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Così Di Maio rimette l’Italia sui binari giusti. L’opinione del prof. Mayer

Nella sua lunga intervista al direttore di Formiche.net Valeria Covato e al giornalista Francesco Bechis il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha lanciato un messaggio importante: l’Italia è – senza se e se senza ma – uno dei pilastri fondamentali dell’ Alleanza Atlantica e dell’Unione Europea.

Nelle cancellerie occidentali il segnale politico è stato colto nella in tutta la sua rilevanza, mentre la stampa italiana non ha dato il risalto che l’ intervista di Di Maio si meritava.

Non era, infatti, per niente scontato che uno dei più influenti leader politici collocasse il Movimento5S nell’alveo di una chiara strategia euro-atlantica. Oltre alle note simpatie di Beppe Grillo per la Cina, nel Movimento in passato si era registrata una certa confusione (e non solo da parte di Alessandro Di Battista).

Basti ricordare solo per fare un solo esempio che nel 2017 i 17 europarlamentari del M5S tentarono senza successo di passare dagli euroscettici del gruppo di Nigel Farage al gruppo dei liberal democratici guidati da Guy Verhofstadt. Nonostante l’ intesa tra Grillo e Verhofstadt c’era ancora troppa diffidenza verso i grillini italiani.

Nel suo trasferimento alla Farnesina Di Maio si è portato dietro anche le competenze per la promozione del Made in Italy e più in generale il grande comparto della diplomazia economica e commerciale di cui si occupava il Mise. Questa scelta di cui si parlava da anni è condivisibile sopratutto per per dare un sostegno più organico e coordinato alle imprese italiane che operano nei mercati internazionali.

Tuttavia è doveroso sottolineare che si tratta di un terreno insidioso: a volte è arduo tracciare il confine tra diplomazia politica e diplomazia commerciale. Sul piano della politica internazionale l’Italia con i G7 e con i suoi alleati europei e atlantici è fortemente impegnata a a difendere la libertà, il sistema democratico e lo Stato di diritto che viceversa i leader di Mosca e Pechino tendono a svilire e svalutare.

Nelle società digitali in cui viviamo la rivoluzione tecnologica ha reso più difficile l’esercizio della democrazia e la tutela dei diritti umani. La velocità, la connettività e la pervasività della comunicazione rende viceversa la vita più facile ai regimi illiberali.

La sorveglianza di massa che caratterizza paesi come la Russia o la Cina si è ulteriormente rafforzata con la pandemia. In una recente intervista il noto sinologo Francesco Sisci ha chiaramente segnalato che il Covid 19 ha potenziato in modo esponenziale le capacità di controllo sociale delle autorità governative cinesi.

Il totalitarismo digitale è la più grande minaccia alla democrazia non solo perché le tecnologie rafforzano enormemente le capacità di sorveglianza degli Stati autoritari, ma anche perché le stesse democrazie faticano a limitare il potere delle grandi imprese che cercano di invadere la nostra vita privata a fini commerciali.

La Farnesina fa benissimo a distinguere la diplomazia commerciale da quella politica, ma per attuare concretamente la politica estera che ha enunciato nella sua intervista a Formiche.net Di Maio ha ora il compito di imprimere una svolta su questo fronte.

Quando di parla di banda ultralarga, di 5G mobile, di apparati e di reti digitali, di gestori e operatori di telecomunicazione siamo ben oltre la sfera economico-comnerciale e lo stesso interesse nazionale potenzialmente minacciato dalle tecnologie duali.

In questo campo così sensibile non bastano le prescrizioni alla Tim (o ad altre aziende) , non basta ricorrere all’ utilizzo del Golden Power e/o meccanismi previsti dal nuovo perimetro della sicurezza cibernetica nazionale.

La presenza in Italia di aziende, fornitori e tecnologie che (anche solo potenzialmente) debbano rispondere agli obblighi informativi previsti dalle leggi di Pechino o di Mosca è non solo un interferenza inaccettabile, ma rappresenta un vero e proprio vulnus ai valori di civiltà democratica che hanno ispirato la nostra Costituzione e la costruzione dell’Unione Europea.

Su questo punto il ministro degli Esteri ha una importante missione politica da svolgere: non solo nel Governo come autorevole membro del Cisr, ma anche come alfiere nella Nato e nella Ue dei grandi valori della nostra democrazia costituzionale.

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