“La regione indo-pacifica è una priorità della politica estera tedesca. La decisione odierna del governo indica la rotta per le nostre relazioni future”. Così il ministro degli Esteri tedesco Heikko Maas oggi ha presentato un documento programmatico che fa della Germania di Angela Merkel il secondo Paese dell’Unione europea dopo la Francia ad adottare una serie di linee guida per la regione (che ospita più della metà della popolazione mondiale e rappresenta ormai quasi il 40% dell’economia mondiale) e dimostra come Berlino stia scommettendo su un nuovo approccio statunitense dopo novembre, maggiormente votato al multilateralismo.
LA SICUREZZA (ANCHE ECONOMICA)
Il titolo della pubblicazione è rivelatore: “Germany – Europe – Asia: shaping the 21st century together”. “Più che altrove, la regione indo-pacifica è dove si deciderà la forma dell’ordine internazionale di domani”, ha dichiarato il capo della diplomazia tedesco. “Vogliamo contribuire a plasmare quell’ordine, in modo che si basi su regole e cooperazione internazionale, non sulla legge del più forte”, ha aggiunto. “Con l’ascesa dell’Asia”, si legge invece nel rapporto, “la regione sta acquisendo anche importanza economica e politica. Allo stesso tempo, la competizione strategica per l’influenza nella regione è in aumento. La regione indo-pacifica sta diventando la chiave per plasmare l’ordine internazionale nel Ventunesimo secolo”.
Il cambiamento climatico, l’inquinamento dei mari, lo sviluppo digitale e le tecnologie del futuro. Ma anche la difesa dello stato di diritto e dei diritti umani, la promozioni degli scambi in ambito culturale, educativo e scientifico. In primo luogo, però, la sicurezza. Sono questi i temi toccati dalle linee guida del governo tedesco. Infatti, si legge che “le mutevoli strutture di potere geopolitico nell’Indo-Pacifico hanno impatti diretti sulla Germania: le economie delle regioni europea e indo-pacifica sono strettamente collegate attraverso catene di approvvigionamento globali. Le principali rotte commerciali attraversano l’Oceano Indiano, il Mar Cinese Meridionale e il Pacifico. Se i conflitti nella regione influenzano negativamente la sicurezza e la stabilità locale, ciò ha ripercussioni anche sulla Germania”, che ha nella regione il secondo blocco per il suo export dopo l’Unione europea. E così tra le linee guida compare un’intera sezione sull’aumento della cooperazione in materia di sicurezza, inclusa la presenza marittima in particolare nell’Oceano Indiano (anche se non con l’impegno massiccio di britannici, francesi e statunitensi).
IL RESHORING
Tra gli obiettivi, spiega Berlino, “deve esserci anche quello di evitare dipendenze unilaterali diversificando i partenariati”. L’idea sembra quindi dare nuova centralità all’Asean (ma anche a Paesi sempre più vicini agli Stati Uniti e meno alla Cina, come Australia, Giappone e India). Un chiaro messaggio a Pechino, lanciato il giorno dopo la visita in Germania del ministro degli Esteri cinese Wang Yi (qui raccontata da Formiche.net). Come ha spiegato su Twitter Thorsten Benner, cofondatore e direttore del Global Public Policy Institute, le nuove linee guida rappresentano “un importante passo avanti nel dibattito tedesco sulla Cina”: ora, ha scritto, “è chiaro che qualsiasi approccio di successo per trattare con” Pechino “e il suo ruolo regionale e globale deve concentrarsi sull’Indo-Pacifico e sui partenariati con i Paesi chiave della regione”.
IL RITORNO DELLA POTENZA TEDESCA?
Garima Mohan, fellow del German Marshall Fund, ha spiegato su Twitter che altri “Paesi europei stanno pensando di cambiare approccio alla regione” spostando il focus dall’Asia all’Indo-Pacifico. Poi l’esperta ha commentato il contesto e il tempismo della mossa: “Con la Germania che ha assunto la presidenza dell’Unione europea, ci sarà una vera spinta verso un approccio dell’Unione europea verso l’Indo-Pacifico. Ciò avviene anche in un momento in cui il malcontento europeo nei confronti della Cina è ai massimi storici”.
Ed è il governo tedesco stesso a dichiarare che “mira non da ultimo a promuovere una strategia indo-pacifica europea. Per questo motivo, la strategia riprende approcci politici europei e offre punti di partenza per una più stretta cooperazione, anche a livello dell’Unione europea”. Una mossa che rientra nel quadro descritto da Lucio Caracciolo, direttore di Limes, su Repubblica domenica: “la Germania sta riscoprendo l’ambizione della potenza e non tornerà indietro, anche se non sa fin dove spingersi”. Dalla partita del Recovery Fund alla crisi greco-turco-mediterranea, dalla Bielorussia all’embargo sulle armi nei confronti dell’Iran, fino all’Indo-Pacifico. “Berlino si è fatta avanti come centro di gravità. Talvolta senza avvertire i partner. Neanche fosse l’America”, aggiungeva Caracciolo.
QUALCOSA È CAMBIATO A BERLINO…
Come ha osservato Noah Barkin, senior visiting fellow dell’Asia Program al German Marshall Fund, nell’ultima edizione della sua newsletter Watching China in Europe, il governo Merkel ha superato i timori verso l’adozione di una strategia per l’Indo-Pacifico, “un concetto che ha per molto fatto aggrottare la fronte a Berlino perché strettamente associato all’amministrazione Trump (il cui concetto di “Indo-Pacifico libero e aperto” è stato annunciato alla fine del 2017) e visto come eccessivamente conflittuale nei confronti della Cina”. Furono, innfatti, gli Stati Uniti nel 2017 a inserire nella National Security Strategy del presidente Donald Trump tra le priorità l’Indo-Pacifico.
Cosa è cambiato, allora? Barkin mette assieme diversi elementi: l’esempio francese che ha spinto la Germania a presentare la sua strategia per la regione; il fatto che nel giugno dello scorso anno anche i paesi dell’Asean abbiano abbracciato il concetto; il riferimento del ministro della Difesa tedesco, Annegret Kramp-Karrenbauer, durante un recente discorso all’Università Bundeswehr di Monaco. “È chiaramente finalizzato a bilanciare l’influenza della Cina nella regione rafforzando i legami commerciali e di connettività con Paesi come il Giappone, l’Australia e l’India”, aggiunge Barkin analizzando la svolta tedesca ed evidenziando come il lancio avvenga “avviene parallelamente alle discussioni su come l’Unione europea e la Nato possono collaborare per contrastare la Cina”. Si tratta di una “dimensione di sicurezza” che “era assente dal documento sulle prospettive strategiche sulla Cina presentato lo scorso anno dalla Commissione europea. Riflette un crescente riconoscimento della necessità di una strategia più articolata che affronti l’intera gamma di sfide provenienti dalla Cina”, conclude l’esperto.
…E ANCHE A BRUXELLES
La mossa di Berlino è in linea con le ultime compiute dall’Unione europea. Pochi giorni fa, come raccontato da Formiche.net, l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, aveva definito la Cina un “nuovo impero” invitando i 27 a “correggere” gli squilibri economici. E non va dimenticato il documento di questa settimana con cui la Commissione europea suona l’allarme: l’Unione deve ridurre al più presto la sua dipendenza dalle catene di fornitura extraeuropee, a cominciare dalla Cina. Perché, in fondo, come scriveva Caracciolo, quando Berlino parla di visione “europea” intende anzitutto una visione “tedesca”. Tutt’al più, aggiungiamo noi, franco-tedesca.