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Droga, armi e ’ndrangheta. Ecco l’Hezbollah-connection in Italia

Keith Krach, sottosegretario di Stato americano per la crescita economica, l’energia e l’ambiente, è a metà del suo viaggio di due settimane in Europa. A Washington e Roma, invece, fervono gli ultimi preparativi per l’arrivo martedì nella Capitale del segretario di Stato Mike Pompeo. E a giudicare dal recente tweet con cui il Consiglio per la sicurezza nazionale (forum della Casa Bianca) ha risollevato il tema delle attività di Hezbollah in Europa sembrano evidenti due elementi. Il primo: dipartimento di Stato e Casa Bianca sono allineati nell’individuare nell’Iran e nei suoi proxy la principale minaccia per la stabilità del Medio Oriente, in particolare dopo la firma degli Accordi di Abramo con protagonisti Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein (e “luce verde” saudita). La seconda: come anticipato da Formiche.net, il dossier iraniano sarà centrale nei colloqui di Pompeo a Roma, dove vedrà il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

La richiesta di Washington è nota: mettere fine alla distinzione tra il braccio politico e quello militare del gruppo libanese filoiraniano e designare l’intera organizzazione come terroristica. Ad aprile fu la Germania (che già per prima in Europa aveva chiesto i suoi cieli a Mahan Air, la compagnia aerea iraniana dei Pasdaran sanzionata dagli Usa per terrorismo) a mettere al bando tutte le attività di Hezbollah. Fu anche grazie a quella mossa, che mise fine a certe ambiguità, che Berlino rafforzò la sua posizione nei confronti di Washington come negoziatore credibile con Teheran.

LE RIVELAZIONI USA

La scorsa settimana, nel corso di un briefing a cui Formiche.net ha preso parte, l’ambasciatore Nathan Sales, capo dell’antiterrorismo al dipartimento di Stato americano, aveva rivelato che dal 2012 “Hezbollah ha spostato attraverso il Belgio grandi scorte di nitrato di ammonio, utilizzato per fabbricare bombe, in Francia, Grecia, Italia, Spagna e Svizzera”. Perché? “La risposta è semplice. Hezbollah può condurre importanti attacchi terroristici ogni volta che i suoi padroni a Teheran lo ritengono necessario”, aveva risposto l’ambasciatore.

Inoltre, “importanti depositi di nitrato di ammonio sono stati scoperti o distrutti in Francia, Grecia e Italia”, ha dichiarato sottolineando che gli Stati Uniti hanno “motivo di credere che questa attività sia ancora in corso”. Al 2018, si pensava che depositi di nitrato di ammonio fossero ancora presenti in tutta Europa, “forse in Grecia, Italia e Spagna”.

I TRAFFICI DI HEZBOLLAH IN EUROPA…

Un portavoce del dipartimento di Stato ha spiegato a Formiche.net che “il coinvolgimento di Hezbollah nel complotto terroristico e in altre attività in Europa negli ultimi anni è ben documentato, compreso il suo utilizzo del nitrato di ammonio per preparare ordigni esplosivi”. Ecco alcuni esempi citati dalla diplomazia americana interpellata da Formiche.net: “All’inizio di questa settimana, un tribunale bulgaro ha condannato in contumacia due operativi di Hezbollah per il loro ruolo nell’attentato di Burgas del 2012 in cui morirono sei persone e dozzine rimasero ferite. Membri di Hezbollah sono stati anche condannati nei tribunali ciprioti nel 2012 e nel 2015 per due complotti separati, uno dei quali riguardava lo stoccaggio di oltre otto tonnellate di nitrato di ammonio. Sempre nel 2015, le autorità del Regno Unito hanno arrestato un agente di Hezbollah che aveva accumulato in un garage di Londra 12.500 kit di primo soccorso, che contenevano oltre tre tonnellate di nitrato di ammonio”. Infine il portavoce ricorda che durante l’evento dell’American Jewish Committee in cui l’ambasciatore Sales ha fatto l’annuncio, Hans-Georg Engelke, segretario di Stato tedesco al ministero dell’Interno, “ha confermato che Hezbollah aveva stoccato nitrato di ammonio nella Germania meridionale e che la quantità ‘preoccupava seriamente’ le autorità tedesche”.

