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Cina-Vaticano? Vi spiego chi sta con Pompeo. Parla Williams (Breitbart)

“Senza precedenti. In tutta la mia vita non ho mai visto un alto ufficiale del governo americano fare un appello così duro alla Santa Sede e al papa su una questione politica”. A parlare è Thomas Williams, 56 anni, giornalista ed ex sacerdote, uomo a Roma di Breitbart, l’emittente ultra-conservatrice americana un tempo diretta dall’ex consigliere di Donald Trump, Steve Bannon.

L’affondo del segretario di Stato Usa Mike Pompeo contro l’accordo Cina-Santa Sede, a soli nove giorni dalla sua visita in Vaticano prevista il 29 settembre, ha suscitato un brivido di stupore, e di entusiasmo, in una larga fetta del cattolicesimo conservatore d’oltreoceano che mal sopporta il dialogo fra i sacri palazzi e la Città Proibita per rinnovare due anni dopo la firma l’accordo sulle nomine dei vescovi cinesi.

Dubbi e incomprensioni che attanagliano non solo i fedeli, ma anche la gerarchia. È di giugno un comunicato dei vescovi americani, diramato durante la “Settimana della libertà religiosa”, in cui si chiede di “pregare per la libertà della Chiesa in Cina” e si denuncia la “sinicizzazione della religione” da parte del governo cinese.

Si accoda Williams, che da Roma racconta le trame vaticane per il gotha del mondo neocon a stelle e strisce. “Uno shock, ma uno shock piacevole” confida a Formiche.net il giorno dopo. “Quella di Pompeo è una chiamata all’onestà, un invito alla Santa Sede per cessare ogni ambiguità e usare la sua autorità morale per denunciare le clamorose, quotidiane violazioni dei diritti umani in Cina”. Non a caso l’ex capo della Cia, nel suo editoriale per il sito First Things, ricorda Giovanni Paolo II. “Lui avrebbe denunciato questi crimini – dice Williams – lo ha fatto con altri regimi comunisti”.

Sul fronte della libertà religiosa i contorni fra agenda elettorale e diplomatica dell’amministrazione Trump si fanno sfumati. È un tema caro a una constituency di ferro del Tycoon, un blocco trasversale che parte dagli evangelici (arringati dal vicepresidente Mike Pence) e arriva ai cattolici conservatori, poco vicini (eufemismo) alla sensibilità teologica e diplomatica di papa Francesco.

“Sarà anche inusuale nel mondo diplomatico. Però l’intervento di Pompeo usa un linguaggio chiaro, la Chiesa dovrebbe fare altrettanto. Ogni domenica, all’Angelus, il papa tuona contro le violazioni dei diritti umani nel mondo. Mai sulla Cina, pur di non compromettere la ripresa dei rapporti diplomatici. Ma in Xinjiang c’è quasi un milione di musulmani uiguri nei campi di concentramento. Non si può stare in silenzio”.

Il Vaticano però non è uno Stato qualsiasi. La Chiesa conosce e dialoga con il mondo cinese da secoli, non da anni. E, facciamo notare a Williams, il papa è responsabile del destino di milioni di cristiani in Cina. “Questo discorso viene rispolverato per giustificare i silenzi di Pio XII nei confronti dell’Olocausto. Vogliamo ricommettere gli stessi errori? Qui siamo di fronte a un altro olocausto”, risponde lui.

Dopo l’affondo del governo Usa, si attendono ora segnali da San Pietro. Difficile che lasci indifferenti gli interlocutori in Vaticano. Peraltro la sede scelta per la sortita, First Things, è un sito che certo non è generoso nei confronti del pontefice. “È vero, poteva scegliere il New York Times o il Washington Post. Ma diciamoci la verità: il giornalismo americano non è più quello di una volta, oggi questi sono bastioni dell’ideologia liberale. First Things ha una sua serietà accademica”.

La Santa Sede risponderà a Pompeo? “Dovessi giocarmi un dollaro, direi di no – chiosa il corrispondente di Breitbart – useranno canali secondari per manifestare il loro disappunto, e imbarazzo. Papa Francesco potrebbe fare un riferimento velato, è nel suo stile: intelligentibus pauca”.



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