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Ecco cosa c’è dietro alla visita di Merkel a Navalny

“Che la cancelliera abbia visitato l’esponente dell’opposizione dovrebbe essere un segnale per il governo russo del fatto che Berlino non vuole cedere e intende invece scoprire le vere cause di quanto accaduto”, scrive il Der Spiegel raccontando quella che definisce una visita “segreta” di Angela Merkel ad Alexei Navalny, il leader della lotta all’anticorruzione in Russia, ricoverato all’ospedale Charité di Berlino dopo aver subito un avvelenamento – con un agente nervino della famiglia del composto sovietico Novichok – mentre tornava a Mosca dalla Siberia.

Oggi è stato lo stesso Navalny – che sta meglio, ormai dimesso e in piena fase di recupero da una situazione potenzialmente letale – a scrivere su Twitter che “c’è stato un incontro, ma non dovrebbe essere definito ‘segreto’. Più che altro si è trattato di un incontro privato e di una conversazione con la mia famiglia”. Ma resta il fatto: Merkel in persona si è recata a far visita al più simbolico e mediatico degli oppositori di Vladimir Putin.

Il commento del Der Spiegel centra il punto, perché dalla Germania si muove la volontà di non far cadere il caso, tenerne alta l’attenzione anche come forma per non far perdere l’interesse dei partner europei su una possibile punizione sanzionatoria contro il Cremlino – che fin dal primo momento dichiara zero-coinvolgimento. Non senza complessità. Il caso ruota attorno al punire pesantemente la Russia, ma per farlo Berlino sa che ha una carta in mano potentissima, che allo stesso tempo travia parte dei propri interessi: il Nord Stream 2.

Se il governo tedesco decidesse di mettere sul tavolo la possibilità di bloccare l’ultima fase del gasdotto che, attraverso il Baltico, porterà il gas russo verso l’Europa – con approdo in Germania – allora avrebbe la possibilità certa di far leva forte su Putin. Se è vero che il caso Navalny ha pesantemente inquinato i rapporti tra Mosca e Berlino, è altrettanto vero però che ai tedeschi il gasdotto dà valore strategico.

Tant’è che, ben prima dell’avvelenamento di Navalny, contro l’infrastruttura s’erano scagliati gli Stati Uniti, che vedono in quel collegamento l’elemento fisico per unire l’asse russo-tedesco – forma di accordo strategicamente inconcepibile per Washington. Gli Usa hanno più volte criticato e minacciato l’opera, ed erano arrivati a offrire 1 miliardo per costruire rigasificatori in Germania, col doppio intento di evitare l’abbraccio geopolitico con la Russia e contemporaneamente favorire i propri interessi – ossia la vendita di Gnl americano in concorrenza col gas russo.

Non si sa se l’offerta – quella sì segreta, poi svelata da uno scoop del Die Zeit – sia ancora valida alla luce del caso-Navalny, ma quello che è chiaro è che Berlino si trova davanti un nodo da dipanare non da poco: punire Putin, accontentare Washington o pensare a una forma di equilibrio con cui far diventare il proprio territorio l’hub settentrionale per l’approvvigionamento gasifero dell’Europa. Questioni per cui ancora conviene tenere alta l’attenzione su Navalny.


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