Francia e Spagna hanno risposto alle rivelazioni dell’ambasciatore Sales sostenendo di non avere prove a sostegno ma non hanno negato che l’organizzazione libanese abbia trasportato e stoccato nitrato di ammonio su suolo europeo in passato. Ancora nessuna risposta ufficiale è arrivata, invece, dall’Italia.

… E IN ITALIA

Quando si parla di esplosivi di Hezbollah in Italia le mente corre indietro di 10 anni fa: nel 2010 in un container di una nave attraccata nel porto di Gioia Tauro furono scoperte sette tonnellate di T4 destinato a Hezbollah. A base di quell’esplosivo sono stati confezionati anche gli ordigni utilizzati nelle stragi di mafia del 1992 e del 1993, da quelle in cui furono uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e per gli attentati di Milano, Roma e Firenze, ma anche per il disastro di Ustica e per le stragi alla stazione di Bologna e quella del Rapido 904.

In quell’occasione di 10 anni fa si ipotizzò quel legame tra i terroristi libanesi e la ’ndrangheta tornato d’attualità l’anno scorso dopo una maxiretata a Reggio Calabria (operazione Edera) con cui i Ros avevano smantellato un traffico internazionale di droga. Nel 2015, invece, ci fu l’indagine Araba Fenice, coordinata dal pm Antonio Rinaudo a cui collaborarono anche l’Fbi e l’Europol: riciclaggio di denaro per Hezbollah (una movimentazione di capitali pari a 70milioni di euro, in entrata e in uscita) in Piemonte, Liguria e Toscana.

NEGLI ULTIMI MESI

Tra gennaio e febbraio ci fu il caso della nave battente bandiera libanese Bana, dissequestrata un mese fa dopo essere stata ferma da febbraio nel porto di Genova alla luce la denuncia di un marittimo circa l’imbarco di carri armati, mitragliatori e altre armi da guerra nel porto turco di Mersin destinate agli uomini di Fayez Al Serraj in Libia. In merito a quella nave e a quel carico OpenFacto.fr ha rivelato un possibile collegamento tra il proprietario della nave e un cittadino libanese, Ali Abou Merhi, che per due anni, tra il 2015 e il 2017, è finito sotto sanzioni Usa per supporto logistico ai narcotrafficanti legati a Hezbollah.

A luglio, infine, 84 milioni di pasticche con il logo Captagon erano state sequestrate dalla Guardia di Finanza di Salerno: la cosiddetta “droga della jihad” inizialmente sembrava prodotta dallo Stato islamico. Ma, come rivelato da Formiche.net, “il gruppo non ha capacità tecniche (luoghi di produzione e logistica) per certe quantità, e soprattutto nel mercato della droga mediorientale ci sono realtà come Hezbollah che è più strutturata da almeno un decennio a questi affari”. E anche in questo caso si era ipotizzato un ruolo della ‘ndragheta che, come scriveva il manifesto, l’organizzazione criminale italiana che più si è spesa nel settore, perfino in territorio campano, perché alla camorra basta per il momento controllare il mercato della cocaina”.

CHE FARE ORA?

Gli Stati Uniti sono cambiati, si sono lasciati alle spalle gli imbarazzi dell’Hezbollah Gate che colpì l’ex presidente Barack Obama quando chiese di chiudere un occhio sui traffici di Hezbollah pur di non irritare Teheran a poche settimane dalla firma del Jcpoa. Da quell’accordo nucleare Donald Trump si è ritirato, la pressione su Hezbollah e sull’Iran si è alzata. Il paradigma è stato ribaltato, basti vedere il caso tedesco: la stretta sui proxy di Teheran (cioè il contenimento dell’espansionismo iraniano) può aprire la strada alle trattative per un nuovo accordo. L’Italia sceglierà di seguire l’esempio della Germania?

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