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La Cina non molla su Hong Kong. Il nuovo arresto di Fast Beat

L’attivista di Hong Kong Tam Tak-chi, vicepresidente del partito democratico People Power, ex conduttore radiofonico soprannominato “Fast beat”, è stato arrestato. L’accusa è aver “pronunciato discorsi sediziosi” poche ore prima di una manifestazione di protesta contro la contestata legge sulla sicurezza voluta dalla Cina — una stretta sulle norme interne che soffoca la libertà di espressione ed è un’ulteriore forma di cinesizzazione del Paese. Sono stati gli agenti della neonata squadra per la sicurezza nazionale ad aver prelevato Fast beat dalla sua abitazione nella zona nord-orientale dell’ex colonia britannica. Però, spiegano le autorità, l’arresto è stato eseguito non sulla base della nuova legge sulla sicurezza (quella a cui si collega la manifestazione, come detto), ma secondo l’articolo 10 del codice penale della legislazione Porto Profumato, che punisce le dichiarazioni anti-governative.

Da mesi e mesi si susseguono manifestazioni di protesta contro Pechino e la stretta ulteriore che il Partito/Stato sta imponendo. Hong Kong è una delle faglie interne alla Repubblica popolare, una delle Cine su cui il Partito Comunista cinese non può permettersi passi falsi.

In ballo c’è la volontà simbolica di affermare il proprio potere, immagine a riflesso globale, è una necessità tecnico-strategica. La fascia geografica hongkonghese, inserita nel macro progetto Greater Bay Area, è un elemento di valore geopolitico (e dunque anche economico, commerciale, culturale). La zona sarà il polo e il nodo per collegamenti e produzioni del comparto tecnologico di Shenzen — spinta del progetto “Made in China 2025” con cui il segretario del Partito, il capo dello stato Xi Jinping, intende raggiungere l’indipendenza nel settore — ma sarà anche un centro finanziario enorme per competere con le più grandi borse internazionali. Motivi in più per cui Pechino è pronta a soffocare quelle che erano nate come manifestazioni apparentemente indolori, poi trasformate nell’occasione per far venire a galla le ambizioni democratiche degli hongkonghesi, attirando i riflettori internazionali.

Ora il tempo inizia a stringere: una situazione su cui serve stressare il dossier per arrivare a una soluzione positiva (leggasi: il controllo totale), anche a costo di provocare l’indignazione di parte di una Comunità internazionale che davanti alle offerte economiche cinesi potrebbe in futuro essere pronta a condoni — sebbene qualcosa sulla postura nei confronti della Cina sta cambiando.

 

 



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