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Mediterraneo e non solo. Cosa c’è dietro la telefonata Conte-Erdogan

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha avuto una conversazione telefonica con il capo dello stato turco, Recep Tayyp Erdogan. Al di là dei readout ufficiali, diffusi prima da Ankara che da Palazzo Chigi, i due Paesi condividono un terreno delicato e articolato: il Mediterraneo. Dimensione geografica che rende i contatti bilaterali fondamentali.

Italia e Turchia si muovono su un doppio fronte complesso. Da una parte, sulla sponda nordafricana, c’è la Libia; dall’altra, a est, c’è il dossier geopolitico dell’East Med. Nome ambiguo, East Med, indica sia un gasdotto la cui costruzione è momentaneamente congelata che l’area geografica dell’opera attorno a cui si muovono gli interessi di Turchia, Grecia, Cipro, Egitto e Francia.

Su questa sponda si snodano le ambizioni turche (e le tattiche muscolari abbinate a slanci diplomatici di cui si compone il passo di Erdogan sugli esteri). Ankara compete con Grecia e Cipro perché la nuova partita energetica ha riacceso vecchie ruggini territoriali. In mezzo, ad allargare la crepa intra-Nato con la Grecia, c’è la Francia — che con la Turchia compete a cavallo col Mediterraneo —, e poi l’Egitto, che è diviso da Ankara dalla faglia intra-sunnismo.

In Libia, i militari turchi hanno salvato il governo onusiano di Tripoli, il Gna, dall’assalto dei ribelli. Un intervento che ha risolto diverse problematiche alla Comunità internazionale — che sostiene da sempre il Gna — gettando peso militare per sbloccare una crisi che durava da tempo; ossia facendo ciò gli altri non hanno modo di fare (combattere). E nel frattempo la presenza turca si è interposta sull’altro rispetto a cui è schierata la Russia.

Su entrambi i dossier la Turchia è intenzionata a trasformare la dimensione di intervento in sfera di influenza permanente. Non può fare altrimenti nel Mediterraneo orientale, acque su cui affacciano le sue coste; vuol farlo in Libia, consultando un altro affaccio al centro del bacino impiantando basi militari.

Su entrambi i dossier l’Italia ha interessi. La Libia è l’estero vicino, ingestibile a questo punto senza mantenere buone relazioni con Ankara. L’East Med è un punto critico in cui aziende italiane come l’Eni hanno una presenza più che radicata — e quindi da tutelare.

Il contatto con Erdogan, per Conte, si inquadra anche in un contesto temporale particolare. La prossima settimana Bruxelles deciderà se accettare la proposta di Atene, che chiede di sanzionare la Turchia per via delle dinamiche aggressive intraprese nel Mediterraneo orientale.

L’Italia cerca di mantenere le relazioni con la Turchia e sebbene Roma abbia partecipato di recente al meeting del Med-7 (gruppo informalo dei paesi Ue che si affacciano sul Mediterraneo), e sebbene il francese Emmanuel Macron abbia cercato di trasformare il vertice in uno sforzo politico anti-Ankara, non ha interesse nel calcare troppo la mano contro Erdogan.

Sotto questo quadro, l’Italia è inquadrata nella posizione di Germania, Stati Uniti e Nato, nella ricerca di un dialogo evitando eccessivi sbilanciamenti verso nessuno dei fronti. Per Roma in ballo con la Turchia c’è anche il dossier balcanico, dove l’Italia è presente da collegamenti storici e Ankara cerca di forza ambiti di influenza.


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