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La rivolta delle minigonne, Socrate e la preside. La riflessione di Buoncristiani

Ma che c’entra il grande filosofo ateniese con le minigonne di oggi? Bisogna tornare al V secolo Ac? Nella agorà di Atene un uomo inerme viene picchiato a sangue da un bruto di sua conoscenza. L’uomo non si oppone alle botte e ai calci. Alla fine del pestaggio, il volto della vittima è tumefatto. Quando l’assalitore se ne va, i suoi fedeli discepoli si offrono di vendicarlo.

L’uomo è Socrate e ha mente di meglio per dare una lezione all’aggressore: si appende al collo un pezzo di legno con scritto “opera di…” e se ne va in lungo e in largo per la città. La pubblica vergogna – la gogna – è vendetta più potente e incisiva di qualunque ritorsione fisica. Settembre 2020. Per ironia della sorte, proprio in un liceo romano che porta il nome del filosofo greco, la dirigente scolastica – forse a sua insaputa e di sicuro facendone le spese – è “inciampata” sulle minigonne. Fa caldo, le alunne sono in gonna nemmeno troppo corta e i banchi monoposto non sono arrivati. Preoccupata che ai professori “cadesse l’occhio” sulle gambe delle ragazze, la dirigente fa sapere che non “è il caso di vestirsi in modo provocante”.

Forse si tratta di una signora che durante le rivolte femministe degli anni Settanta pensava ad altro. Ma di certo, deve essere anche ignara di come funzionano i social: l’agorà di Socrate oggi si chiama così e passa da Instagram e Tik Tok. E così la dirigente ha servito alle ragazze un assist a porta vuota. In un attimo la scuola si è riempita di messaggi firmati da “Ribalta femminista”: “Domani siete tutti e tutte invitati a venire a scuola in gonna”. E così è stato.

Che dire infatti della protesta che negli ultimi giorni d’agosto ha impazzato tra studentesse e femministe d’Oltralpe generando un movimento spontaneo di studentesse che rivendicano di vestirsi liberamente? Dal liceo Borda di Boulogne-sur-Mer, dove ad alcune studentesse era stato vietato di entrare a scuola in tenute che “ecciterebbero la popolazione maschile”, la protesta si è diffusa in tutta la Francia via Tik-Tok. E giù a filmarsi prima con felpe e maglioni invernali e poi con l’abbigliamento scelto, fatto di jeans e top corti, di gonne e scollature. Tutti indumenti tipici dell’estate.

Si deve constatare che l’adesione all’iniziativa funziona perché, al di là di ogni ideologia, ormai tra i giovani francesi è diventata virale. Stiamo parlando di contenuti che hanno avuto migliaia e migliaia di visualizzazioni di Tik-Tok. E profondo il dibattito sul perché i veti riguardino solo le gonne corte delle ragazze e non gli shorts dei ragazzi. “Queste persone sono state allevate e vivono ancora oggi in una società che le induce a pensare che una scollatura troppo profonda danneggerebbe l’ordine pubblico o che le idee femministe metterebbe in pericolo lo Stato”, ha commentato l’attivista per i diritti delle donne Rebecca Amsellem. Però grazie alla costruzione di questi “casi” che si può negoziare.

Mentre questi episodi infiammano le proteste, di fatto ne illuminano la strategia comunicativa. Qui c’è una asimmetria di partenza: gli alunni rispetto ai dirigenti scolastici, le donne rispetto agli uomini, i neri rispetto ai bianchi, i non violenti contro chi la violenza vuole usarla… Ecco che l’acquisizione di potere non può che passare per la pubblica piazza mediatica, il luogo dove si distribuiscono vergogna e riconoscimenti. Oggi si direbbe di empowerment, ma lo aveva già scoperto Gandhi e Socrate prima di lui.

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