Un Mig-29, un caccia di epoca sovietica, è precipitato in Libia. C’è ancora molto mistero su quanto successo, ma ci sono considerazioni da fare sfruttando il contesto e un video che sarebbe stato girato dallo smartphone del pilota stesso e poi condiviso via YouTube (il video, va da sé, deve ancora essere verificato definitivamente).
La vicenda è avvenuta oggi pomeriggio, e stando a quanto dice il pilota sarebbe avvenuta a “45 chilometri dall’aeroporto”. Non è chiaro di che aeroporto si parli, ma è possibile ipotizzare che si tratti della base di Al Jufra, al confine interno tra Cirenaica e Tripolitania. Lì, secondo informazioni ufficialmente confermate dal comando Africa del Pentagono, si trovano alcuni Mig-29 che la Russia ha spostato – con insegne coperte – dalla Siria. Un modo per marcare il territorio, in un’area controllata dai ribelli libici che si oppongono al governo onusiano Gna.
#Libya– video of a #Russia|n speaking pilot who ejected (very unconfirmed reports claim from a MiG-29) near an (unspecified) airbase and links up with an #LNA Mi-35 pic.twitter.com/pdIAe2kyAh
— Oded Berkowitz (@Oded121351) September 8, 2020
Secondo quanto dice il pilota, parlando in russo, l’aereo sarebbe stato abbattuto. Lui ha perso il controllo del velivolo, ma è riuscito a eiettarsi in tempo: salvo, sebbene ferito. Nel video si vede anche un elicottero Mi-35, sempre di fabbricazione russa, arrivare a prelevarlo. La situazione libica è altamente critica. Se da un lato è ripartito il processo di contatto negoziale, anche attraverso incontri facilitati dall’Onu in Marocco tra le due componenti politiche, sul piano militare le forze ribelli hanno ricevuto via via rifornimenti e potrebbero essere pronte a riattivare i combattimenti, mandando al macero il processo di stabilizzazione avviato.
Dietro il caccia precipitato, dunque diversi scenari. Un false flag dei ribelli haftariani per trovare una scusa da cui guastare la tregua e far ripartire gli scontro. Un semplice incidente. Un’azione spregiudicata delle forze del Gna, o ancora una mossa per disarticolare il processo negoziale da parte di qualche milizia della Tripolitania che intende regolare i conti coi ribelli usando le armi.