Per fortuna c’è il Colle.
Nella politica estera italiana la Germania è spesso relegata all’ordinaria amministrazione. Specie in una fase d’introversione come quella che stiamo attraversando, ce ne ricordiamo solo per invocarne la solidarietà col Recovery Fund – l’abbiamo ottenuta – o per criticarne il rigorismo fiscale o morale.
L’incontro di Milano fra i due presidenti della Repubblica la rimette al posto che le spetta: al centro dei rapporti internazionali dell’Italia. Non è un caso: Mattarella non fa che seguire una strada aperta da Ciampi e Napolitano nel coltivare un rapporto diretto e preferenziale con Berlino.
La Germania è indiscutibilmente il principale Paese dell’Ue, il nostro maggior partner economico-commerciale e un’ancora di stabilità nell’irrequieto panorama europeo e occidentale. Il cordone ombelicale che, fortunatamente per l’Ue, unisce Berlino e Parigi, non è preclusivo di un forte rapporto bilaterale italo-tedesco. A condizione di volerlo e di lavorarci.
L’Italia è il terzo Paese dell’Ue, quindi un interlocutore funzionale e necessario dal punto di vista tedesco. Ma per renderlo pienamente operante Berlino vuole discutere con noi di nodi politici e strategici essenziali, come la Russia di Putin e la Cina di Xi, il Mediterraneo o l’Iran, e affrontare anche questioni difficili come i cambiamenti climatici o le migrazioni – noi siamo in prima linea, ma ricordiamoci che la Germania è il Paese che ha accolto il numero più elevato di rifugiati e migranti.
Sul Covid abbiamo esperienze importanti da scambiarci e di cui far tesoro, dal successo tedesco nel contenere la pandemia a quello italiani nell’uscire dal tunnel e limitare l’impennata estiva.
Ma sull’orizzonte italo-tedesco non c’è solo il Recovery Fund. Per l’Italia il rapporto bilaterale con la Germania è un punto cardinale di politica estera. C’è da augurarsi che Steinmaier e Mattarella ne abbiano parlato.