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Al porto di Haifa è già in moto l’accordo Israele-Uae (contro Cina e Iran)

L’accordo per la normalizzazione dei rapporti tra Israele ed Emirati Arabi, mediato dalla Casa Bianca (dove ieri è stato formalmente siglato), ha già un effetto diretto di carattere economico-commerciale quanto forse geopolitico. Secondo quanto riporta Haaretz (quotidiano progressista israeliano non amico del governo Netanyahu), la Israel Shipyards e l’emiratina DP World stanno discutendo l’acquisto congiunto di tutte le banchine rimase in mano al governo di Tel Aviv nel porto di Haifa.

Lo scalo è uno dei già importanti del Mediterraneo, così come la DP World – di proprietà statale – è una delle principali società al mondo nella gestione di supply-chain e strutture logistiche. Ha sede a Dubai, e controlla scali in Egitto, Algeria e Turchia (quest’ultima postazione conferma che nel business le faccende di carattere politico/geopolitico sono questione laterale: Turchia ed Emirati Arabi sono divisi dalla faglia intra-sunnismo, che ha avuto sfoghi militareschi in Libia, ma ciò non implica l’esistenza di relazioni di altro genere).

A gennaio, il governo israeliano aveva deciso che il porto di Haifa sarebbe stato oggetto di una privatizzazione – che dovrebbe concretizzarsi a fine ottobre. Sulla zona ha gettato da tempo gli occhi la Cina. Pechino ha già costruito nel Mediterraneo diversi punti di approdo/appoggio – come il Pireo, e la Shanghai International Port Group gestirà una parte dello scalo israeliano. Ora l’ingresso di DP World, che arriva a poche settimane dall’inizio della normalizzazione Israele-emiratina, potrebbe complicare i piani di allargamento cinesi.

L’interessamento degli Emirati è per altro in perfetta linea con la strategia della “collana di perle”, come viene definito il progetto strategico con cui Abu Dhabi intende uscire dal Golfo e risalire dal Mar Rosso al Mediterraneo. Il progetto era stato anche pensato per integrarsi in modo autonomo con le vie della seta marittime, ma lo sforzo di normalizzazione dell’amministrazione Trump – che ha da sempre dichiarato la sua linea anti-Pechino – potrebbe deviare tatticamente l’impegno con una indiretta vittoria talassocratica statunitense.

“Si tratta di uno sviluppo di forte impatto, che influisce tanto sugli equilibri nel Levante, quanto sui rapporti con Cina e Iran”, spiega a Formiche.net Francesco Galietti, analista, fondatore e Ceo di Policy Sonar, una società che offre consulenza strategica a società e governi: “È infatti una risposta alla Via della Seta terrestre cinese – continua – che chiama in causa l’Iran. Il coinvolgimento di Teheran serve ad aggirare i tradizionali colli di bottiglia del Corno d’Africa e Suez attraverso la mezzaluna sciita che si tuffa nel Mediterraneo”.

(Foto: Wikipedia, un terminal del porto di Haifa)



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