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Non solo Covid, il rischio di nuovi patogeni e le misure per fermarli. Scrive Landi

Di Fabrizio Landi, presidente Fondazione Toscana Life Sciences

Era il 1796 quando un medico di campagna britannico, Edward Jenner, intuì, osservando che i mungitori delle mucche stranamente non si ammalavano di vaiolo, che nel manipolare le mammelle delle vacche da latte qualcosa si trasmetteva loro, rendendoli immuni alla malattia. Il vaiolo era una malattia per vacche e uomini, indotta da patogeni quasi identici e quindi una mucca malata della versione animale del vaiolo, assai meno aggressiva della versione umana, poteva passarla all’uomo, stimolando la produzione di anticorpi per entrambi le varianti del virus. Da questa intuizione Jenner andò alla pratica, iniettando estratti biologici di mucche ammalate in una contadina e in un giovane: dopo qualche mese iniettò al giovane il sangue di un infetto da vaiolo umano, ma il giovane non si ammalò. Era nato il primo vaccino della storia (il nome vaccino ricorda appunto l’origine bovina di tutto questo).

MALATTIE PRE COVID-19

Da allora, con una serie esaltante di successi della ricerca medico-biologica, sono state sconfitte le malattie che per la storia intera dell’umanità hanno afflitto e portato morte: dopo il vaiolo, il morbillo, la polmonite, la difterite tanto per citarne qualcuna, ma l’elenco sarebbe lungo. La caratteristica più drammatica delle pandemie originate dalle malattie indotte da patogeni (batteri e virus soprattutto) era ed è il drammatico impatto socioeconomico da esse indotto: la grande pandemia nota come Peste nera del 1300 uccise il 40% della popolazione europea, distruggendo probabilmente oltre il 50% della ricchezza del Continente (oggi diremmo del Pil) e fermando per quasi un secolo lo sviluppo di questa parte del mondo.

IL GRAVE ERRORE DELLA MEDICINA MODERNA

Grazie ai risultati eccezionali ottenuti con le grandi vaccinazioni di massa, la medicina moderna è arrivata in questi anni, in maniera quasi unanime, alla conclusione, drammaticamente errata, che le malattie indotte da patogeni esterni non fossero più un problema centrale per la salute pubblica, almeno nella parte ricca del mondo: è chiaro a tutti che nei Paesi sottosviluppati, dove molto si muore di malattie patogeniche come malaria e colera, questo non è assolutamente vero, ma tant’è le logiche socioeconomiche maggioritarie non pensano all’umanità meno abbiente.

ANTIBIOTICO-RESISTENZA: PRIMA CAUSA DI MORTE NEL 2050

Quindi nell’ultimo ventennio la ricerca medico-biologica si è concentrata sull’altra grande questione della salute umana, ovvero le malattie degenerative, oncologiche e neurologiche in particolare. In questo contesto si capisce perché, salvo poche decine di realtà, come più volte denunciato dall’Oms, da anni la ricerca di nuovi antibiotici, per combattere le famiglie di patogeni rese forti da un uso sprovveduto degli antibiotici, è scarsa e non interessa le grandi aziende farmaceutiche nonostante l’avvertimento, sempre dell’Oms e di molti studiosi, che nel 2050 l’antibiotico-resistenza sarà la prima causa di morte in occidente, più dei tumori, del diabete o degli incidenti stradali.

10:1000 I CANDIDATI VACCINI VS NUOVI FARMACI

Big Pharma è invece interessata ai vaccini, ma sino all’anno scorso riguardava poche grandi aziende (4 o 5) e gli investimenti in ricerca e sviluppo relativi erano comunque una percentuale insignificante (qualche punto percentuale) di quanto nel mondo si spende per la ricerca medico-biologica. A fronte di qualche migliaio di candidati nuovi farmaci in oncologia, neurologia e altre patologie degenerative, erano pochissimi i candidati in campo antibiotico e vaccini (qualche decina).

I COSTI SOCIO-ECONOMICI

Poi è arrivato Covid-19 che, al di là dei morti diretti e indiretti che ha indotto in 9 mesi nel mondo, numero importante ma non stravolgente (scusate l’apparente cinismo, ma bisogna ragionare con freddezza su queste cose), provocherà una riduzione da -7% a -10% del Pil mondiale, con costi sociali e umani di una dimensione gigantesca e conseguenze ancora difficilmente valutabili in futuro, il tutto impensabile solo un anno fa. Abbiamo già spesso discusso su formiche.net dei risvolti geo-politici di tutto ciò, ma quello che oggi ci interessa valutare sono i risvolti negli indirizzi del sistema di gestione della salute e della ricerca a tutti i livelli.

