Dopo che la nave turca Oruc Reis è rientrata dalle acque contese greche al porto di Antalaya, domani a Bruxelles inizieranno i colloqui tra Grecia e Turchia. Scenario dell’incontro che in gergo viene definito “tecnico” – ossia non coinvolgerà figure primarie dei governi, ma funzionari – è il quartier generale della Nato, perché l’alleanza s’è posta come mediatore su una crisi tra due paesi membri che rischia di spaccare l’intero sistema multilaterale.
Questi incontri erano stati annunciati una decina di giorni come imminenti, ma poi all’ultimo minuto Atene li aveva fatti saltare: non si dialoga sotto minacce, diceva il governo greco accusando Ankara. La Turchia ha ingaggiato nel Mediterraneo orientale un confronto serrato con Grecia e Cipro, che si base su vecchie contese rinvigorite dalle nuove dinamiche geopolitiche innescate dalle recenti scoperte energetiche. Parte della questione è anche l’Egitto, da cui la Turchia è divisa dalla faglia intrasunnismo (non a caso con Egitto, Grecia e Cipro si sono schierati gli Emirati Arabi), e la Francia – competitor a cavallo del Mediterraneo per l’influenza nel bacino con un occhio molto interessato alla fascia nordafricana.
Il rientro della Oruc Reis è legato a rifornimenti e manutenzione, e “non significa un cambio delle politiche” di Ankara nell’area, ha dichiarato il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu; il ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, ha rilanciato ricordando che la Turchia è determinata a continuare le esplorazioni di idrocarburi. Sottolineature che intendono a rimarcare una posizione di forza: dall’altra parte infatti il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis, accoglieva il rientro della nave turca come un “primo passo positivo”, auspicando che “ci sia continuità” nell’allentamento delle tensioni. Ossia provava evidenziare un successo nel copro a corpo diplomatico – che per poca non è sfociato in un incidente militare.
Il dialogo tecnico arriva in un momento particolare: recentemente, in Corsica, si è svolto il vertice del Med-7, una raggruppamento informale di paesi europei che coinvolge quelli mediterranei dell’Est, la Spagna, il Portogallo, la Francia e l’Italia. Al meeting il francese Emmanuel Macron ha provato a costruire un fronte anti-turco da cui spingere un piano sanzionatorio europeo (di possibili sanzioni Bruxelles discuterà il 24 settembre), ma non ha raccolto il successo voluto. Spagna e Portogallo, e soprattutto l’Italia, hanno una posizione più dialogante e meno aggressiva contro Ankara. Lo stesso la Germania.
Lunedì, la situazione nel Mediterraneo sarà tra i punti in cima all’agenda del Consiglio Affari esteri e che al Consiglio europeo a livello di leader. Intanto, come la Nato, anche gli Stati Uniti stanno cercando di veicolare un ruolo di equilibrio. Washington mantiene i contatti con Grecia e Cipro (dove nei giorni scorsi c’era il segretario di Stato), ma sa che non può perdere l’alleanza con la Turchia, fondamentale nel tenere il fronte contro le penetrazioni di Russia e Cina. Ankara ha chiesto agli Usa di “tornare neutrali”, dopo che un accordo per il sollevamento parziale dell’embargo militare a Cipro è stato letto come un messaggio contro la Turchia.
“Una soluzione pacifica ai problemi nel Mediterraneo orientale è possibile”, ha scritto su Twitter il portavoce del presidente turco Recep Tayyip Erdogan: “La Grecia e i Paesi Ue non dovrebbero sprecare l’opportunità offerta dalla diplomazia e fare i passi conseguenti […] Approcci inclusivi e razionali basati sull’equità contribuiranno costruttivamente” a una risoluzione, “la Turchia non ha piani sulle terre di nessuno, ma è determinata a non permettere a nessuno di essere iniquo”, ha dichiarato la voce di Erdogan.
“La Turchia cerca di destabilizzare l’intero Mediterraneo orientale”, ha invece dichiarato il premier Mitsotakis. “La principale divergenza (tra Grecia e Turchia), ovvero la demarcazione dei confini marittimi, deve essere risolta davanti alla Corte internazionale di giustizia. Il dialogo con la Turchia potrà iniziare solo dopo la cessazione delle provocazioni”, ha aggiunto parlando da Salonicco. Per Atene, le provocazioni di Ankara si aggiungono in un contesto reso complicato dalla pandemia e dalla questione migratoria, rappresentando una fattore di instabilità e una “minaccia ai confini orientali dell’Europa”. La Grecia, sostiene Mitsotakis, può comunque essere tranquilla in quanto grazie alla diplomazia gode del sostegno di alleati certi.