dichiarò anche che “…il sistema spaziale non avrà un unico scopo, ma avrà anche una propria capacità di combattimento, una rivoluzionaria War-Fighting capability”. È del tutto plausibile che la SDA sia ora confluita nella Space Force istituita recentemente. Per concludere circa l’arma rivoluzionaria “svelata” da Trump a Woodward, sarebbe bastato riprendere le dichiarazioni del solito Griffin lo scorso mese di marzo presso la conferenza annuale di McAleese & Associates a Washington: “…siamo effettivamente al punto di avere in mano la tecnologia per i veicoli ipersonici con propulsione a razzo (Rocket-boosted) quindi faremo un investimento importante nella produzione di armi ipersoniche su larga scala, un investimento di molti miliardi di dollari…”. Pochi giorni prima di questa dichiarazione l’Air Force aveva effettuato un test nel Pacifico lanciando con successo da un bombardiere B-52 un C-HGB – Common Hypersonic Glide Body – ribattezzato da Trump missile “Super Duper”. Il C-HGB è in fase di sviluppo congiunto da parte delle diverse Forze Armate ed è previsto che trasporti una testata convenzionale, ma potrebbe anche imbarcare carichi nucleari a cosiddetto “minor carico esplosivo”. Quindi forse l’anticipazione del libro di Woodward più che uno scoop potrebbe essere solo una conferma di quanto alti esponenti del Pentagono, discretamente, dichiarano da anni.



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