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Conte e Putin, cosa non torna fra smentita e contro-smentita

Alla fine di una giornata che si era aperta con l’intervista al Foglio in cui il premier Giuseppe Conte rivelava che il presidente russo Vladimir Putin gli avrebbe promesso di creare commissione d’inchiesta sull’avvelenamento dell’oppositore Alexei Navalny, continuata con la smentita del Cremlino e conclusa con la replica di Palazzo Chigi, l’immagine internazionale dell’Italia appare quantomeno ammaccata.

LE PAROLE DEL PREMIER CONTE

Riavvolgiamo il nastro delle conversazioni tra Roma e Mosca sul caso diplomatico che sta compattando l’Occidente contro la Russia. Nel colloquio con Il Foglio, il premier aveva sposato la posizione della Germania di Angela Merkel — a oltre due settimane di distanza dall’avvelenamento, ultimo tra i leader europei e anticipato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio così come da molti esponenti del Partito democratico. Aveva chiesto di “fare piena luce su quanto accaduto, e perseguire i responsabili di un attentato di tale gravità contro un esponente dell’opposizione”.

Come sottolineato da Formiche.net, evitando di commentare le prove “ineludibili” dell’avvelenamento fornite da Berlino, Conte aveva poi cercato di tenere aperto il dialogo con Mosca: il presidente Vladimir Putin “mi ha anticipato che avrebbe costituito una commissione di inchiesta e si è detto pronto a collaborare con le autorità tedesche”, aveva sottolineato. E ancora: “La collaborazione è la via migliore per scongiurare che questa drammatica vicenda possa incidere negativamente sui rapporti tra l’Unione europea e la Russa”.

LA SMENTITA DEL CREMLINO

In mattinata è arrivata poi la smentita di Mosca, ripresa da tutti i grandi giornali e le agenzie di stampa del mondo. “Non escludo che ci possa essere stato un equivoco” ha detto un imbarazzato Dmitrij Peskov, portavoce del Cremlino, che ha comunque cercato di utilizzare i guanti parlando di “equivoco” — e non, per esempio, di fake news come spesso fa la comunicazione di Mosca. “La situazione del paziente berlinese (così Mosca definisce l’oppositore, ndr) è stata effettivamente toccata” nella telefonata del 26 agosto, ha continuato il diplomatico. Ma mai è stata chiamata in causa una commissione d’inchiesta come ha riferito Conte, perché “non vi sono le basi giuridiche” per farlo. Anche perché, ha precisato Peskov, “una pre-inchiesta è in corso da un bel po’ di tempo”.

Come evidenziato da Formiche.net, quella telefonata era stata segnata dalle differenze (enormi) tra i comunicati successivi. Quello di Palazzo Chigi si limitava a elencare gli argomenti trattati, fra cui il “caso Navalny”. In quello del Cremlino si ribadiva che sulla questione bielorussa Mosca si oppone a “qualsiasi tentativo di interferire negli affari interni della Repubblica”; e su Navalny il Cremlino dichiarava “l’inammissibilità di accuse frettolose e infondate al riguardo e l’interesse per un’indagine approfondita e obiettiva di tutte le circostanze dell’incidente”.

LA RISPOSTA DI PALAZZO CHIGI

In serata, con la formula di rito “fonti di Palazzo Chigi”, il premier e il suo portavoce Rocco Casalino hanno affidato alle agenzie la loro reazione. Non si ravvisano “incongruenze tra il contenuto del colloquio avvenuto recentemente tra il presidente Conte e il presidente Putin, il contenuto della recente intervista al Foglio e le precisazioni del Cremlino”. E ancora: “Risulta infatti confermata la decisione russa di dare luogo ad una fase investigativa (o al limite pre-investigativa) in relazione al caso Nawalny (sì, con la “w” e non con la “v” si legge nella nota affidata alle agenzie, ndr). Il presidente Conte ne ha fatto menzione nell’intervista in linea con la sostanza emersa dal colloquio”, concludono le stesse fonti.

L’INTERROGATIVO

A questo punto, però, con Palazzo Chigi che nega “incongruenze”, rimane un interrogativo aperto. Che cos’ha fatto di quella promessa di Putin il premier Conte (che è stato il primo un capo di governo dell’Unione europea a sentire il presidente russo dopo l’avvelenamento di Navalny)? L’ha comunicata agli altri leader occidentali? In questo caso, le ipotesi sono due: o nessuno, a partire da Merkel, ha creduto a Mosca; o il premier ha preferito non comunicare la promessa (il che, però, sarebbe contrario ai suoi sforzi per tenere aperto il canale del dialogo con Putin).

(Foto: Governo.it)

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