GAP TRA NORD E SUD DEL MONDO

Covid-19 è una grande sberla alla sottovalutazione, innanzitutto scientifica ed economica ma anche politica e culturale di chi pensava, nelle stanze dei bottoni del mondo, che potevamo ignorare i segni evidenti che la natura ci avrebbe prima o poi chiesto conto delle nostre sottovalutazioni: è evidente un caso. Nel 1981 negli Usa il Centro per il controllo delle malattie di Atlanta inizia a occuparsi di una strana epidemia di polmoniti che colpiva, con anche qualche decesso, soprattutto le comunità gay della California centro-meridionale. Nel 1983 Luc Montagnier all’Istituto Pasteur di Parigi individua il virus responsabile della Lav (allora si chiamava così prima di prendere il nuovo nome di Aids, indotta dal virus Hiv) e inizia così la ricerca di un vaccino e di una cura. Sono passati quasi 40 anni con 32 milioni di morti al 2018 (di cui solo una molto limitata minoranza nel mondo occidentale), non c’è vaccino per Hiv e ci si cura con un cocktail di farmaci, molto costosi, che non fa guarire, ma tiene sotto controllo la malattia. Oggi il quasi 100% dei morti è in Africa e in altre zone sottosviluppate del pianeta, dove un virus che si trasmette per sangue e contatti sessuali e anche fra madre e figlio, è difficilmente gestibile a differenza dei paesi occidentali e dove non ci sono i soldi per pagare le terapie di mantenimento. La lezione: Hiv/Aids non tocca più di tanto il mondo sviluppato, dove presenta numeri piccoli, e non impatta in alcun modo significativo sul Pil. Si decide allora de facto che ci possiamo convivere anche senza vaccini e cure definitive, e non a caso oggi la ricerca su Hiv e Aids conta conta pochi investimenti.

RISCHIO DI NUOVI PATOGENI

Ma torniamo al dramma Covid-19 che, a sberle, ha fatto capire che stavamo sbagliando tutto: d’ora in poi il rischio combinato di nuovi patogeni, specie a diffusione aerea, e dell’antibiotico-resistenza deve tornare a essere anche per noi Paesi sviluppati un tema centrale di prevenzione, monitoraggio, ricerca e linea portante nella definizione delle politiche sanitarie ed economiche dei Paesi. Fra l’altro la diffusione per aerosol, come si dice, è assai favorita nel mondo globalizzato e chissà quanti Patogeni pericolosi sono pronti ad allargarsi al mondo umanizzato dalle foreste che stiamo disboscando nel Sud-est Asiatico e in Amazzonia.

VACCINO ANTI-COVID: 320 CANDIDATI

Il sistema lo sta capendo anche se siamo nel caos: ci sono circa 320 candidati vaccini anti Covid-19 in sviluppo, presso oltre 200 istituzioni pubbliche e private, di cui 33 in fase clinica e 8 in fase tre, quella determinante per capire se funzionano. A questi vanno aggiunti oltre 20 sviluppi per candidati alla cura, sia come anticorpi monoclonali che come antivirali, di cui già alcuni in fase clinica avanzata. Senza poi contare le oltre 150 iniziative in corso per lo sviluppo di solidi, rapidi e facilmente usabili test diagnostici per Covid-19.

UNO SFORZO SENZA EGUALI

Mai nella storia dell’umanità si è assistito a uno sforzo di queste dimensioni, non solo in ricerca ma anche in impianti produttivi e in studi clinici con oltre 280mila persone che si stanno coinvolgendo, in almeno 34 paesi, nelle prove di test clinico. Come altrove già ricordato, dietro a questo immane sforzo ci sono tremende tensioni geopolitiche ed investimenti diretti dell’ordine, mal contati, di oltre 50 miliardi di dollari.

INVESTIMENTI PER LA CURA, MAI COME OGGI

A questi vanno aggiunti gli investimenti della comunità finanziaria che mai come oggi sta pompando risorse nelle Start-up e nelle aziende coinvolte in tutto questo. Un esempio: la Curevac (tedesca di Tübingen) che Trump voleva acquistare per un miliardo di dollari ad aprile e che valeva forse 100 milioni di dollari a inizio anno, è andata in Borsa al Nasdaq il 9 di agosto scorso, toccando una valutazione sino 15 miliardi di dollari nei giorni successivi, tutto conseguente allo sviluppo di un suo vaccino anti Covid-19 (basato sulla tecnica Rna).

LE RIMODULAZIONI DA COMPIERE

Quindi le prospettive del sistema salute anche nel mondo sviluppato dovranno necessariamente essere rimodulate, rimettendo le malattie patogeniche fra i primi obiettivi della ricerca e sviluppo e ripensando un Sistema sanitario obbligatoriamente più territoriale e meno ospedale-centrico: si pensi alle debolezze del modello “ concentro tutto in grandi ospedali di eccellenza” che ben risponde alla gestione delle malattie degenerative ma che si è dimostrato un disastro in tempi di Covid-19, come vissuto in ampie zone del nostro Paese.

MONITORAGGIO E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Questo processo imporrà, se l’umanità non vuole rischiare di soccombere alle crisi pandemiche, la creazione di un ampio sistema di monitoraggio dei rischi collegati, con molta più cooperazione internazionale e un ripensamento, in senso rafforzativo, di istituzioni sovranazionali come l’Oms.
A questo andrà collegato un quadro di investimenti molto diverso da quanto visto negli ultimi vent’anni, quando si è smantellato parte delle conoscenze sulle malattie tipo Covid, derivanti dall’esperienza su Sars-1, H1n1 e Mers, all’insegna del “tanto a noi non ci toccano”.

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