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Coronavirus fra documenti segreti ed omissioni. Così Nordio bacchetta il governo

La Costituzione non è un optional. Un documento svelato da Repubblica avvisava già il 12 febbraio il governo Conte bis dei numeri della pandemia. Prevedeva tra i 60mila e i 120mila contagi, almeno 35mila morti, 10mila letti mancanti nelle terapie intensive. È finito in un cassetto. Per Carlo Nordio, magistrato, già procuratore aggiunto di Venezia, un brutto banco di prova per la politica. Che troppo spesso mette la testa sotto la sabbia e non si prende le sue responsabilità, dal virus al referendum per il taglio dei parlamentari.

Carlo Nordio, quel documento doveva finire in un cassetto?

A mio parere no. Di certo non per sei mesi.

Però di modelli previsionali ne circolavano parecchi. Non c’era il rischio di diffondere il panico?

Allora, distinguiamo i piani. Una cosa è non aver diffuso il documento il 12 febbraio per cautela. Scelta discutibile, ma legittima. Un’altra è averlo tenuto segreto per tutti questi mesi con una motivazione che non regge più.

Il governo ha sottovalutato l’allarme?

Del senno di poi sono piene le fosse. Altri governi, dalla Germania al Regno Unito, hanno sottovalutato il problema all’inizio. Però i segnali c’erano. Ricordo la prima intervista tv di Ilaria Capua, quando preannunciò un isolamento totale a causa del virus. Se una virologa aveva previsto che la situazione si sarebbe aggravata, tanto più poteva il governo. Che, con tutte le attenuanti del caso, avrebbe dovuto prestare più attenzione agli allarmi.

Quali?

Quelli dei governatori, ad esempio. Quando Zaia disse che era necessario fare screening e controlli per chi veniva dalla Cina, fu accusato di razzismo, sovranismo e altre cose turpi. Io stesso, commentando l’indagine per “sequestro” di migranti su Matteo Salvini, dissi già a fine gennaio che si stava profilando una limitazione della libertà di circolazione ben più importante di quella adottata verso i migranti.

La procura di Roma ha aperto d’ufficio un’indagine su Conte ed altri sei ministri per la gestione della pandemia. Un documento del genere può fare la differenza?

Premetto che sono contrario all’introduzione del diritto penale in politica. Come ritengo una bufala il processo a Salvini per aver esercitato i suoi diritti e doveri da ministro, così ritengo che eventuali responsabilità di una mala gestio della pandemia siano solo politiche. Sul piano legale, è difficile se non impossibile verificare il nesso di causalità di una negligenza e imperizia alla base del reato colposo.

Ora veniamo all’aspetto politico.

Ecco, con la stessa serenità con cui dico che non c’è reato, dico anche che questa riservatezza non è una bella carta di presentazione. Sarebbe stato logico e politicamente corretto che tutti questi allarmi e suggerimenti dei tecnici venissero discussi in Parlamento. Limitazione di libertà, provvedimenti di dubbia costituzionalità come i Dpcm, che non possono essere soggetti al giudizio della Corte costituzionale, e sono sottoposti al giudice amministrativo. Tutte queste anomalie la dicono lunga sulla capacità politica di affrontare i problemi.

Sui limiti dello Stato d’emergenza si è espresso anche il mondo industriale. Una dura lettera del presidente di Confindustria Carlo Bonomi chiede di ripensare provvedimenti come il blocco dei licenziamenti.

Giusto o meno che sia, un provvedimento che incide su diritti costituzionali come la libertà di movimento o di fare impresa o ancora un blocco dei licenziamenti che può portare le imprese al fallimento, devono passare dal Parlamento. E la politica deve metterci la faccia. Starà all’elettorato valutare se il diritto alla salute giustifichi la chiusura delle imprese.

Nordio, si avvicina il referendum sul taglio dei parlamentari. Lei cosa vota?

Voterò no, per due ragioni. Una è tecnica: la riduzione immediata del numero dei parlamentari renderà difficile il lavoro delle Commissioni e ridurrà la rappresentatività dell’elettorato, soprattutto delle minoranze. La seconda: è un’iniziativa presa emotivamente, sulla base di un antiparlamentarismo grillino che ha radici in tanti pessimi comportamenti della politica, dalla dilapidazione delle risorse pubbliche al finanziamento illegale ai partiti.

Zingaretti e il Pd sono fiduciosi che la legge elettorale possa compensare.

Vero in teoria. In pratica queste due riforme andavano non solo promulgate, ma concepite e presentate insieme. Aggiungo una mia perplessità: qualora dovesse passare il sì, il Parlamento attuale sarebbe politicamente delegittimato.

Cosa intende?

Un ragionamento logico. Di fatto avremmo una nuova Costituzione, che prevede 400 deputati e 200 senatori. Certo, come sempre anche questa legge costituzionale prevede un lasso di tempo prima che il sistema si adegui. Ma il dubbio rimane: se le elezioni sono fra 2 anni, questo Parlamento avrà davvero ancora una legittimazione politica?



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