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Proteste in Cirenaica. Il “governo” lascia e Haftar prova a guadagnare consenso

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Il portavoce della Camera dei rappresentanti di Tobruk, ha annunciato questa mattina che il primo ministro Abdallah al-Thani ha rassegnato le dimissioni della sua amministrazione, riconsegnando l’incarico al presidente del Parlamento Aguila Saleh. Al Thani guidava un’entità locale non riconosciuta a livello internazionale creata per governare la Cirenaica, la regione orientale della Libia che di fatto è tenuta sotto la morsa militare dal signore della guerra Khalifa Haftar. Il governo dell’Est e il parlamento (organo questo che invece gode di riconoscimento da parte dell’Onu, in quanto ultima assise eletta) hanno dato rispettivamente sostegno organizzativo e politico alle ambizioni di Haftar — che nonostante la recente sconfitta ancora pensa alla possibilità di conquistare Tripoli, rovesciare il governo onusiano Gna internazionalmente riconosciuto, e intestarsi il paese come nuovo rais.

Le dimissioni dell’amministrazione dell’Est sono legate a una serie di proteste esplose nei giorni scorsi e culminate con l’uccisione di un manifestante. I cittadini della Cirenaica sono esausti: la corruzione, il peggioramento delle condizioni di vita e i tagli all’elettricità sono tra i fattori chiave dell’indignazione popolare. Una circostanza che li accomuna con i fratelli libici della Tripolitania. Anche nelle scorse settimane c’erano state manifestazioni anti-governative da parte di cittadini che chiedevano un futuro — che viste le circostanze sembra un miraggio. La crisi tra Est e Ovest è profonda, il tentativo di stabilizzazione è flebile; le armi continuano ad arrivare su entrambi i fronti, spinte da attori esterni spregiudicati che usano il territorio libico per uno scontro per procura; il petrolio è bloccato, i proventi non entrano in Libia e i cittadini non possono fruire della prosperità relativa (tutto per volontà di Haftar, che ha voluto chiudere i pozzi per cercare di strangolare Tripoli, ma si è trovato costretto a uno sblocco parziale perché degli effetti ne risentiva anche la Cirenaica). Il montante di motivi scatenati per le proteste libiche è profondo dunque: aggravato anche dal dilagare della crisi sanitaria prodotta dall’epidemia di coronavirus SarsCoV-2 e alle critiche contro le autorità per la gestione della situazione.

Haftar cerca di porsi su una linea terza. Il suo portavoce ha ribadito il diritto della popolazione a protestare e ha aggiunto che la milizia haftariana Lna è pronta a soddisfare le richieste dei cittadini. Una posizione in parte critica, dovuta anche al fatto che con Saleh l’allineamento si è rotto da tempo: il presidente del parlamento ha infatti cercato in qualche modo di sostituirsi ad Haftar come interlocutore regionale. Saleh ha lanciato un piano di dialogo, accolto da diverse cancellerie internazionali che ormai hanno abbandonato Haftar (almeno per i contatti formali, eccezion fatta per Abu Dhabi).

Contemporaneamente, cavalcare le richieste della gente permette a Haftar di creare una narrativa interna con cui cercare di consolidare il consenso. Aspetto delicatissimo: il capo miliziano infatti da mesi viene percepito negativamente dai cittadini dell’Est, che gli rinfacciano la fallimentare campagna di Tripoli. Lanciata il 4 aprile 2019, doveva durare solo pochi giorni, ma dopo tredici mesi è stata messa in tilt dalle forze del Gna (appoggiate dalla Turchia). Mentre nel frattempo i cadaveri dei ragazzi mandato al fronte con la promessa di una passeggiata rientravano a Bengasi.

Nella difesa proattiva di Haftar c‘è spazio anche per le ipotesi, avanzate sempre dal suo portavoce, secondo cui in mezzo alle proteste potrebbero esserci fomentatori appartenenti alla Fratellanza musulmana. L’organizzazione panaraba è stata dichiarata come nemico numero uno non solo da Haftar, ma soprattutto dai suoi grandi sponsor, come Egitto ed Emirati Arabi (e Arabia Saudita). Al contrario, in Tripolitania diversi gruppi e politici (e milizie) sono collegati a Fratelli, così come ne sono ispirati Turchia e Qatar — i protettori del Gna.

È tipico dei regimi accusare forze esterne quando i propri cittadini si i dimostrano stanchi delle vessazioni imposte. Nella realtà, le proteste dei cittadini e il crollo dell’amministrazione regionale, sono un altro elemento che inquadra come non potabile la soluzione di Haftar come potenziale, ipotetica guida del paese. Il signore della guerra si dimostra incapace di controllare anche soltanto le complessità che rappresentano la sua parte di paese.

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