Non ho idea di cosa ci sia scritto nella nuova enciclica di Papa Francesco, Fratelli tutti. Eppure a mio avviso già il titolo e la scelta, annunciata ieri, di firmarla ad Assisi, la città di San Francesco, dicono molto, o moltissimo. La prima percezione che ho avuto, leggendo, è che finalmente si passi dall’epoca dell’interpretazione del Concilio Vaticano a quella della sua attuazione.
I papi che hanno preceduto Francesco sono stati, a mio modo vedere, papi del ‘900 proprio in questo senso; loro hanno vissuto da protagonisti il Concilio e quindi i loro pontificati, diversi, sono stati all’interno della discussione, del confronto, sull’interpretazione del Concilio. E cosa ha fatto di tanto importante, di così rivoluzionario, questo Concilio Vaticano II, da dover così lungamente essere interpretato?
Dico la mia. Ha scelto la libertà di coscienza. In questo senso il cuore del Concilio, quello che tanta parte della Chiesa cattolica apostolica romana ancora non accetta, è proprio questo, la Dichiarazione conciliare Nostra Aetate. E cosa dirà mai di così rivoluzionario questa Dichiarazione? Ovviamente le Dichiarazioni Conciliari sono scritte in modo che ci si possano trovare frasi che aprono e poi trattengono, ma la Dichiarazione Nostra Aetate è chiarissima, inequivocabile. Voglio citare, per brevità, solo due frasi.
La seconda dell’intero testo, che segue un breve e generico proemio: “ I vari popoli costituiscono infatti una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra (1) hanno anche un solo fine ultimo, Dio, la cui Provvidenza, le cui testimonianze di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti (2) finché gli eletti saranno riuniti nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce (3).
Gli uomini attendono dalle varie religioni la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana, che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell’uomo: la natura dell’uomo, il senso e il fine della nostra vita, il bene e il peccato, l’origine e lo scopo del dolore, la via per raggiungere la vera felicità, la morte, il giudizio e la sanzione dopo la morte, infine l’ultimo e ineffabile mistero che circonda la nostra esistenza, donde noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo.”
E l’altra citazione, quella che chiude il capitolo intitolato “le diversi religioni”: “La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini.”
Gli scismi sono cose serie, ma è questo testo quello che provocò lo scisma di monsignor Lefebvre: lui non credeva nella libertà di coscienza, e se ne andò, ordinando quattro vescovi che vengono definiti “tradizionalisti”. E a quale tradizione si richiamerebbero? A quella preconciliare, che vede nella libertà di coscienza una deriva relativista. La loro idea, cioè dei tradizionalisti che ancora oggi rifiutano la libertà di coscienza, è spiegata benissimo da un gesuita che ha il dono della chiarezza e dell’accuratezza, Paolo Dall’Oglio: per loro, come per tutti i fondamentalisti, “ fuori dalla vera fede esistono false credenze e quindi una falsa umanità.”
Dunque questa falsa umanità rifiuta la verità di Dio, le volta le spalle. Il testo della Dichiarazione Nostra Aetate dice esattamente il contrario: “ La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini.”
Dio torna padre di tutti, anche dei non credenti, deduco, o degli a-confessionali.
Indubbiamente in questa visione c’è una accettazione profonda dei concetti di paternità e figliolanza: siamo uguali perché tutti figli di Dio, come tutti i fratelli siamo diversi, ma il padre è uno solo, ed è lo stesso padre. Ecco allora che possiamo capire in modo diverso il mito di Babele. Il progetto di Dio non sarebbe quello di farci costruire un’autostrada, sulla quale tutti incolonnati come soldatini seguiamo la Sua volontà, ma quello di “giocare con le differenze”.
Lo ha scritto con parole stupende nel suo testamento un martire del Concilio, Christian de Chergé, ucciso in Algeria: “La mia morte, evidentemente, sembrerà dare ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo, o da idealista: “Dica, adesso, quello che ne pensa!”. Ma queste persone debbono sapere che sarà finalmente liberata la mia curiosità più lancinante. Ecco, potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i Suoi figli dell’Islam così come li vede Lui, tutti illuminati dalla gloria del Cristo, frutto della Sua Passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione, giocando con le differenze.”
Ed è a queste differenze che fa riferimento, con parole che spiegano o compiono quanto affermato dalla Dichiarazione Nostra Aetate, il Documento sulla Fratellanza Umana firmato da Papa Francesco il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi con l’Imam dell’Università Islamica del Cairo, al-Tayyeb: “ La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano.” Ed è una pietra miliare per il cammino della Chiesa conciliare e dell’Islam, ovviamene, ma che si rivolge a tutti gli uomini moderni, tanto che venne firmato davanti a leader religiosi di tutte le fedi.
Dunque il 3 ottobre ad Assisi Francesco firmerà un’enciclica che sfiderà tutti i fondamentalismi, tutti gli integralismi, tutti i suprematismi. Perché ogni fondamentalismo è suprematista e integralista. I fondamentalisti islamici parlano di “Muslim first”, come gli induisti, i buddhisti e tanti altri, in tutto il mondo. E i fondamentalisti laici, o per meglio dire i fondamentalisti “figli dei lumi”, non fanno lo stesso? Hanno dimenticato che la Dichiarazione del 1789 con cui proclamarono i Diritti universali è firmata sotto gli auspici dell’Essere Supremo? Mi sembra evidente che lo hanno dimenticato, tanto che la loro legge, in Francia, che proibisce di indossare simboli religiosi mi sembra l’atto più penoso di un fondamentalismo che rende indigeribile la stessa idea di “figli dei lumi”. Questo testo dunque parlerà certamente ai cattolici, ma non solo a loro.