“Dall’esperienza della pandemia tutti stiamo imparando che nessuno si salva da solo”. Parte da qui la riflessione di papa Francesco contenuta nel messaggio al forum Ambrosetti in corso a Cernobbio. Un discorso che riassume e presenta i capisaldi del suo pontificato: cura del creato, fratellanza, discernimento.
“Abbiamo toccato con mano la fragilità che ci segna e ci accomuna. Abbiamo compreso meglio che ogni scelta personale ricade sulla vita del prossimo, di chi ci sta accanto ma anche di chi, fisicamente, sta dall’altra parte del mondo. Siamo stati costretti dagli eventi a guardare in faccia la nostra reciproca appartenenza, il nostro essere fratelli in una casa comune. Non essendo stati capaci di diventare solidali nel bene e nella condivisione delle risorse, abbiamo vissuto la solidarietà della sofferenza.”
Il papa guarda un’umanità smarrita e impaurita e trae dalla crisi pandemica gli insegnamenti che dovrebbero unirci davanti all’emergenza, consapevoli che dalle crisi non si esce come si era. Occorre il coraggio di capire dove e perché si è sbagliato e di farlo, appunto, insieme. Perché il destino è evidentemente comune.
“Di fronte a un futuro che appare incerto e difficile, soprattutto a livello sociale ed economico, siamo invitati a vivere il presente discernendo ciò che rimane da ciò che passa, ciò che è necessario da ciò che non lo è.”
Le parole diventano forti quando Francesco ricorda che l’economia, cioè la legge della casa del mondo, non deve escludere ma includere, non deve mortificare ma vivificare, quindi non deve sacrificare la dignità delle persone agli idoli della finanza né usare il denaro per dominare, ma per servire; il profitto dunque deve tornare ad essere una ricchezza accessibile a tutti. Per questo quello che viviamo è necessariamente il tempo “di un discernimento, alla luce dei principi dell’etica e del bene comune, in ordine alla ripartenza che tutti desideriamo. Sant’Ignazio di Loyola, il fondatore della Compagnia di Gesù, fa uso frequente di tale termine nei suoi scritti, ispirandosi alla grande tradizione biblica sapienziale e, soprattutto, alle parole di Gesù di Nazaret. Cristo invitava i suoi ascoltatori, e oggi tutti noi, a non fermarsi all’aspetto esterno dei fenomeni, ma a discernere saggiamente i segni dei tempi. A tal fine, due sono le componenti da considerare: la conversione e la creatività.
Da un lato, si tratta di vivere una conversione ecologica, per poter rallentare un ritmo disumano di consumo e di produzione, per imparare a comprendere e a contemplare la natura, a riconnetterci con il nostro ambiente reale. Puntare a una riconversione ecologica della nostra economia, senza cedere all’accelerazione del tempo, dei processi umani e tecnologici, ma tornando a relazioni vissute e non consumate. D’altro lato, siamo chiamati a essere creativi, come gli artigiani, forgiando percorsi nuovi e originali per il bene comune. E si può essere creativi solo se capaci di accogliere il soffio dello Spirito, che spinge a osare scelte mature e nuove, spesso audaci, facendoci uomini e donne interpreti di uno sviluppo umano integrale a cui tutti aspiriamo. È la creatività dell’amore a poter ridare senso al presente per aprirlo a un futuro migliore”.
Ecco allora che servono nuove generazioni di economisti e imprenditori, quelli che ha invitato, dal 19 al 21 novembre prossimo, nella Assisi del “giovane Francesco”. Conversione ecologica e creatività artigianale sono dunque i binari che possono portarci fuori da una crisi che è insieme culturale, ambientale ed economica.