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Caso Zhenhua, il Copasir indaghi sui dati cinesi. Parla Zennaro

Grande Fratello, 2.0, versione cinese. Zhenhua Data, società tech con base a Shenzen, da due anni gestisce un archivio con informazioni su centinaia di migliaia di cittadini stranieri. Nella sezione dedicata all’Italia ci sono 4544 nomi fra politici, personaggi pubblici, prelati, attori, criminali, perfino i loro affetti e parenti, con tanto di indirizzo, data di nascita, stato civile, precedenti penali.

È un quadro allarmante quello rivelato da uno scoop del Foglio insieme ad altre testate internazionali che hanno avuto accesso al maxi-database grazie al leak di Chris Balding, accademico americano vissuto per anni in Cina, e a una società di cyber-security australiana, Internet 2.0.

“Sembra di stare nel film Le vite degli altri commenta con Formiche.net Antonio Zennaro, deputato del gruppo misto e componente del Copasir, “questa vicenda apre uno spaccato inquietante, ci confronteremo al più presto con le agenzie di intelligence per chiedere chiarimenti”.

Nel database “Okidb” (Oversea Key Information DataBase) tanti personaggi pubblici. Politici come Walter Veltroni e Giulio Tremonti, Lia Quartapelle ed Enrico Letta. I dati di Renzi, Berlusconi e delle rispettive famiglie, dal primo all’ultimo cugino, nipote, zio. I dirigenti delle autorità portuali di Trieste, Genova, Civitavecchia. Una lunga lista di esponenti di spicco della criminalità organizzata, dal narcotrafficante calabrese Giovanni Palamara al camorrista Gennaro Imparato.

Non è chiaro quali siano i rapporti con il governo e le agenzie di intelligence cinesi di Zhenhua, società fondata nel 2018 e diretta da Wang Xuefeng, già impiegato presso l’americana Ibm, fautore su WeChat della “guerra ibrida” attraverso la “manipolazione di informazioni”. Di certo, spiega l’australiana Abc, c’è che Zhenhua Electronics Group è in mano al China electronic information industry group (Cetc), azienda di Stato cinese che collabora con l’Esercito di liberazione popolare (Pla) ed è finita nella Black List stilata dall’amministrazione Trump.

“Non possiamo far finire nel dimenticatoio questa vicenda – spiega Zennaro. “Inviteremo i rappresentanti della nostra intelligence per capire che tipo di operazione sia in corso sui dati degli italiani”. A stupire, continua il membro del comitato di controllo di Palazzo San Macuto, non è solo la raccolta di informazioni, la maggior parte delle quali disponibili open source, pratica non estranea a molte aziende tecnologiche occidentali, quanto semmai “la profilatura degli individui selezionati e delle loro famiglie, che fa davvero pensare a una riedizione del Grande Fratello orwelliano”.

Preoccupa in particolare, dice Zennaro, “la scelta di schedare e studiare alcuni fra i più noti e temuti criminali italiani”. “L’Italia e l’Europa sono soggetti a una normativa sulla privacy che qui è palesemente violata. La vicenda deve costringere a una riflessione immediata sull’economia dei dati e sul rapporto fra pubblico e privato in Paesi non democratici”. Sarebbe utile “una smentita dal mondo diplomatico cinese su eventuali connessioni fra l’azienda e la Repubblica popolare, per allontanare qualsiasi sospetto”.

I dati emersi, comunque, confermano già i moniti sulla gestione dei dati da parte cinese che da anni provengono dal mondo dell’intelligence europea e soprattutto statunitense. Dopotutto Shenzen è il cuore pulsante dell’ecosistema tecnologico cinese, sede di tante compagnie internazionali del settore, fra cui Huawei, l’azienda sotto sanzioni americane che punta al 5G europeo (e italiano).

“È lo stesso tema sollevato dal governo americano su aziende come TikTok, che gestiscono milioni di dati di cittadini, la maggior parte dei quali minorenni. Come vengono utilizzati? Che fine fanno? In questi mesi di pandemia abbiamo sentito parlare addirittura di Via della Seta degli ospedali, per gestire i dati in cloud degli italiani. Se questo è il modello, non c’è da stare sereni”. Zennaro conferma che “bisogna approfondire l’eventuale presenza di un pericolo con le istituzioni”, accodandosi agli appelli di altri esponenti anche della maggioranza, come i dem Andrea Romano ed Emanuele Fiano, “il Parlamento non può restarne fuori”.


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